Imperialismo costituzionale
di Vittadini Giorgio *Presidente Fondazione per la Sussidiarietà
Nel dibattito sull’approvazione della Costituzione europea di questi giorni, si sottolinea come le posizioni pro e contro l’Europa siano senza reali ragioni. È proprio così?
Nel dibattito sull’approvazione della Costituzione europea di questi giorni, si sottolinea come le posizioni pro e contro l’Europa siano senza reali ragioni. è proprio così? È proprio vero che chi si oppone alla Costituzione europea lo fa per una sorta di oscurantismo che impedisce lo sviluppo delle sorti umane e progressive dell’umanità?
Alcuni esempi smontano questo teorema.
Ieri su alcuni giornali si leggeva che un giocatore lettone è considerato extracomunitario, mentre un giocatore svizzero è considerato comunitario. Infatti, i 10 nuovi membri dell’Unione Europea sono esclusi per ora da tutto: dall’unione doganale, dall’euro, dalla libera circolazione dei lavoratori. Per avere un congruo finanziamento allo sviluppo, questi paesi devono sperare che gli ingenti contributi all’agricoltura franco-tedesca diminuiscano.
Allora, perché sorprendersi se la gente non va a votare e se, andando a votare, punisce pesantemente i governanti di Francia e Germania?
Perché si dovrebbe delegare una grossa fetta delle prerogative nazionali a un’entità in cui l’atmosfera comune non è quella di favorire chiunque, ma di egemonizzarlo? Perché bisognerebbe accettare di buon grado che le decisioni siano prese a maggioranza, quando questa maggioranza ha un direttorio franco-tedesco? Del resto Francia e Germania stanno facendo di tutto all’Onu per ottenere un seggio non all’Europa, ma alla Germania.
E non abbiamo ancora parlato del contenuto della Carta: un documento che non menziona l’uomo, le sue aggregazioni sociali, i suoi diritti, il nesso di tali diritti con lo sviluppo. Al confronto la Costituzione italiana è la Divina Commedia… Una Carta che si concentra sulle alchimie del voto e del doppio voto, potrà avere un’unica sorte: essere oggetto di scambio.
Questa è la Costituzione dell’Europa del declino che ha abbandonato gli ambiziosi obiettivi formulati dal Consiglio europeo di Lisbona nel 2000, dove ci si impegnava a lavorare per “divenire l’economia basata sulla conoscenza più dinamica e competitiva del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro ed una maggiore coesione sociale”.
Come ha detto il cardinale Camillo Ruini, chi rifiuta le radici cristiane, rifiuta il passato e ipoteca negativamente il futuro.
Tempi – Numero: 26 – 24 Giugno 2004