SIAMO TUTTI PRE-MATURI DAL PRE-EMBRIONE IN POI …

L’Adige 20/1/2005


Si è svolto presso l’Unifarm a Ravina un incontro sul tema: l’alba della vita, dalla provetta alla culla. Abbiamo già detto che filosofi, giuristi, teologi, politici,… usano dotte citazioni e sofisticate parole per dirci tutto e il contrario di tutto, elidendosi a vicenda. Paolo Prodi ha scritto: votiamo sì, ma fuori dagli schemi destra-sinistra, fede-ragione, laici-cattolici. E fuori da ogni schema vorrebbe essere il ragionamento che oggi propongo su cinque controversie fondamentali, basandomi su dati essenziali, comprensibili anche da un bambino.

1. “Le prime cellule (il pre-embrione) non hanno nulla di umano”. E’ il messaggio di base dei radicali. E’ fin troppo evidente che una sfera di 0,1 mm non ci ricorda né un bambino che sorride né Einstein; ma nemmeno un bruco ripugnante ci ricorda la leggiadra farfalla che diventerà. Trecento anni fa gli scienziati credevano di vedere un omuncolo sulla testa di uno spermatozoo; noi oggi nella prima cellula non vediamo forme umane in apparenza, ma vediamo la sostanza, il DNA di un nuovo uomo. Dalla provetta alla culla, dal concepimento alla nascita è tutto un susseguirsi di eventi senza discontinuità che interessano un unico protagonista, un unico organismo con una carta di identità sempre uguale (il suo DNA). Il primo stadio di un individuo non può essere un nulla, il pre-embrione diventerà un pre-neonato e poi un pre-adulto, un pre-vecchio… Siamo tutti pre-maturi! Dicevo una volta che “Prematuri” stava scritto fuori dal mio reparto (così come si diceva che anche “Manicomio” era scritto all’esterno…).


2. “Le prime cellule non sono ancora di un individuo definito”. Questo è un messaggio forte dei genetisti “di sinistra”. E’ vero che il cosiddetto pre-embrione può dare origine a due o più organismi con DNA identico (gemelli). Il gemello Caio inizierà la sua vita non dal concepimento, ma gemmato, clonato dalla prima cellula di Tizio. Anch’io in teoria (e tra poco in pratica) posso clonare una mia cellula e dare origine ad un individuo con DNA uguale al mio. Ma io sono e resto un individuo prima e dopo la clonazione.


3. “L’embrione non è una persona”. Questa è una frase-ritornello che si continua a ripetere, in particolare dai radicali e da certi filosofi; ma nessuno sa dire quando esattamente cominciamo ad essere persona. La “persona umana”, si dice, deve potersi relazionare con altre. E un bambino che nasce senza cervello è un oggetto non umano? E un uomo che vive vita vegetativa? Certi fissano i 15 giorni dal concepimento, perché comincia a svilupparsi il sistema nervoso. Ma la prima cellula è già un organismo che si relaziona e non una cellula qualsiasi: le prime cellule già nei primi giorni mandano messaggi chimici al corpo della madre.


Parlare di “persona” è un argomento troppo filosofico e poco scientifico. Farei però lo stesso ragionamento con chi dice che la vita è “un dono divino”, perché questo concetto filosofico convince meno della metà della gente e ci sono scienziati pronti a dimostrare che la vita è possibile senza creazione.


4. “Si deve difendere il diritto ad avere figli”. Questo viene affermato dalle femministe e da certi politici e giuristi che si fermano a difendere i diritti delle donne e non parlano delle responsabilità delle donne. Tra questi la famosa e pragmatica Mary Warnock (nel recente libro “Fare bambini. Esiste un diritto ad avere figli?”) e Chiara Valentini (“La fecondazione proibita”). Ci può essere un diritto per legge (le leggi pongono limiti e possono anche consentire comportamenti discutibili), ma al di là della legge è fondamentale riconoscere ai più deboli un diritto su basi etiche ad essere, ad esistere, a vivere, a crescere… I diritti sono prevalenti nei più deboli, le responsabilità nei più forti. La donna (più forte) ha la responsabilità di garantire i diritti basilari di un figlio (più debole), fin da quando questi è nella sua mente, prima ancora di concepirlo. Non c’è un diritto ad avere figli a tutti i costi. Deve prevalere il diritto dei figli ad avere genitori responsabili.


5. “I pediatri non devono interessarsi alle scelte che devono fare i genitori”. Questo lo dicono molti ostetrici, che si fermano anch’essi ai diritti delle donne, senza valutare la qualità e i diritti del prodotto finale. Mi scrive un collega, di visioni molto laiche: “Nella procreazione medicalmente assistita gli interessi, i bisogni, le aspettative degli adulti prevaricano in modo indegno i bisogni e i diritti dei bambini. Oggi si incentiva con soldi la genitorialità senza preoccuparsi se vi sono e quali possano essere le reali ricadute sulla salute dei figli. Si parla solo di tecniche per l’incontro di 23+23 cromosomi e non della nuova vita”.


Lo psicologo Raspadori ha scritto una simpatica storiella sulla fecondazione come gioco tra uomini e donne con vari risultati tecnici; ma concepire un figlio non è come fare gol… Dal suo punto di vista può essere un gioco tragico, una roulette russa…


Dopo decine di migliaia di casi studiati, oggi sappiamo che nei bambini concepiti in modo “assistito” è raddoppiato il rischio di mortalità perinatale e di malformazioni, sappiamo che spesso nascono gemelli prematuri e allora aumenta di 5-8 volte il rischio di paralisi cerebrale. Un pediatra ha diritto di intervenire come avvocato dei bambini e deve saper soppesare rischi e benefici di questi comportamenti


Dino Pedrotti