Riaperta la discussione sulla morte cerebrale

Se la “morte cerebrale” è una finzione gli espianti avvengono nel rispetto della legge?

Qualche tempo fa, in un articolo “I morti sono veramente morti, quando preleviamo i loro organi?”, apparso sulla nota rivista “I servizi funerari” (n. 3/2004), il prof. Becchi annunciava la prossima uscita di un libro di approfondimento in quella particolare materia.
Il saggio, recentissimo, è un’antologia, curata da Rosangela Barcaro, dottore di ricerca in bioetica presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Genova e dal citato Paolo Becchi, professore di filosofia del diritto presso la stessa facoltà della medesima Università ed ha lo scopo precipuo di conseguire la riapertura della discussione sul tema della “morte cerebrale” che, nel nostro Paese, è stata tabuizzata.
Lo studio risale alle origini della problematica, ricordando che la ridefinizione della morte in senso neurologico è avvenuta nel 1968, ad opera di un gruppo di medici statunitensi, per potere effettuare, in materia ottimale, il prelievo degli organi, a “cuore battente”, per i trapianti.
Tale definizione, già a partire dagli anni Novanta, ha subito un profondo ripensamento, non solo sul piano filosofico, ma anche su quello scientifico, da parte di filosofi e scienziati di fama internazionale, dagli opposti orientamenti, ma concordi nel giungere tutti ad una medesima conclusione, vale a dire che il concetto di “morte cerebrale” è del tutto inattendibile, un’abile finzione cioè, introdotta per favorire la pratica trapiantistica.
Numerosi gli autori presenti: si va da Jones e Seifert, antesignani nella critica del concetto di “morte cerebrale”, a Singer, Finnis, Stoecker, Haley e Brody, Truoq, per giungere a Schewnon e Defanti, che, da convinti assertori della “morte cerebrale”, rivedendo progressivamente le proprie posizioni, pervengono a conclusioni non lontane da Jonas.
Schewmon confuta la tesi che la “morte cerebrale” sia un indicatore della morte ravvicinata dell’intero organismo e Truog sostiene l’impossibilità di accertare la “morte cerebrale” totale, sulla base dei testi attualmente adottati.
Il volume di 330 pagine, in veste tipografica accurata, comprende anche l’importante documento (rapporto sui criteri di morte) del Danish Council of Ethics e presenta saggi inediti di Defanti, Finnis, Seifert, Stoecker, i vari autori.
Ricchi la bibliografia e l’indice per nomi. La lettura del libro non è riservata ai soli cultori della complessa e delicata materia, ma si raccomanda altresì a tutti coloro che, privati di un doveroso dibattito, in Italia soffocato sul nascere, vogliano affrontare, con un valido sussidio, le ardue tematiche.
In conclusione, un drammatico interrogativo.
Come noto, condicio sine qua non per il prelievo degli organi è l’avvenuto decesso del paziente, come prescritto dalla legislazione italiana e, in genere, da tutte le legislazioni che hanno adottato il criterio neurologico, ossia il concetto di “morte cerebrale”.
Ma se la “morte cerebrale” è una finzione, come argomentato dai valorosi autori dell’antologia, gli espianti avvengono nel rispetto della legge o in sua aperta violazione?
Sono “questioni mortali”, come ben recita il libro de quo.


Questioni mortali“. L’attuale dibattito sulla morte cerebrale e il problema dei trapianti – a cura di Rosangela Barcaro e Paolo Becchi – Edizioni E.S.I., Napoli, 2004 – Euro 26,50.


La Padania [Data pubblicazione: 11/01/2005]