Pezzi di ricambio o vita umana?

Il sacrificio degli embrioni in nome della ricerca scientifica


La Human Fertilization and Embryology Authority del Regno Unito ha dato il via libera per la clonazione degli embrioni umani. L’8 febbraio la BBC ha riferito che il creatore della pecora Dolly, Ian Wilmut, ha ottenuto l’autorizzazione alla clonazione di embrioni, finalizzata allo studio delle patologie neuromotorie. Si tratta della seconda autorizzazione rilasciata dalle autorità, sulla base della legalizzazione della clonazione a fini terapeutici introdotta nel Regno Unito nel 2001.

Wilmut, insieme ad altri ricercatori del Kings College di Londra, avrebbe intenzione di clonare embrioni affetti dalla malattia, per poterne analizzare i primi momenti del suo sviluppo e sperimentare nuovi farmaci. Alcuni gruppi di pazienti, tra cui l’Associazione per le patologie neuromotorie, hanno appoggiato la proposta.

Tuttavia, non tutti hanno accolto con favore l’annuncio. In un comunicato stampa dell’8 febbraio, il segretario della Society for the Protection of Unborn Children, Anthony Ozimic, ha criticato la posizione di Wilmut. “Qualsiasi ‘licenza di clonare e uccidere’ colpisce al cuore stesso delle norme fondamentali della convivenza civile e pacifica, che dicono di ‘non uccidere gli innocenti’, perché la tecnica della clonazione uccide molti bambini-embrioni allo stadio più vulnerabile della loro vita”, ha affermato Ozmic. “Tutti quelli che sono stati uccisi erano individui umani innocenti, unici ed irripetibili”.

Un altro comunicato stampa, sottoscritto da Julia Millington, direttrice della ProLife Alliance, afferma che: “Ogni clonazione umana è intrinsecamente sbagliata e dovrebbe essere messa fuori legge. E la creazione di embrioni umani clonati, destinati alla sperimentazione e successiva distruzione è particolarmente orrenda”.

Inoltre la Millington ha messo in dubbio l’opportunità di autorizzare l’uso degli embrioni in un momento in cui si stanno compiendo notevoli progressi scientifici nell’uso eticamente corretto delle cellule staminali adulte e delle cellule prelevate dai cordoni ombelicali dei neonati.

Negli Stati Uniti, anche la Cristian Medical Association ha preso di mira i programmi di Wilmut. In un comunicato stampa dell’8 febbraio, David Stevens, direttore generale dell’Associazione che conta 17.000 membri ha dichiarato che: “Affermare di star aiutando in qualche modo l’umanità, mentre in realtà si uccidono vite umane, è come nascondere un lupo sotto vesti d’agnello”. Ed ha proseguito dicendo: “La cosiddetta clonazione terapeutica ha ben poco di terapeutico per i soggetti umani vivi che vengono distrutti”.

Il cambiamento in Spagna

Cattive notizie anche per gli embrioni spagnoli. L’8 febbraio, il Ministro della sanità, Elena Salgado, ha reso nota una nuova proposta di regolamentazione della fecondazione in vitro. Il provvedimento potrebbe entrare in vigore per fine anno, operando un sostanziale allentamento delle norme approvate dal precedente Governo nel 2003, secondo il quotidiano spagnolo ABC del 9 febbraio.

Tra i cambiamenti annunciati dalla Salgado ve ne sarebbe uno che consentirebbe ai genitori di scegliere quegli embrioni capaci di curare altri figli già esistenti, utilizzando la diagnosi genetica preimpianto. La normativa vieterebbe la clonazione a fini riproduttivi, senza disciplinare l’eventuale utilizzo a fini di ricerca.

La proposta consentirebbe anche di fare ricerca sugli embrioni “avanzati” dalle fecondazioni in vitro. Questo rappresenterebbe un cambiamento rispetto alla normativa del 2003 che consente la ricerca solo su quegli embrioni congelati fino al momento dell’entrata in vigore della legge.

“Pre-embrione”

Lo stesso 8 febbraio è stato anche pubblicato un articolo di monsignor Elio Sgreccia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che tratta delle questioni relative agli embrioni umani. Scrivendo sul Corriere della Sera monsignor Sgreccia ha osservato che molti ricercatori giustificano la possibilità di utilizzare gli embrioni entro i primi giorni di vita, poiché sostengono che esso non abbia ancora raggiunto lo stadio di vero essere umano. Pertanto, nei primi 14 giorni, i ricercatori spesso parlano di stadio “pre-embrionale”.

L’esponente del Vaticano, tuttavia, ha osservato che da un punto di vista puramente scientifico è di tutta evidenza che dal momento in cui l’ovulo è fecondato dallo spermatozoo, sussiste una nuova vita con la sua propria identità genetica e la sua unità biologica. Inoltre, dopo il momento iniziale della fecondazione non intervengono successive mutazioni qualitative che incidono sul processo di sviluppo della nuova vita.

Monsignor Sgreccia ha aggiunto che dal punto di vista morale, basta il mero sospetto che l’embrione sia una persona umana, per giustificare il divieto di effettuare ricerca scientifica su di esso. Pertanto la Chiesa insiste sull’assoluto rispetto della vita, sin dal momento del concepimento.

In difesa della vita

Lo status giuridico dell’embrione è oggetto di diverse discussioni nei tribunali, dai quali sono emersi alcuni risultati apprezzabili. Due settimane fa un giudice della contea di Cook, dello Stato dell’Illinois ha dato ragione ad una coppia di Chicago che aveva denunciato una clinica che aveva eliminato uno dei loro embrioni.

Da un servizio apparso il 5 febbraio sul Chicago Sun-Times risulta che Alison Miller e Todd Parrish si erano rivolti al Center for Human Reproduction per ottenere aiuto nel tentativo di concepire un bambino, ma uno degli ovuli fecondati era stato scartato per errore da un dipendente della clinica.

Il giudice Jeffrey Lawrence II ha affermato nella sentenza che “un pre-embrione è un essere umano… sia esso o meno impiantato nel grembo materno. Di conseguenza la coppia può chiedere lo stesso risarcimento assegnato ad altri genitori di figli uccisi”. Gli osservatori hanno notato che la sentenza sarà quasi certamente oggetto di ricorso in appello.

Un’ altra causa recente, relativa ai bambini non nati, è quella relativa all’omicidio di Laci Peterson, che era incinta quando il marito l’ha uccisa. Il lungo processo è finito lo scorso novembre con la dichiarazione di colpevolezza di Scott Peterson da parte della giuria, che l’ha condannato per omicidio di primo grado della moglie e di secondo grado del suo figlio di 8 mesi non nato.

In un articolo pubblicato il 13 novembre sul Christian Post, Carrie Gordon Earll, esperta in bioetica dell’organizzazione Focus on the Family, ha spiegato che la condanna di Scott Peterson per l’omicidio della moglie e del figlio non nato, Conner, rappresenta un’ulteriore evidenza del crescente cambiamento nell’ordinamento statunitense in materia di tutela della vita umana e degli esseri umani che ancora si trovano nel grembo materno”.

Agli inizi dello scorso anno, la Corte Suprema della California aveva sancito la possibilità, sulla base della legge statale del 1970, di decretare la colpevolezza di un aggressore per la morte di un feto, conseguente ad una violenza contro una donna incinta. Secondo il Los Angeles Times del 6 aprile, l’aggressore può essere imputato della morte del feto anche se egli non era consapevole che l’aggredita fosse incinta.

Un’altra vittoria, sebbene limitata, per l’embrione è rappresentata dalla decisione della Corte Suprema del Kentucky. La Corte ha deciso che le imputazioni di omicidio possono essere confermate se il feto ucciso avrebbe potuto sopravvivere fuori dal grembo materno. La Corte ha così rovesciato una decisione di 21 anni fa che aveva eliminato l’imputazione di omicidio per coloro che avevano procurato la morte di un feto, secondo un servizio apparso il 18 giugno sul quotidiano Courier-Journal di Louisville.

Con la sua decisione, la Corte Suprema del Kentucky ha definito il feto come una persona giunta al suo momento vitale. La decisione tuttavia non ha trattato la questione di costituzionalità della nuova legge sull’“omicidio fetale” approvata lo scorso anno dal Kentucky. La legge prevede l’imputazione di omicidio nel caso di uccisione di un feto, a prescindere dal suo stato vitale.

Un altra causa, nel 2004, ha visto Quenten Qortez Thompson imputato di feticidio da un giudice del Wisconsin, secondo quanto riportato dal Milwaukee Journal Sentinel l’11 giugno. Thomson è stato condannato per omicidio di primo grado intenzionale di Nicole Mlake e di omicidio di primo grado di un bambino non nato, sulla base di una legge del 1999.

Nel frattempo, durante i suoi primi stadi di sviluppo l’embrione rimane un possibile oggetto della ricerca scientifica che sembra considerarlo come mera fonte di pezzi di ricambio.

www.zenit.org 19 febbraio 2005