INTERVISTA
Democrazia senza valori?
Una nuova ondata laicista in Europa? Parla Cesare Cavalleri, che a Bassano riceve il premio per la cultura cattolica. “Col soggettivismo etico, la società finisce per dissolversi. I credenti sono culturalmente troppo deboli, rischiano la sudditanza” “Ha posto la sua attività culturale al di sopra delle contrapposizioni tra conciliari e anticonciliari, o di cultura di destra e di sinistra, assumendo come esempio il pater familias di Matteo, “che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche“”. Con questa motivazione a Cesare Cavalleri viene assegnato stasera a Bassano del Grappa il Premio internazionale Medaglia d’Oro al merito della cultura cattolica, dopo Del Noce, Ratzinger, Zanussi.
Da 36 anni collaboratore di Avvenire, direttore di Studi cattolici, Cavalleri è della realtà cristiana un osservatore rigoroso ma fiducioso. Per quanto crisi sia, ama ripetere, “là dove un vecchio parroco di montagna dice Messa in una chiesa vuota con un chierichetto distratto, là c’è Cristo, e la Chiesa”. E tanto basta. È una certezza.
Circa l’inesistenza di un’ondata anticattolica, affermata mercoledì dallo storico Pietro Scoppola su Repubblica, la divergenza è totale.
Dice Cavalleri: “L’equivoco è che chi difende questi valori non fa un discorso confessionale, ma sostiene i fondamenti della natura umana, quindi i diritti inalienabili di tutti.
La crisi tumultuosa di oggi è proprio di radice antropologica, nel senso che se non si parte da una definizione condivisa di uomo niente si regge più, nel vivere comune. Come ha detto ripetutamente il Papa, la democrazia non può essere coniugata con il soggettivismo etico. Se democrazia è solo metodo per pesare opinioni lasciando che ognuno dica la sua, la società si dissolve. Oppure si arriva ai totalitarismi del secolo scorso, che sono stati democraticamente convalidati dalla maggioranza. Ma la verità sta al di sopra della maggioranza. Per cui quando si difende la famiglia eterosessuale, la vita dal concepimento, la libertà di educazione e religiosa, non è arroccamento confessionale. È difesa invece dell’uomo, perché responsabilità dei cristiani è rendere esplicita, diciamola finalmente questa parola, la legge naturale. O si parte da una legge naturale cui gli ordinamenti civili si debbano conformare, o la democrazia finisce”.
Quindi la reazione laicista non solo c’è, ma in realtà è di portata più ampia. L’offensiva anzi non è proprio negare l’esistenza stessa di questa “legge naturale”, per anteporvi le leggi delle varie maggioranze?
“Certo. Ma in questa ottica, negata una legge anteriore e affermate solo verità relative, non c’è alla fine nemmeno il modo per condannare il nazismo, né il terrorismo. Se il bene per i più è uccidere i nemici, cosa opporre a questa “verità” maggioritaria? Se ciascuno decide quale è il bene, niente è più condannabile. La domanda morale fondamentale rimane senza risposte. Quanto al momento storico in cui cade questa offensiva, mi trovo d’accordo con quanto affermava ieri Pietro De Marco su Avvenire: questo pontificato ha dato estrema visibilità alla difesa della “legge naturale” e dunque dell’uomo, e ciò ha generato una reazione contraria, che si manifesta nell’attuale inasprimento laicista”.
Come spiega che un cattolico come Scoppola di tutto questo non si accorga?
Sorride Cavalleri. “Si potrebbe pensare che Scoppola, ultrasettantenne, abbia ancora la forma mentis di un mondo in cui il cristianesimo era cultura dominante. Il professore è una di quelle figure del cattolicesimo cortocircuitate col marxismo, vissute nel dogma – ne è un esempio la legge sul divorzio – del “non imporre” loro i valori cristiani. Un cattolicesimo che a furia di non imporre si è fatto imporre le opinioni altrui, e dalla democrazia è passato alla sudditanza e alla perdita di identità cristiana”.
Quel citare Unamuno, l’elogio della fede del dubbio, cosa le fa pensare?
“Mi fa pensare a Charles Péguy: “Rinunciare a credere per non offendere chi non crede”. Che è quello che sta facendo stolidamente l’Europa, togliendo i crocefissi dalle scuole. Per fortuna che in America avviene qualcosa di segno opposto”.
Un fenomeno, lei crede, esportabile in Europa?
“No. L’Europa appare vecchia, scettica, delusa, avviata alla deriva, soprattutto se continua a farsi dominare dalle ubbie del laicismo francese, che ha governato la logica del Preambolo della Costituzione europea. Quel tacere sulle radici cristiane è un segnale, e ciò che accade in Spagna, benché la vittoria di Zapatero sia estemporanea e dovuta allo choc dell’attentato due giorni prima del voto, è un altro segno di scristianizzazione – qualcosa di cui bisogna prendere atto”.
E queste nuove sinergie fra laici e cattolici in nome di valori un tempo appannaggio dei cristiani, allora?
“È la conferma che si tratta di valori prereligiosi, e prepolitici, condivisibili da entrambi”.
di Marina Corradi
Avvenire 12 Nov. 04