Infanzia: gli psicofarmaci al posto dell’educazione
Sta per arrivare nelle farmacie italiane il Ritalin, un farmaco diffuso negli Stati uniti per “curare” i bambini vivaci e disattenti a scuola, i cosiddetti “iperattivi”, migliorandone l’attenzione e la concentrazione. Ciò è un’ulteriore rinuncia degli adulti all’impegno di sostenere i bambini nel delicato processo evolutivo, con l’aggravante che il Ritalin in realtà è un potente stimolante, con effetti farmacologici e psicologici praticamente indistinguibili da quelli indotti dalla cocaina
“È veramente paradossale che lo stesso governo che si fa promotore, con il Ddl Fini, della tolleranza zero contro i consumatori di sostanze stupefacenti autorizzi la commercializzazione del Ritalin, una vera e propria droga”, che si vorrebbe destinare ai bambini.
È questo il commento del parlamentare verde Mauro Bulgarelli quando, all’inizio di quest’anno, si è saputo della decisione del Ministero della Sanità, allora diretto da Sirchia, di voler reintrodurre sul mercato italiano il Ritalin, un farmaco a base di metilfenidato, (un’anfetamina, cioè una sostanza stimolante del sistema nervoso centrale) che dovrebbe servire a curare il cosiddetto “Disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività” (ADHD) nei bambini in età scolare e prescolare. Il Ritalin, commercializzato fin dal 1952, è la sostanza più ampiamente usata nel trattare l’ADHD, anche se, negli anni Ottanta la stessa casa farmaceutica che ne detiene il brevetto, la Novartis, sotto il peso delle polemiche, fu costretta a ritirare il farmaco dal commercio che venne incluso nella tabella I, quella degli stupefacenti, insieme a cocaina, LSD ed eroina dalla Commissione unica sul farmaco (Cuf). Ha destato quindi sconcerto tra gli “addetti ai lavori” l’emissione del Decreto del Ministero della Salute del 22 luglio 2003, che ha riportato il Ritalin nella tabella degli psicofarmaci, pronto per essere venduto in farmacia nella fascia A, quelli a carico dello Stato.
Preoccupazione aumentata alla notizia di un contemporaneo avvio di un progetto pilota statale, finito da poco, per studiare l’incidenza della ADHD nelle scuole dell’obbligo italiane, il “Progetto Prisma”, un programma elaborato per la “individuazione”, diagnosi e psichiatrizzazione dei bambini “affetti” da ADHD per avviarli a terapie psichiatriche a base di farmaci, e che ora sta per estendersi all’intero territorio nazionale italiano in tutte le scuole, con il coinvolgimento sia delle singole istituzioni scolastiche che delle ASL competenti.
Una riammissione però ancora in forse per le forti proteste proprio da parte delle associazioni di genitori che pretendono immediatamente una legge che regoli in modo particolarmente restrittivo la somministrazione di psicofarmaci ai bambini.
Una malattia “improbabile” e molte controindicazioni …
Le problematiche che riveste il caso Ritalin sono numerose a cominciare dalla definizione stessa della malattia che il Ritalin dovrebbe curare: il “Deficit di attenzione e di iperattività” è un grave difetto caratteriale o un disturbo tipico dell’età evolutiva?
La malattia come è descritta è infatti assolutamente vaga e rischia di abbracciare comportamenti, situazioni estremamente ampie, per cui c’è sempre il rischio dell’abuso. Del resto le domande poste per individuare diagnosticare l’ADHD riguardano comportamenti molto comuni: ai genitori, o agli insegnanti, viene chiesto, per esempio, se il bambino faccia errori di negligenza, se corra e si arrampichi, se ascolta poco l’insegnante che spiega in classe, o tamburelli le dita sul banco durante le lezioni.
Bastano poche risposte affermative affinché il bambino sia invitato ad una visita più approfondita che potrà indurre alla prescrizione del Ritalin. Bambini i cui nomi verranno tutti registrati in un Registro nazionale istituito presso il Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità. Il che comunque costituirebbe una garanzia ulteriore nei confronti di eccessi, come quelli che si verificano in Nordamerica dove, nelle scuole, non è infrequente vedere bidelli passare nei corridoi con il carrellino degli psicofarmaci distribuiti a quei bambini particolarmente vivaci.
Una guerra contro i bambini?
Negli Stati Uniti, dove la definizione dell’ADHD e le medicine per curarla sono molti diffusi, la situazione in corso è a dir poco allarmante: «Oggi in tutta la nazione gli alunni sono scrutati come falchi da insegnanti, collaboratori scolastici e psicologici veloci nel raccomandare una valutazione medica e psichiatrica – spiega il famoso psichiatra statunitense Peter R. Breggin, autore di un libro-denuncia sull’argomento Reclaiming our children – e si può esser certi che in quasi tutti i casi il medico prescriverà medicine, specialmente stimolanti come il Ritalin, Dexedrine».
Una agenzia delle Nazioni Unite, il “The International Narcotics Control Board” (INCB), nel febbraio del 1995 ha biasimato il fatto che «il 10-12% di tutti i bambini tra i 6 e i 14 anni di età negli Stati Uniti sono stati diagnosticati per avere il ADHD e quindi trattati con il Ritalin».
Non è stata l’unica segnalazione della agenzia contro la droga dell’ONU. Nel febbraio 1999 ha lanciato l’allarme esprimendo preoccupazione per il fatto che «in alcune scuole americane dal 30 al 40% delle classi e a partire da un anno di età sono trattati con Ritalin», citando «l’aggressiva pubblicità di alcune ditte farmaceutiche».
Dati ufficiali non sono disponibili, ma stime attendibili dicono che quasi 6 milioni di bambini di età compresa tra i sei e i diciotto anni vengono diagnosticati come affetti da sindromi comportamentali e sottoposti a trattamento psichiatrico di tipo farmacologico per tramite della Scuola.
Per il prof. Breggin è in corso «una guerra contro i bambini che vanno a scuola e che sta selettivamente distruggendo proprio i bambini con l’intelligenza più critica, i più audaci, pieni di energia e creativi».
Con il reale pericolo di molti dubbi sugli effetti collaterali. Non sono rari i casi di bambini che assumono manie per aver preso medicinali psichiatrici ed erroneamente diagnosticati come sofferenti di sindrome maniaco-depressiva. Invece di sospendere immediatamente le medicine, a questi ne vengono date delle altre in aggiunta per il controllo delle “manie”.
Per non paralare di tutti quei bambini, e adolescenti, che, come sostengono diverse fonti, possono sviluppare una vera e propria tossicodipendenza.
Davvero, vista l’esperienza statunitense, non si capisce la ragion d’essere dell’avvio in Italia e in Europa di analoghi progetti di psichiatrizzazione dell’infanzia risolvibili con i farmaci al posto dell’amore del desco familiare.
Un problema di fondo della nostra epoca
Qui ovviamente non si vuole negare l’esistenza di disabilità mentali anche tra i giovanissimi, e la conseguente necessità di curarne la patologia con una assistenza quanto più precoce possibile. Si critica la centralità che si vuole assegnare alle risorse mediche nella risoluzione dei problemi che sono connaturati con la natura dell’uomo stesso.
Innanzitutto l’efficacia dei farmaci come questi non è curativa ma è sintomatica. L’aspirina, per fare un esempio, cura la febbre non la malattia. Se uno ha la polmonite l’aspirina non serve a molto. Così succede per gli antidepressivi che curano in parte i sintomi della depressione; ma tutte le cause della depressione, della malattia, restano.
A maggior ragione nel caso di un bambino, fornirgli psicofarmaci come risposta al suo disagio vuol dire metterlo in una condizione artificiale nascondendo i sintomi del suo allarme. Se il bambino in difficoltà non incontra l’orecchio di un adulto che lo ascolta e lo aiuta, significa rendere cronica la sua condizione, perché non lo si aiuta a esprimere e ad affrontare i motivi del suo disagio. Il problema, sia ben chiaro, non è di principio nell’azione dei farmaci in generale, che sono di aiuto e sollievo dal sintomo; il problema è che, in casi come questo del Ritalin, il farmaco è usato come fosse la soluzione. La Scuola ha come suo mandato quello di svolgere un ruolo educativo, fondamentale per i bambini. Il ruolo educativo della Scuola è vincolato ai valori di utilità sociale fissati dalla nostra Costituzione e al rispetto del diritto di ogni persona, ad una crescita sana ed equilibrata del proprio corpo, delle proprie conoscenze e della propria personalità.
Nella scuola invece si sta affermando il ricorso alla medicalizzazione di quei bambini con difficoltà, anche minime, di apprendimento o di integrazione, i quali invece potrebbero essere “trattati” da insegnanti forniti con una buona pedagogia scientifica.
di Fabio Bernabei
Radici Cristiane, anno I – n.6, pp.57-59