I gesuiti l’hanno fatta grossa
La Madonna con il profilattico
Il mensile America dei gesuiti pubblicizza la vendita della statuina «Extra Virgin» rivestita con….
di Vittorio Messori
Internet si è già mobilitata. La Rete è affollata di siti cattolici, in ogni idioma: non c’è parrocchia, associazione, gruppo ecclesiale che non abbia i suoi computer, smanettati da volontari che, quasi sempre, sono tanto giovani quanto abili ed attivi. In queste ore, dunque, passano di schermo in schermo gli appelli. Gli appelli per intasare di messaggi di protesta non solo la redazione di un giornale di gesuiti americani, ma anche la loro casa generalizia, nonché il nunzio apostolico negli Stati Uniti e il Cardinal Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata. Il giornale è America, un mensile di lunga tradizione e di grande prestigio, considerato un tempo una sorta di Civiltà Cattolica del Nuovo Mondo. Un tempo, dico, perché mentre il periodico dei gesuiti italiani continua, dal 1850, la sua lealtà alla Segreteria di Stato, che pare ne riveda ancora le bozze, non così il giornale dei gesuiti degli Stati Uniti. Sin dall’immediato postconcilio, America ha scelto un radicalismo spericolato — in temi teologici, politici, etici — che ha provocato tensioni con la Gerarchia ed ammonimenti da parte della Santa Sede. Negli Stati Uniti, comunque, la maggioranza dei religiosi superstiti (la Compagnia di Gesù ha subito in queste decenni un severo salasso) fa quadrato attorno al suo giornale, convinta che l’adeguamento ai valori sempre mutevoli del mondo sia il modo autentico per dirsi oggi cattolici. Ma ciò che sta scatenando su Internet la catena mondiale di reazioni indignate non è uno dei tanti articoli, spesso complessi ed ostici, dei teologi, dei biblisti, dei moralisti gesuiti che scrivono sulla rivista.
Il motivo sta in un vistoso annuncio ospitato dall’ultimo numero di America, dove si propone in vendita — per 300 dollari, più spese postali per l’invio dalla Gran Bretagna — quello che viene definito «un pezzo unico dell’arte religiosa contemporanea». Si spiega, nel testo, che l’oggetto consiste in «una strepitosa (stunning) statuetta, alta 22 centimetri, della Vergine Maria che schiaccia un serpente, avvolta da un velo delicato di lattice». La stessa materia, dunque, di cui sono fatti i preservativi. E, in effetti, la fotografia a colori dell’annuncio non lascia alcun dubbio in proposito: proprio di un normale profilattico si tratta, completo del piccolo serbatoio per lo sperma che «l’artista» — tal Steve Rosenthal di un’Accademia di Londra — ha adattato sul capo della Madonna, come fosse un grottesco berretto che sostituisca la corona regale della tradizione. Per completare lo sberleffo, mister Rosenthal ha scelto per la sua «opera d’arte religiosa contemporanea» un nome adeguato: Extra Virgin. Come l’olio di oliva. Significativo che la reazione immediata e sdegnata sia partita dall’America Latina, dove la devozione mariana è così fervente e gelosa che persino i molti che passano alle sette evangeliche — sostenute dalla stesso governo nordamericano — rinnegano papi, preti, indulgenze, ma non la loro Vergine e i loro rosari. Ai latinos si è comunque aggregato subito il resto del mondo cattolico, tanto che io stesso ho ricevuto dai Continenti più diversi l’indicazione degli indirizzi elettronici dei gesuiti, del nunzio in America, del cardinal-prefetto a Roma cui spedire la protesta. Da noi, è recente il caso del primo piano su un sedere femminile nudo ospitato tra la pubblicità di Famiglia cristiana. Quanto ad America siamo, ovviamente, a ben altro: una «cosa» sconcia e blasfema proposta, al costo di 300 dollari, dal più autorevole medium dei gesuiti per un pubblico di religiosi, di suore, di laici cattolici impegnati.
Il tutto in una Chiesa come quella americana, ridotta alla bancarotta economica e all’esecrazione unanime da un clero cui troppo spesso, pare, piace palpeggiare i genitali dei seminaristi. Sconforto, dunque, più che indignazione. Viene in mente l’inevitabile Flaiano: «Non chiedetevi dove andremo a finire, perché ci siamo già». Ma c’è, anche, un po’ di curiosità amara: questi membri della Compagnia di Gesù, difensori arcigni della political correctness, apostoli maniacali del dialogo verso ogni fede e credenza, avrebbero accettato pubblicità con statuine di Maometto, di Budda, di Mosé, di Abramo, di Confucio, avvolti in un preservativo, con il serbatoio seminale come copricapo e con un titolo irridente? O, forse, per questi Padri, il rispetto vale per tutti, tranne che per quel cattolicesimo di cui essi stessi fanno parte, addirittura come «consacrati», legati a voti perpetui di cui un quarto di fedeltà, a costo se necessario della morte (perinde ac cadaver), al Papa e al suo insegnamento?
Corriere della Sera, 22 dicembre 2005