«UN INCITAMENTO A CHI MI VUOLE MORTO»
«Quell’infame manifesto è un pessimo esempio di contraddittorio intellettuale. È un atto di inciviltà, un delitto di valori come libertà e democrazia. È un plotone di esecuzione mediatica nel quale si tralasciano i fatti e vengo sommariamente condannato. È benzina sul fuoco nei confronti di una persona sulla cui testa già incombe la fatwa dei terroristi islamici»…
«Quel manifesto è un incitamento a proseguire il piano criminoso di coloro che mi vogliono morto».
È durissimo il giudizio che lo scrittore e giornalista Magdi Allam esprime – per la prima volta ed in esclusiva per L’informazione– sulla vergognosa sottoscrizione comparsa sul periodico Reset contro la sua persona dopo la recente uscita del libro “Viva Israele”. In calce all’anatema compaiono le firme anche di due reggiani:l’assessore novellarese Paolo Santachiara e il docente universitario Alberto Melloni. Ad esso, hanno poi assicurato il loro appoggio il sindaco di Novellara Raul Daoli, e il giovane reggiano di origine marocchina Khalid Chaouki.
Rincara poi la dose il coraggioso intellettuale che da anni – non solo dalle pagine del Corsera di cui è vicedirettore, ma anche con saggi e interventi pubblici – mette in guardia dai tragici rischi che corriamo nell’ospitare nel nostro Paese un Islam deformato dall’ideologia e dal fanatismo:«Quell’infame manifesto è un pessimo esempio di contraddittorio intellettuale. È un atto di inciviltà, un delitto di valori come libertà e democrazia. È un plotone di esecuzione mediatica nel quale si tralasciano i fatti e vengo sommariamente condannato. È benzina sul fuoco nei confronti di una persona sulla cui testa già incombe la fatwa dei terroristi islamici».
Queste non sono parole che il giornalista di origine egiziana pronuncia a cuor leggero. Non sono uno sfogo estemporaneo dovuto all’indignazione del momento. Non sono la risposta impulsiva alla messa all’indice che ha subito. Sono la lucida e attenta lettura di un gravissimo, e intellettualmente disonesto, atto dalle conseguenze imprevedibili. Atto che mette ulteriormente a rischio la vita di un uomo che si sarebbe macchiato della colpa di denunciare per tempo il progetto criminale dei fondamentalisti islamici che sono in mezzo a noi.
«Dopo la pubblicazione di “Viva Israele”- entra nel merito della questione Allam – abbiamo assistito alla rivolta di una parte del mondo accademico che si è sentita colpita da una serie di critiche circostanziate che adducono fatti concreti. E cioè che diversi docenti hanno a più riprese espresso simpatia e solidarietà con estremisti islamici che predicano morte e distruzione. Sono sicuro che molti di coloro che ora mi criticano non hanno neppure letto il libro. Il loro è un pessimo e disonesto esempio di contraddittorio, che oltretutto confonde la posizione valoriale con quella politica ».
Il vicedirettore del Corriere della Sera entra poi nel merito delle questioni aperte sul territorio reggiano: «L’Emilia è un territorio profondamente trasformato dal permissivismo delle autorità locali, affette da una sorta di deriva buonista della tradizione umanitaria di questa terra. Sfruttando la situazione favorevole, pericolosi gruppi islamici hanno trovato terreno fertile per radicarsi e camuffarsi in vario modo, per poi consolidarsi attingendo al benessere generale e ai fondi stanziati dalle istituzioni locali. Il drammatico risultato è la presenza di cellule terroristiche che gestiscono moschee dove si professa l’odio e la cultura della morte».
Secondo lo studioso, il fondamentalismo islamico non è la conseguenza di una condizione di emarginazione sociale ed economica e il suo proliferare nell’Emilia ne è la dimostrazione. Magdi Allam ricorda infatti che proprio tra Reggio, Sassuolo, Modena e Carpi, «si è radicato il potere e s’intensifica l’attività dei gruppi del Minhaj-Ul Quran, che dispongono di 17 moschee in Italia e sono ostili all’emancipazione della donna. Sono presenti anche i Tabligh, che predicano il califfato islamico e lo scorso aprile hanno radunato allo stadio di Bologna circa 8 mila adepti provenienti da tutt’Europa». Non dimentichiamo poi che proprio a Carpi – a ridosso del confine con il reggiano -, sono stati arrestati cinque pachistani coinvolti nell’ambito dell’operazione “Khiber pass”, che ha individuato una filiera bancaria islamica con una ramificazione internazionale, in grado di gestire dai 2 ai 4 milioni di dollari al giorno. Ancora mistero sui destinatari delle operazioni. Per nulla misterioso, invece, è il caso Daki:proprio a Reggio Emilia è stato infatti arrestato il marocchino (amico di Mohamed Atta, capo degli attentatori dell’11 settembre) accusato di terrorismo internazionale.
Magdi Allam concentra poi la sua attenzione sul rispetto delle leggi da parte degli stranieri che abitano in Italia:«Lo Stato deve assumersi la responsabilità di fare rispettare le leggi. I musulmani residenti in Italia sono cittadini che – allo stesso modo di tutti quelli che vivono in questo Paese -, devono attenersi alle stesse leggi, affidarsi alle stesse istituzioni, e condividere i valori fondanti della società italiana. In particolare, la sacralità della vita di tutti».
Altro nodo cruciale, è il ruolo delle moschee:«Devono essere bonificate dall’illegalità e dalle prediche d’odio. Fra le loro mura non si deve più fare politica, non si deve più fare ideologia, non si deve più indottrinare, non si deve più arruolare la gente. Esse devono essere riscattate all’identità italiana:non devono essere gestite dall’Ucoii o dai Fratelli musulmani. È necessario cacciare i predicatori d’odio e chiudere le moschee dove questo avviene.
Va infine promosso un islam italiano in cui le moschee siano esclusivamente luoghi di culto».
Magdi Allam conclude poi il suo intervento riflettendo sul fatto che sul territorio reggiano è in programma la costruzione di diverse moschee:«Secondo autorevoli ricerche, ben il 95% dei musulmani che sono in Italia non frequenta luoghi di culto. Le moschee esistenti sono quindi più che sufficienti. Prima di autorizzarne di nuove, è assolutamente necessario bonificare quelle già esistenti, spesso mezzo privilegiato per l’indottrinamento ideologico.
Non si può continuare a scherzare con il fuoco: questo non è più il tempo di sofismi e ambiguità».
di Luca Soliani
L’INFORMAZIONE di Reggio Emilia del 1° agosto 2007