IL CARDINALE APRE ALLE BALLERINE.
A quando le cubiste?…
Milano: l’Epifania diventa la Festa degli stranieri e del dialogo. Insieme ai Magi guidati dalla Stella (tradition oblige) fino alla mangiatoia del Bambino di Betlemme, domenica ad omaggiare sua eminenza, il cardinale Dionigi Tettamanzi, c’erano sinuose danzatrici dello Sri Lanka, folk singers multietnici, bandiere, costumi locali, esotici consoli. Cossiga :a quando le cubiste in chiesa?…
C’è da rischiare l’accusa di irriverenza, vilipendio e forse anche di peggio. Ma qui, l’espressione: «Diavolo d’un Cardinale» ci starebbe davvero bene. E tuttavia, lo sberleffo, fin quasi allo scandalo, stavolta ha il suo magnifico esempio nell’ultimo (e un tantino ridicolo) sfoggio arcivescovile avvenuto in cattedrale, il Duomo di Milano, il giorno della celebrazione dell’Epifania. Ribattezzata per l’occasione, laicamente e secondo l’ecumenical correct, in “Festa dei Popoli e degli Stranieri”. Insieme ai Magi guidati dalla Stella (tradition oblige) fino alla mangiatoia del Bambino di Betlemme, domenica ad omaggiare sua eminenza, il cardinale Dionigi Tettamanzi, c’erano sinuose danzatrici dello Sri Lanka, folk singers multietnici, bandiere, costumi locali, esotici consoli. Tra questi, il rappresentante egiziano e quello musulmano. Insomma, forse per la prima volta, il Duomo milanese, che fu la cattedra del severo Ambrogio e, in tempi più recenti, del cardinale Schuster, assomigliava più a una festosa e variopinta casbah che alla grande e bella chiesa madre dei cattolici di rito ambrosiano.
I MAGI CANTANO “O MIA BELA MADUNINA”
In compenso, i tre Magi, compreso il nero Baldassarre, forse un po’ invidiosi di tante attenzioni riservate allo straniero, appena arrivati in corteo a Sant’Eustorgio (altra chiesa dove la sacra processione approda per tradizione, dopo aver sfilato per le vie del centro) hanno intonato “O mia bela Madunina”. Magi come ultrà meneghini, che alla Cometa sembran preferire il Carroccio e il dialetto del senatur Bossi. Alla faccia del santo dialogo e dell’ecumenismo tettamanziano. Le cronache dicono pure che davanti alla basilica, un tizio piuttosto rabbioso con il sindaco Moratti, approfittò della babele multiculturale per srotolare il suo personale striscione di protesta contro l’infamia dell’Ecopass. Massì, nella grande Chiesa ambrosiana c’è gloria per tutti. E tutto è buono, Epifania compresa, direbbero i nostalgici, per mischiare sacro e profano, la Parola con la Fiaba, Gesù Bambino con il Grande Puffo, lo Spirito Santo con la Colomba dei pacifisti no global. In un dolcissimo cocktail, speziato alla cannella, da sorseggiare ad occhi chiusi, mentre l’anima si consegna lentamente ai suffumigi della Dichiarazione Universale dei Buoni e dei Giusti del Mondo. Meno male che, come dice il poeta, l’Epifania tutte le feste se le porta via. Così almeno, se ne andranno anche le ipocrisie velate e intontite dalle corpose spirali di incenso bruciato a chili durante il rito epifanico in cattedrale. Già, perché in Duomo e in tutte le chiese comandate dalla Diocesi ambrosiana, son possibili (nonché caldamente raccomandati) spettacolini del genere. Iniziative al qui pro quo: nel nome del dialogo e della fratellanza tra i popoli, contro le barriere etniche, religiose e culturali della società degli egoisti. Entrino dunque nel tempio folk singers, ballerine, dervisci danzanti, tamburelli, bonghi, maracas e simil strumenti a percussione. E pure i mamutones, perché la comunità sarda a Milano non è seconda a nessuno.
I COMANDAMENTI NON SONO UNDICI
Escano, e anche di corsa (come i mercanti cacciati da Gesù) i riti con le lingue morte come il latino che il trendissimo cardinale Dionigi ha bandito in tutta la Diocesi, perché inutile e contrario allo spirito rinnovatore del Concilio. E fuori dalle ombrose navate anche le liturgie tradizionali: troppo dure nel loro sottolineare la differenza e l’unicità della fede cristiana. Che andranno forse bene per una messa vetero-cattolica, ma poco si addicono a un Festival per l’amicizia e la pace tra i Popoli. Eppure, caro cardinale, ci sarà pur un “diverso”, uno specifico ed “unicum” (vabbè, quando ci vuole ci vuole) nel Credo cristiano che lo contraddistingue dalle altre (rispettabili, per carità) religioni del mondo. Qualcosa d’altro e di più dei soliti inviti del politicamente corretto, dell’eticamente dovuto e moralmente auspicato. Qualcosa di irriducibile a tutta quella paccottiglia di buoni consigli, moderna (e blasfema) variante del decalogo scolpito da Dio nella pietra. Ma diventato carne e sangue d’uomo in quella mangiatoia. I tre Magi provenienti da Oriente, sacerdoti del culto zoroastriano, furono, quindi, le prime figure religiose ad adorare il Cristo, il Salvatore che tutti cercavano, e a offrirgli i loro doni. Altro che danceuses del piffero. Del resto, lo dice la parola stessa: Epifania, cioè manifestazione del divino nei panni cenciosi dell’uomo. Ma togliete il divino e resteranno solo gli stracci. Levate di mezzo quella mangiatoia e avrete soltanto le renne di Babbo Natale. In fondo, quelli che vorrebbero togliere croci e presepi dalle scuole, mica sono cattivi: lo vogliono per le ragioni della tolleranza e della comprensione. Come predica l’undicesimo comandamento, quello del dialogo e dell’uguaglianza tra le confessioni. Che però (avviso ai dialoganti) non esiste, perché quanto di più lontano dal messaggio evangelico e dal cuore delle genti. Via, mica vogliano rubare il mestiere al cardinale Tettamanzi che di queste cose ne sa più di tutti. Ma ci pare che le belle danzatrici nei tradizionali costumi locali vadan bene al massimo per un pomeriggio allegro in parrocchia. Non per la celebrazione dell’Epifania in Duomo. I milanesi, forse, gradirebbero di più. E oltre un certo limite, si sa, le buone intenzioni fan presto a scivolare nell’idiozia. E finire per fare il gioco e gli interessi degli acchiappanuvole di ogni risma.
A QUANDO CUBISTE E STRIP-TEASE?
Il malizioso Francesco Cossiga, cattolico sui generis ma fine intenditore di garbugli clericali, ha buon gioco nella parte del velenoso ingenuo. «Spero che i milanesi», ha cattivamente dichiarato dopo le esibizioni frou-frou delle ragazzotte cingalesi, «non debbano aspettare la prossima Epifania per assistere nella loro chiesa primaziale, nell’ambito del dialogo cristiano-islamico, all’esibizione di provette danzatrici del ventre». E tanto per non farsi mancare nulla, l’ex presidente ha aggiunto: «Tettamanzi non si dimentichi il dialogo col mondo secolarizzato: quindi, in questo ambito presto sarà la volta delle danza sul cubo e dopo le cubiste del burlesque, altrimenti detto spogliarello» . Esagerazioni retoriche, appena appena mitigate dall’ironia del picconatore mai andato a riposo. Ma Cossiga ha ragione quando ci invita ad essere magnanimi, perché «la misericordia di Dio e la pazienza della Chiesa anche verso i suoi vescovi è infinita». Giusto, anche se poi non ce la fa a trattenersi e aggiunge: Questo Tettamanzi, ce lo avremmo potuto ritrovare Papa». Che brivido, presidente. Abbiamo corso un bel rischio, nevvero?
di Luigi Santambrogio
LIBERO 8 gennaio 2008