Le sinistre vogliono la “dolce morte” !

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Prove tecniche in Parlamento per un’eutanasia senza galera

Proposta di legge per la depenalizzazione della eutanasia, presentata dal senatore Alessandro Battisti della Margherita, da esponenti dei Ds, insieme rappresentanti dei Verdi, di Rifondazione e dello Sdi…

Roma. “Non voglio vivere sino a non sentire più la voce dei miei tifosi”, dice Maggie dal suo letto di disabile implorando al suo coach Frankie un ultimo gesto. E’ la scena più struggente di “Million Dollar Baby”, il film di e con Clint Eastwood che ha vinto l’Oscar. E Frankie, che è un duro, ma anche uno pieno di dubbi e di rimorsi, lui che ha accettato di allenare quella povera cameriera che sognava il riscatto salendo sul ring, lui che per 23 anni è andato a messa ogni giorno, si consulta col suo prete e alla fine decide di accontentarla. Le stacca il tubo che la collega 24 ore su 24 alla bombola d’ossigeno, le inietta una dose micidiale di adrenalina, e dopo averle sfiorato la bocca per un bacio, le chiude gli occhi e scompare nel nulla. In Italia Frankie, se fosse stato scoperto e denunciato, sarebbe finito in galera. L’eutanasia infatti è un reato, come lo è in America. E chi provoca la morte di un terzo, seppure consenziente, è passibile secondo il nostro codice penale d’una condanna per omicidio, omicidio del consenziente, o di istigazione al suicidio. Eppure sono in molti oggi a voler sottrarre l’uscita della vita a ogni sorta di arbitrio del destino. Ormai, anche la fine della vita, non solo l’inizio, potrebbe essere oggetto della libera determinazione del singolo. A dettar legge non è solo il rifiuto del dolore, ma il rifiuto di sopravvivere in condizioni disastrate, come quelle connesse a malattie terminali, degenerative, a traumi irreversibili che ti costringono a restare “artificialmente” in vita grazie alle macchine. Intanto, vuoi per effetto del trionfo paradossale della tecnica, vuoi come rifugio per chi è incapace di dare senso alla vita quando la stessa “qualità della vita” è compromessa, le associazioni per la morte degna si moltiplicano, diventando lobby influenti. A Torino, è Exit, associazione per il diritto a una morte dignitosa, ad aver elaborato la proposta di legge presentata da Giuliano Pisapia di Rifondazione comunista per introdurre il “testamento biologico”. Un atto cioè con cui un individuo, nel pieno possesso delle sue facoltà, potrà disporre di non voler essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico, qualora venisse colpito da malattia terminale, da trauma irreversibile o implicante l’uso permanente di macchinari e strumentazioni. A Roma invece è Libera Uscita, altra associazione per la morte dolce, presieduta da Giancarlo Fornari, ad aver sostenuto la proposta di legge per la depenalizzazione della eutanasia, presentata dal senatore Alessandro Battisti della Margherita, da esponenti dei Ds come Franco Bassanini, Guido Calvi, Antonio Falomi, insieme rappresentanti dei Verdi, di Rifondazione e dello Sdi. Dichiaratamente laica e rigorosamente atea, la proposta mira a un consenso trasversale. Sulla falsariga della legge olandese (in vigore dal 1993 e ora estesa anche ai minori di 12 anni), circoscrive la richiesta di eutanasia ai maggiorenni, “capaci di intendere e di volere”, purché effettuata “in modo ponderato e reiterato” e “in piena autonomia e libertà”. E sottopone la decisione finale al vaglio di tre medici, uno specialista della patologia da cui è affetto il paziente, un altro medico scelto dal paziente e un terzo medico indicato dall’Ordine. “Approvarla sarebbe ammettere la burocratizzazione della morte” commenta Francesco d’Agostino del Comitato di Bioetica. In realtà, più dell’industria del cinema, può lo spirito del tempo. Un sondaggio segnala che oramai è il 60 per cento degli italiani ad essere favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia, specie in caso di malattie terminali, mentre vent’anni fa non lo era neanche il 25. Eppure nonostante questi dati, la battaglia in Parlamento s’annuncia difficile, tra i due fronti contrapposti e irriducibili dei fautori della “qualità della vita” da un lato, e dei difensori della ”indisponibilità della vita” dall’altro, come lo sono Riccardo Pedrizzi di An, oppositore della depenalizzazione, o il leghista Alessandro Cè che si batte per il divieto di ogni forma di eutanasia, ma intende salvaguardare i diritti dei pazienti nei confronti dell’accanimento terapeutico.

Il Foglio (02/03/2005)