La settimana di Passione dei bambini

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CASI ITALIANI. In questi ultimi giorni, con una concentrazione che fa sospettare un disegno, forse un avvertimento alla nostra smemoratezza, c’è stata in Italia una concentrazione di delitti spaventosi contro bambini, neonati, ragazzini.

Crimini di vario genere. Ma il bersaglio erano creature in quell’età della vita per cui li si pensa prima come figli che come esseri umani. Figli: con quelle fotografie dove stanno tra le braccia di un adulto amoroso e c’è una torta ed un sorriso, e poi la certezza di un letto dove la sera ricevere il bacio materno, una scintilla impagabile, con quegli occhi, quelle manine, o i primi timidi accenni di baffi o di una punta di seno. Bisognosi di tutto. Gli sguardi dei bambini e dei ragazzini, anche quando sono ribelli, esprimono questo: ho bisogno, mi avete messo al mondo, sono qui. Che ne abbiamo fatto dei figli? Sono sempre i figli degli altri. Quando accade qualche guaio, giustamente ci sdegniamo, invochiamo pene severe, leggi nuove. Di solito, spieghiamo il tutto con una malattia mentale, una deviazione particolare, una follia. Così assolviamo questa nostra cultura per cui in fondo i bambini sono una merce da possedere. Un desiderio che diventa un diritto. Se ho il diritto di avere un figlio a qualsiasi prezzo (procreazione artificiale, acquisto in contanti chiavi in mano in Calabria o Romania) o di rifiutarlo (aborto), diventa sacro come la proprietà privata. Non è qualcosa di infinitamente più grande, più prezioso e alla fine indipendente dal nostro possesso, ma si trasforma in merce. La più parte li accudisce decorosamente, li lustra, li lucida, li parcheggia nelle scuole, li mette davanti alla tivù, gli vuole un sacco di bene, ma in fondo sono una nostra appendice. Una piccola minoranza (speriamo) finisce per considerare il proprio istinto amoroso, comunque esso sia, più sacro del dovere della natura. Diventano oggetto di gioco,di scambio, di vendita. Ecco gli ultimi quattro casi notevoli, dove i minori sono agnelli sacrificali di riti abominevoli. Il primo: un padre in Calabria denuncia la sparizione di Robertino. Un cuccioletto di due anni, e in fondo per quella famiglia era davvero una bestiolina, uno in più o in meno, si campa lo stesso. Il papà, pochi mesi prima, aveva già dimenticata una bambina ad una stazione di servizio. Rapito? Mistero. Robertino forse era stato ceduto, come si fa con gli animali domestici, perché campasse meglio. Qualcosa è andato storto. L’affare si è complicato. Ecco la denuncia. Infine Robertino è stato ritrova to. È tornato: ma non dai suoi genitori. Si dice: il padre è malato di mente. Probabile. Ma ce ne devono essere tanti con turbe psichiche. In quei paesi del Crotonese infatti molti sanno, guardano, non mettono il dito. C’è un traffico di creature. I bambini sono di chi ce li ha, e ne fa quel che vuole. Che si fa? Chiamiamo Paolo Crepet? Ed eccoci al caso più tremendo. Città di Castello, Umbria. Maria, due anni e pochi mesi, seviziata, stuprata, uccisa dall’amico di famiglia. Quell’uomo dava lavoro al padre, dava attenzioni alla madre. E la piccola era il suo bambolotto da chiedere in prestito per cullarsela. Era uno così, gli piaceva quella bambina. Siamo certi – anche se la vita si incarica spesso di togliere limiti all’orroreche quella madre non sapesse perché quel signore ricco e generoso la volesse spesso quasi facesse il baby sitter. Malattia, deviazione? Ma quella malattia può esplodere perché vediamo e tacciamo. Perché i figli sono degli altri. Invece il male c’è. E qualche volta noi lo lasciamo fare. E lasciamo prosperare una cultura dove in fondo se uno ha la tendenza a dilettarsi delicatamente con bimbe tredicenni o maschietti di dieci anni, che male c’è, si è sempre fatto 3; E si cita Socrate, Platone, Leonardo, eccetera. Altro caso. Due ragazzi (Denny di 14 anni, Carmela di 17) dalla Germania, dove stanno con la madre, tornano a Busto Arsizio (Varese) dal padre per le vacanze pasquali. Il quale li uccide a coltellate. Dice di amarli ma di aver voluto dare un dolore alla madre. Squilibrio? Anche qui, comunque sia, la malattia, è oggi il nome con cui si chiama il male e lo si esorcizza. Di certo i figli erano il modo per mandare un messagg i o. A Modena, ed è l’ultimo caso, un uomo ha raccolto nel suo giaccone un neonato che aveva ancora il cordone ombelicale. E’ sempre accaduto. Ma una volta c’era la ruota e forse meno ipocr isia. Più di tutto colpiscono le fotografie. Quella che dovremmo appenderci alla parete, e ricordarcela, è quella dell’assassino confesso di Maria ritratto con lei. E’ il compleanno della piccola. Lei sorride, è felice. Lui la guarda innamorato. In quel sorriso, nei balocchi che le offre e lei li afferra, lui coglie la propria assoluzione. Forse l’ha già violentata, di certo se l’è già comprata, con i favori fatti alla famiglia, la quale magari non sa, ma lascia f a re . Queste storie sono sempre accadute, lo sappiamo. Ci sono statistiche sempre pronte ad uso di chi ritiene la nostra tradizione più o meno cristiana verminaio di tutti i mali, che ricordano quanto i delitti si siano sempre consumati nelle famiglie. Ovvio. E allora? La questione vera èche oggi c’è una solitudine infinitamente più grande, perché padri e madri sono confusi rispetto ai loro compiti. L’istinto c’è, ma è ballerino se non si radica nelle certezze di una fede o almeno di una cultura. E oggi l’idea di famiglia è attaccata concentricamente dalle culture relativiste. Dove non si arrivava con la ragione, c’erano dei tabù. Era chiaro che con un bambino non ci dovevi andare per piacere, e che i figli non sono una proprietà privata, ma un tesoro avuto in prestito per crescerlo. La bufera sui bambini di oggi, pieni di regalucci e sciccherie, e che sono così soli, soli come le madri e i padri, ci ricorda che prima di tutto, prima del nostro comodo, prima delle mille scuse per giustificare l’indifferenza, c’è la realtà dei loro occhi. Se li dimentichiamo, la nostra civiltà è finita. Non c’è neanche bisogno dell’Islam per sistemarci.


RENATO FARINA


 di Vittorio Feltri