Il 15 maggio del 1955 veniva firmato il Trattato di Vienna
La forza dell’Austria fu la preghiera
Il 15 maggio 1955, alla presenza del segretario di stato americano John Foster Dulles e dei ministri degli esteri inglese, Harold MacMillan, russo Vjačeslav Molotov, francese Antoine Pinay e austriaco Leopold Figl, fu firmato a Vienna il trattato che restaurava la sovranità dell’Austria sul proprio territorio, dopo dieci anni di occupazione da parte delle potenze uscite vincitrici dalla seconda guerra mondiale. L’Austria infatti, in base agli accordi presi durante le conferenze di Jalta e di Potsdam del 1945, fu suddivisa, unitamente alla Germania, in quattro zone poste sotto amministrazione statunitense, russa, francese e inglese.
I sovietici occuparono la parte più ricca dell’Austria, compresa la capitale Vienna, con una forza impressionante di 50.000 soldati e incominciarono ad organizzare in tutto il paese disordini e rivoluzioni con l’intento di dar vita ad un’effimera repubblica socialista e popolare, così da impossessarsi di tutta la nazione. A questo progetto si oppose un frate cappuccino, Petrus Pavlicek, che diede inizio ad un grande movimento di preghiera, la Crociata Riparatrice del Rosario, presieduto da una statua della Madonna di Fatima regalatagli dal vescovo di Leiria. Il movimento impegnò più di 500.000 cittadini per giorni e notti ininterrottamente, finché tra maggio e ottobre 1955 l’Armata Rossa, fatto mai avvenuto prima in nessuno dei luoghi occupati dai comunisti, si ritirò completamente e pacificamente.
Si erano utilizzati tutti i mezzi diplomatici per ottenere la ritirata dei Russi, ma la cosa sembrava del tutto impossibile senza aprire un nuovo terribile conflitto. Vi furono 268 riunioni e il Cancelliere federale Figl, durante la 268°, a Berlino nel novembre del 1954, si sentì dire apertamente da Molotov: “Signor Figl, è inutile farsi delle illusioni. Ciò che noi Russi abbiamo, non lo restituiamo mai più!”. Ma Molotov non aveva fatto i conti con Padre Petrus Pavlicek. Questo frate, consacrato sacerdote a 40 anni, durante l’oppresione del nazismo era stato arrestato dalla Gestapo hitleriana perché renitente al servizio militare; inviato al fronte occidentale e fatto prigioniero, venne liberato a fine conflitto. Nel 1946 davanti all’altare della Madonna a Mariazell – il santuario mariano nazionale austriaco – mentre stava pregando per l’Austria devastata, sentì interiormente queste parole della Madonna: “Fate ciò che vi dico e avrete la pace!”.
Per dieci anni il Cappuccino attraversò in lungo e in largo tutta l’Austria, invitando gli uomini di buona volontà a recitare il Rosario in una crociata di preghiera e di espiazione. La sua tesi era semplice e avvincente, permeata dalla potenza della fede: “Se è stato possibile intruppare milioni di uomini per una guerra di distruzione, non deve essere difficile organizzarsi per la pace, partendo dall’Austria”, che era la sua terra e lo storico baluardo orientale del cattolicesimo. In questo modo, 24 ore su 24, padre Petrus provvide che ci fossero sempre degli austriaci che recitavano il Rosario, pregando la Vergine Santissima per la liberazione del Paese dal giogo comunista.
Nel 1955, più di 500 mila austriaci avevano già aderito a questa crociata di preghiera e occorre ricordare che a quell’epoca il Paese aveva circa 5 milioni di abitanti. Sei mesi dopo le sprezzanti parole dette a Berlino, lo stesso Molotov, il 15 maggio 1955, dovette firmare al Belvedere il trattato internazionale di restituzione dei territori, che passò alla storia sotto il nome di “Trattato di Vienna”. Incredibile! D’un tratto è diventato possibile che persino la Russia abbandonasse un territorio occupato. Fu soltanto il risultato ottenuto dall’impegno dei politici? O una grazia divina, una grazia invocata? Sia il cancelliere Julius Raab, che Leopold Figl, il ministro degli esteri dell’Austria libera che firmò il Trattato, non ebbero dubbi: si trattava di un dono di Maria, impetrato con la preghiera assidua di una nazione cattolica. Il cancelliere Raab, nel settembre 1955, a conclusione di una solenne processione di ringraziamento, dichiarava con tutta franchezza e sincerità all’immensa folla presente: “Ringrazio tutti i cattolici che hanno aderito alla crociata di preghiere per la patria e quanti sono qui raccolti per questa testimonianza di fede e di amore alla nostra nazione. Oggi vogliamo, noi che abbiamo il cuore pieno di fede, elevare al Cielo una preghiera colma di gioia e questa preghiera la concludiamo con queste parole: noi siamo liberi grazie a Te, o Maria!”.
Subito dopo la firma del trattato del 15 maggio, aveva inoltre confidato: “La preghiera è stata l’arma e la forza dell’Austria”. Anche Il cardinale König di Vienna era dello stesso avviso: “Molti parlano del trattato di pace con l’Austria come di un miracolo. Io sono persuaso, personalmente, che la grande, sempre crescente schiera di oranti del Rosario ha cooperato, in questo caso, in una forma che non ci è nota ma che noi credenti possiamo ben supporre”. Padre Petrus fu riconosciuto come “il liberatore”: dopo quattro secoli dalle gesta del Beato Marco d’Aviano, un altro figlio di san Francesco aveva salvato Vienna.
don Maurizio Ceriani
tratto da “Il Popolo” settimanale della diocesi di Tortona del 28 aprile 2005