La discarica a Chiamano e le proteste…

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Un Far west di pm e “banana”

I cittadini di Chiaiano che non vogliono la discarica, la procura che zavorra il lavoro di Bertolaso. A Napoli funziona solo quel che vuole “o’ Sistema”…

di Emanuele Boffi

 

«Benvenuti a Baghdad», dice il cartello al principio della via Cupa di Cane, la strada che porta alla cava di Chiaiano, il luogo dove, nelle intenzioni del governo, si farà la discarica. I comitati cittadini di protesta contro la decisione del sottosegretario all’emergenza rifiuti, Guido Bertolaso, hanno organizzato la «resistenza». Pali di cemento, rami, legni e alberi divelti messi di traverso sulla via. A ingombrare l’accesso un mare di bottiglie di vetro, soprattutto di vino e superalcolici, segno che le notti al presidio sono state sufficientemente calde e allegre. Alla cava ci si arriva solo a piedi: dalla piazza Titanic di Chiaiano – cosiddetta per la forma a nave – al “buco” ci sono poco più di due chilometri. Sul passaggio si trovano anche materassi sgualciti e polverosi, copertoni d’auto bruciacchiati, cassonetti ribaltati, inferriate arrugginite, comodini sfasciati.
A Chiaiano non ci si è fatti mancare nulla della retorica Nimby, quella che – con pur diverse modalità e persino più ostiche rispetto a quelle locali – era andata in scena a Scanzano Jonico (scorie nucleari), a Venaus (Tav), a Pianura (discarica). La retorica che vuole le popolazioni vessate dal governo “fascista” e “imperialista” e dunque unite in una nuova forma di “resistenza” che assume, per certi versi, espressioni strapaesane e strampalate. Per dirne una: i cittadini hanno costruito palizzate alte due metri con i sacchi dell’immondizia. Ma così, per protestare contro l’odore dei camion della spazzatura che attraverseranno Chiaiano tra tre mesi, ora si ritrovano sotto il naso i rifiuti non appena escono sul balcone. Non è l’unica incongruenza di questa storia. Il territorio dove sorge la cava è impermeabile: secondo la legge i metri che devono separare la base della discarica dalla falda acquifera devono essere almeno due. A Chianiano sono 155 di cui ben 60 di tufo, a garanzia che il famigerato percolato non inquinerà mai l’acqua che scorre sottoterra. Tuttavia, il comitato ha il suo esperto che, in barba a tutti gli studi dei tecnici dell’Arpac, sostiene che «il sito non è idoneo».
Dopo la manifestazione dei primi di giugno – manifestazione in cui si sono visti anche i comitati del “No al Dal Molin”, del “No alla Tav”, i Carc, i Cobas, gli Amici di Beppe Grillo, il Wwf, Oreste Scalzone e padre Alex Zanotelli («quello del governo è un decreto criminale») – la temperatura della protesta è un po’ scesa. Bertolaso ha dichiarato che la discarica si farà, ma non verrà sversato nulla nel sito prima di ottobre. I manifestanti presidiano alla spicciolata la via d’accesso, giurando lotta eterna a Bassolino, Bertolaso, Berlusconi e Jervolino. Ma poi, realisticamente, pensano anche loro a dove trascorrere le ferie estive, consapevoli del fatto che la discarica si farà e che la “resistenza” non può durare in eterno.

Un tempismo strepitoso
Significativamente, l’unica speranza di quelli che il direttore del Corriere del Mezogiorno, Marco Demarco, ha chiamato il popolo dei “banana” (build absolutely nothing anywhere near anything) è la magistratura. C’era scritto anche su uno degli striscioni esposti durante il corteo dell’1 giugno: «Solidarietà ai magistrati napoletani schierati contro la Superprocura dei rifiuti». La vicenda è nota: il 27 maggio, esattamente il giorno in cui i tecnici di Bertolaso e quelli degli enti locali erano a Chiaiano per studiare le caratteristiche della cava, la procura di Napoli ha autorizzato l’arresto di 25 persone coinvolte nello smaltimento dei rifiuti campani. L’accusa è di associazione a delinquere per aver praticato un traffico illecito di ecoballe. Secondo il capo della procura, Giandomenico Lepore, esisteva una «rete di complicità all’interno della struttura commissariale che ha violato precisi compiti di vigilanza e controllo sulle attività di lavorazione dei rifiuti». Tra gli arrestati anche l’ex commissario dei rifiuti e prefetto Giampaolo Pansa e l’ex vice di Bertolaso, Marta De Gennaro.
L’iniziativa della Procura ha destato molti sospetti, soprattutto per la tempistica con cui si è svolta. I pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo hanno inoltrato le loro richieste di arresti al gip Rosanna Saraceno il 22 gennaio, ma l’ordinanza è arrivata soltanto quattro mesi dopo, proprio nei giorni in cui Bertolaso aveva, di fatto, trovato con i rappresentanti locali l’accordo per la discarica. Inoltre, pare poco comprensibile il fatto che, soprattutto per la De Gennaro, si sia ricorsi agli arresti domiciliari (durati dieci giorni) quando sarebbe bastato un avviso di garanzia. Alla De Gennaro è, infatti, unanimemente riconosciuta, a destra e a sinistra, una grande competenza e ottimi risultati pur in una situazione emergenziale da Terzo Mondo. Per quanto è trapelato pare che la De Gennaro avrebbe spiegato ai giudici di essere stata costretta dall’emergenza a rimuovere i rifiuti dalle strade (erano i giorni in cui le “montagne” raggiungevano i secondi piani delle abitazioni) e questo a discapito della corretta filiera del controllo degli stessi.
Ma ai magistrati le ragioni pratiche della De Gennaro non sono bastate e c’è più d’uno in città che mormora come la Procura abbia di nuovo in serbo un altro intervento spettacolare per porre nuovi freni all’azione del governo. Che tale voce sia vera o meno, poco importa. è bastato metterla in circolazione per rendere il lavoro degli uomini di Bertolaso più complicato e macchinoso. Forse anche per questo il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non perde occasione per ribadire che il caso Napoli è in cima alle sue preoccupazioni. Il tentativo è quello – tutto mediatico – di mandare agli amministratori locali il messaggio chiaro e rotondo che il Governo si vuole giocare la faccia sulla soluzione del problema. Ma non sarà facile averla vinta. Il pm Antonello Ardituro, esponente dell’Anm napoletana, gli ha già mandato a dire che i magistrati ubbidiscono solo a quelle leggi «che si adattano ai principi della Costituzione».

Il “lancio del sacchetto”
Pur tra tutte queste difficoltà il lavoro di Bertolaso prosegue. Alla discarica di Chiaiano saranno destinate 700 mila tonnellate di spazzatura, ad Agnano sorgerà il termovalorizzatore (fra tre anni). Intanto, per la cronaca, va segnalato che è stata chiusa la discarica di Serre, causa cedimento delle vasche che raccoglievano 650 mila tonnellate di rifiuti. La discarica era stata fortemente voluta dal precedente ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, contro il parere di Bertolaso che poi, a causa del contrasto, si era dimesso. Ora, la triste “rivincita morale” di Bertolaso, ma al costo di una nuova dilatazione dei tempi e dei problemi.
Quel che è visibile a occhio nudo, girando per Napoli, è che la spazzatura dal centro è stata rimossa. Ma basta un sopralluogo nelle zone limitrofe alla città e ricompaiono le muraglie di rifiuti (a Ercolano e a San Giorgio è nato il “lancio del sacchetto”, sport con cui gli abitanti si dilettano nelle strade del più pulito comune di Portici). E basta leggere i bollettini dei vigili del fuoco per venire a sapere che ogni giorno sono circa un centinaio gli interventi dei pompieri chiamati a spegnere roghi di spazzatura in città o in provincia.
È anche sufficiente capitare nel giorno sbagliato nei box sottostanti al Centro direzionale di Napoli o passare in motorino sulla strada che porta dalla zona di Scampia a Melito. Sotto i ponti ancora ben visibili s’accumulano i sacchi neri e via Nazionale non è percorribile: la munnezza raggiunge i primi piani dei palazzi. Gli abitanti sussurrano che gli addetti allo smaltimento qui passano solo ogni dieci giorni, «perché non c’è nessuno che dia loro la bustarella, come da altre parti, come a Scampia, le cui vie sono tutte pulite perché lì ci abitano i boss del Sistema».

Tempi 1 luglio 2008