L’India cancellata con raspa razzista

In 20 anni 10 milioni di bimbe abortite


di Marina Corradi


Immaginate una grande città – ma solo di bambine. Una città di 500 mila bambine. Una città così viene annientata prima che nasca, ogni anno in India: aborto selettivo, ma solo di femmine.


Non valgono quasi nulla, in quella cultura; e da quando, all’incirca vent’anni fa, la tecnologia occidentale ha diffuso anche laggiù le ecografie, rendendo largamente accessibile la determinazione del sesso del nascituro, modernità e antica misoginia si sono unite in un connubio spaventevole: non solo aborto, ma aborto mirato delle femmine. Fotografate, individuate e scovate nel ventre delle madri, che invece che difendere le figlie sono state disposte a sacrificarle: meglio un maschio, piuttosto, più accetto al padre, e alla società. Meglio un maschio: e quell’immagine scattata nel buio del grembo, è una condanna. L’aborto selettivo, pure vietato dalla legge indiana dal 1994, secondo la ricerca pubblicata dall’ultimo numero di Lancet avrebbe cancellato in vent’anni 10 milioni di femmine. Un’infinita serie di città di bambine. E con loro, le figlie che forse avrebbero voluto, e che mai nasceranno.

Accanto a questo paese scomparso, a questo paese di fanciulle annientata, colpisce però un altro dato dei due ricercatori indiani, riportato da Lancet. Che l’aborto delle figlie femmine sarebbe molto più frequente, cioè, fra le donne istruite che fra quelle delle classi basse. È un dato che pare destinato a invalidare tutto quanto potrebbe essere prevedibilmente scritto sul rapporto tra questa tragedia e analfabetismo e ignoranza femminili in India. Proprio le più colte, quelle che sono andate a scuola, davanti all’ipotesi di una figlia femmina più facilmente dicono di no. Non “no” a un figlio, comunque, ma “no” a una figlia, perchè è una bambina. Perchè già in quell’ombra sfuggente che è un’ecografia rivela che sarà una donna; e dunque, simile a sua madre. E la madre, per quella promessa di affinità, si chiude nel più definitivo dei rifiuti: come me, no. Meglio che tu non nasca. Quale totale assenza di prospettive e di speranze, quali umiliazioni possono portare a un così collettivo non volere proseguire se stesse, come se essere donna fosse una sorte triste, da evitare a chi viene come un maligno destino? Bastano, la povertà e la sovrappopolazione indiana, a spiegare tutto questo, quando altri popoli altrettanto poveri non sono arrivati alle stesse conseguenze? O la spinta della cultura occidentale verso il controllo demografico forzoso e la sterilizzazione del Terzo Mondo non trova, in fondo, certo non ammesso, nell’aborto selettivo femminile il vertice della sua logica? Si sterilizza un popolo, non facendone nascere le figlie.

La natura, da parte sua, in quasi ogni angolo del mondo prevede un rapporto singolarmente e fisso tra maschi e femmine. Le femmine sono sempre un po’ più numerose, come per un vantaggio previsto a favore di chi dà la vita. La natura ci tiene, cocciutamente, a che la vita continui. Per questo, mantiene certi suoi precisi parametri. In India, per la prima volta da millenni, questo parametro è stato bruscamente alterato. Venti città scomparse. Annullate. E tutte di bambine. Individuate, e strappate via prima ancora di nascere. Né figlie, né madri mai più di nessuno.


Da Avvenire Online


del 10 gennaio 2006