L’Europa e il rischio di cedere ai terroristi

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MADRID 2004 O MONACO 1938? Lo spirito di Monaco soffia sull’Europa. C’è il rischio che l’Europa democratica, come fece nel ’38 nei riguardi di Hitler, commetta di nuovo l’errore di mandare messaggi sbagliati, di appeasement , di arrendevolezza, nei confronti dei nemici della nostra civiltà. Per questo, la prima dichiarazione del vincitore delle elezioni spagnole, il socialista Zapatero («ci ritireremo dall’Iraq entro il 30 giugno») è, spiace dirlo, infausta, è uno di quei messaggi «sbagliati». Nel documento del gruppo saudita legato ad Al Qaeda, diffuso alla fine del 2003 ed esaminato da Magdi Allam sul Corriere di ieri, era stato tutto previsto: «Noi riteniamo – scrissero i terroristi – che il governo spagnolo non sopporterà che due o tre attacchi al massimo prima di essere costretto a ritirarsi sotto la pressione popolare. Se non lo dovesse fare, la vittoria del partito socialista sarà pressoché certa e il ritiro dall’Iraq sarà una delle sue priorità». Due errori l’Europa dovrebbe massimamente evitare. Il primo è quello di dare ai terroristi la sensazione che la strategia del massacro sia pagante, in grado di ottenere tutti i risultati che di volta in volta si prefiggono (oggi il ritiro dall’Iraq, domani chissà cosa altro). Il secondo errore è quello di non controbattere con sufficiente forza la tesi di chi in Europa va dicendo che l’unica vera causa dell’ultima ondata di attacchi terroristici sia la guerra in Iraq. Il primo errore non fa che accrescere ancor più le già altissime probabilità di nuovi attentati. Il secondo errore permette a tante persone in buona fede di cullarsi nell’illusione che basterebbe ritirarsi dall’Iraq per garantirsi la pace, la fine della guerra scatenata dal terrorismo islamico contro l’Occidente.
A tutti costoro va ricordato che la guerra è iniziata con gli attacchi dell’11 settembre del 2001 ed è continuata poi con molti attentati in varie parti del mondo anche dopo quella data (e prima che ci fosse l’intervento anglo-americano in Iraq). I critici di quell’intervento possono benissimo continuare ad esserlo sostenendo che esso non ha contribuito a «fermare» il terrorismo ma non possono avallare la tesi secondo cui la guerra in Iraq sarebbe la vera , unica causa dell’aggressione terroristica all’Occidente. Basta avere ascoltato i messaggi di Bin Laden per sapere che non è così. I due errori suddetti possono contribuire a disarmare l’Europa, spingerla a fare ciò che essa, razionalmente, di certo non vuole fare: diventare prona al ricatto terroristico. Ogni Paese europeo deve fare la sua parte e auguriamoci che la tragedia spagnola spinga l’Unione verso una vera politica comune di lotta al terrorismo. Per quanto riguarda poi il nostro Paese speriamo che la maggioranza non tentenni. E che l’opposizione riformista sappia resistere alla pressione di coloro che, sull’onda delle elezioni spagnole, inneggiano oggi al socialista Zapatero, ne fanno il loro campione (contro Tony Blair, prima di tutto, ossia contro quella parte della sinistra al potere in Europa che non intende spostarsi dalla linea della fermezza). Anche chi era contrario all’intervento in Iraq ha un interesse vitale a superare il grande equivoco del «pacifismo» per come viene declinato in questo momento in Italia.
Coloro che sfileranno nella manifestazione «pacifista» di sabato 20 marzo, chiedendo il ritiro del contingente italiano dall’Iraq, hanno come nemico prioritario gli americani, non il terrorismo islamico. Essi, come tanti altri gruppi che la pensano allo stesso modo in Europa, hanno tutti i diritti di manifestare per le loro idee. Ma l’Europa e l’Italia che non vogliono una nuova Monaco hanno il dovere di non mescolarsi con loro.

di ANGELO PANEBIANCO
© Corriere della Sera, 16 marzo 2004