Juan Carlos firmerà la legge sulle nozze gay


Il sovrano spagnolo: “Non finirà come in Belgio”


Juan Carlos firmerà la legge sulle nozze gay “Non sono Baldovino”


Zapatero ringrazia “il re repubblicano”



DAL NOSTRO CORRISPONDENTE


MADRID — Re Juan Carlos non vuole e non può accogliere l’invito dei vescovi spagnoli a far uso della obiezione di coscienza e a non ratificare, “in quanto cattolico”, la nuova legge sui matrimoni fra omosessuali che verrà approvata dalle Cortes in via definitiva. I suoi doveri costituzionali gli impongono di firmare le leggi dello Stato. Dapprima la Casa Reale aveva informato che il sovrano “adempirà rigorosamente” alle sue funzioni e “agirà con la Costituzione in mano”. Come sempre ha fatto: nei suoi trenta anni di regno mai ha bloccato una decisione parlamentare.


In seguito è stato lo stesso sovrano a prendere brevemente la parola ieri a Roma dove si trovava per presenziare, accanto al presidente Ciampi e al portoghese Sampaio, alla firma di un Memorandum di intesa fra Italia, Spagna e Portogallo per la collaborazione in ricerca e innovazione tecnologica. “Sono il re di Spagna. Il re di Belgica è il re di Belgica” ha risposto in italospagnolo (il sovrano è nato a Roma e quando incontra italiani gli piace ricordarlo) alla cronista del Corriere che gli ha chiesto se avrebbe seguito l’esempio di re Baldovino, uomo di profonda fede cattolica, che nel 1990 abdicò per 36 ore pur di non firmare, “per ragioni di coscienza”, la legge sull’aborto in Belgio.


“Che il re segua l’esempio di Baldovino” aveva detto una fonte dell’episcopato. Quell’esempio senza dubbio non verrà seguito, anche se il re, riferendosi al fatto che la legge non ha compiuto l’intero iter parlamentare, ha aggiunto: “Ancora la legge non è arrivata e allora non si sa niente”. Anche se il Senato, dove il partito popolare, contrario ai matrimoni gay, è più forte, dovesse respingerla la legge tornerà al Congresso dei deputati e sarà approvata. Il governo socialista sa che dal palazzo della Zarzuela non arriveranno sorprese negative. Lealtà alla Costituzione a parte, il premier Zapatero e il sovrano hanno un eccellente rapporto personale che si riflette nel recuperato protagonismo del capo dello Stato. Il re non andava altrettanto d’accordo con José Maria Aznar.


L’ex primo ministro, di carattere autoritario, non sopportava che qualcuno gli facesse ombra e interpretava in senso restrittivo la Costituzione che riconosce al monarca un ruolo rappresentativo. Trascurava il ruolo di “arbitro” istituzionale e non metteva a frutto le ampie conoscenze personali e in politica internazionale che il re ha accumulato in tanti anni. Il buon accordo di Juan Carlos con Zapatero e con il suo predecessore socialista Felipe González hanno alimentato sospetti all’interno del partito popolare, il partito di Aznar, che il re possa nutrire occulte simpatie socialiste. Zapatero, il cui nonno repubblicano venne fucilato dai franchisti, è arrivato a dire “Abbiamo un re piuttosto repubblicano”, chiarendo subito dopo: “Per me un repubblicano è qualcuno che è difensore delle istituzioni, dei valori democratici”.


Il giovane premier ha espresso il suo affetto verso un uomo che per età potrebbe essergli padre. Il sovrano non ha risposto pubblicamente alle testimonianze di affetto. Sa di muoversi in un terreno minato.


Prudenza, saggezza, furbizia sono servite a re Juan Carlos per restare popolare dopo trent’anni di regno (si celebreranno a novembre). Non era facile dopo essere stato scelto come successore da Francisco Franco “a titolo di re” allo scopo di perpetuare il franchismo attraverso la monarchia. Il giovane re ha capito immediatamente che la sua sopravvivenza sul trono era legata a una scelta in favore della democrazia e della modernità. Appena un paio di giorni dopo la morte del dittatore, nel suo primo discorso in parlamento, Juan Carlos ha annunciato la sua volontà di essere “il re di tutti gli spagnoli”. E subito si è trasformato in motore e anima del cambiamento. La transizione dal totalitarismo alla democrazia è avvenuta in modo mirabile e incruento. Però il sovrano si è liberato definitivamente dell’ombra di Franco la notte del 23 febbraio 1981 quando i militari golpisti e la Guardia Civil sono entrati nelle Cortes prendendo in ostaggio parlamento e governo.


Scegliendo di esporsi per la democrazia e ordinando ai golpisti di tornare nelle caserme Juan Carlos è diventato veramente ciò che si proponeva, “il re di tutti gli spagnoli”.


Corriere della Sera, 13 maggio 2005 – Mino Vignolo