Intervista al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini

Scuola, la Gelmini: "Stipendi più alti ai prof"

Intervista al ministro dell’Istruzione: "Tra scuole paritarie e statali non deve esserci conflittualità. In Italia un professore di liceo, dopo 15 anni in cattedra, guadagna 27.500 euro lordi annui. In Germania 20mila euro in più"

Roma – Riportare la squadra della scuola italiana e tutti i suoi studenti in serie A. Un ampio capitolo della relazione del ministro dell’Istruzione pubblica dell’università e della ricerca, Mariastella Gelmini, alla Commissione Cultura della Camera è dedicato alla parità scolastica.
Ministro, in questa legislatura alle famiglie verrà concessa libertà di scelta?
«Il mio primo obbiettivo è quello di diminuire le distanze tra paritarie e le statali, tra le quali non deve esserci conflittualità. L’istruzione è pubblica. Sempre. Anche quando viene erogata dalle scuole private. Occorre andare incontro a questa esigenza di libertà delle famiglie e lavorare in modo che i genitori possano scegliere la scuola dove educare i propri figli».
Il ministro Maurizio Sacconi sul fronte delle politiche sociali sta pensando a forme di sostegno come il voucher. Potrebbe funzionare anche nella scuola?
«Il principio che va difeso è quello della libertà di scelta poi anche sul voucher o il buono scuola si può riflettere e ragionare. Possono essere strade praticabili anche per il sistema dell’istruzione. Occorre però fare molta attenzione perché le risorse sono limitate. Quel poco che abbiamo lo dobbiamo spendere al meglio».
Per la piena realizzazione della parità scolastica ha un modello in mente? Magari la Lombardia?
«Sicuramente quella regione rappresenta un’eccellenza da molti punti di vista ma non è un modello unico cui fare riferimento. E se è vero che il Nord in genere dà risultati migliori dobbiamo tener conto che quella della scuola è una realtà differenziata dove è possibile trovare eccellenze anche al Sud».
Nel suo discorso alla Camera ha citato il grido d’allarme di Papa Ratzinger che ha parlato di «emergenza educativa». L’impressione è che le scuole cattoliche abbiano aspettative molto alte su quanto potrà questo governo in termini di parità. Anche dal punto di vista finanziario.
«È il Paese intero che ha aspettative molto alte su quanto potremo fare per rispondere all’esigenza di un vero cambiamento. Occorre molto buon senso e soprattutto idee condivise su che cosa esattamente vogliamo chiedere alla scuola alla quale fino ad ora è stato chiesto troppo. Anche di colmare lacune sociali affidando agli insegnanti responsabilità ed azioni che invece competono alla famiglia che rappresenta, pur nelle sue difficoltà, la base fondamentale su cui sviluppare le attività didattiche, formative ed educative. Quello della scuola non è un mondo allo sfascio. Ci sono ottimi docenti preparati ed impegnati ma sottopagati».
Si chiede uno sforzo comune per adeguare gli stipendi degli insegnanti italiani alla media degli altri paesi europei.
«Non possiamo ignorare che lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria, dopo 15 anni di insegnamento, è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa. In Germania ne guadagnerebbe 20.000 di più, in Finlandia 16.000. La media Ocse è superiore ai 40mila euro annui».
Tre priorità: merito, autonomia, valutazione.
«Il merito è la più alta forma di democrazia, uno strumento per garantire pari opportunità. Autonomia e valutazione sono due facce della stessa medaglia. Parlare di autonomia significa innanzitutto valorizzare la governance degli istituti dotarla di poteri e risorse adeguate e puntare sulla loro valutazione. Non possiamo rendere piena l’autonomia scolastica senza un sistema di valutazione che certifichi in trasparenza con quali risultati venga speso il pubblico denaro».
Le tre I della precedente riforma varata dal ministro Letizia Moratti sono diventate 4.
«La patente delle tre I, Inglese, Internet, Impresa non può essere presa a discapito della quarta I, Italiano che, come scriveva Leonardo Sciascia “è il ragionare”, il territorio in cui si esercita la ragione. Importantissimo anche per favorire l’integrazione. Il nostro primo obbligo è insegnare ai bambini migranti la lingua italiana e la nostra Costituzione. A tutti»,

di Francesca Angeli
Il Giornale n. 138 del 2008-06-11