In 55 Paesi BAMBINE-soldato…

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Una realtà trascurata


L’ultima, tremenda “scoperta”:
in 55 Paesi bambine-soldato


Non solo bambini-soldato. L’altra metà del cielo dell’infanzia violata dalla guerra e dal fanatismo è rappresentata dalle bambine, che durante i conflitti armati sono i bersagli principali dei rapimenti compiuti col duplice scopo di costringerle a combattere o a diventare partner sessuali.

L’Unicef stima che tra il 1990 e il 2003 ragazze abbiano fatto parte delle forze governative, milizie, paramilitari e/o dell’opposizione armata di 55 Paesi e siano state coinvolte attivamente nei conflitti armati di 38 di essi. Eppure, per lungo tempo l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale si è concentrata sui ragazzi, in quanto questi erano visti come soldati nelle forze armate mentre le bambine, nella maggioranza dei casi, come le “compagne” o le schiave sessuali dei combattenti adulti. Soltanto adesso sta venendo alla luce che le ragazze hanno avuto esperienze molto più complesse dei maschi, svolgendo il ruolo ora di combattenti attive, ora di informatrici, di spie, corrieri, medici e financo di schiave.
Nell’ultimo decennio, le bambine sono state rapite e costrette a combattere in almeno 20 Paesi del mondo, fra i quali Angola, Burundi, Liberia, Mozambico, Ruanda, Sierra Leone e Uganda nell’Africa subsahariana; Colombia, El Salvador, Guatemala e Perù in America latina; Cambogia, Myanmar, Filippine, Sri Lanka e Timor-Leste in Asia; ex Jugoslavia e Turchia in Europa. A volte sono i loro stessi genitori a consegnare le bambine alle forze armate come forma di pagamento (come avviene in Colombia o in Cambogia) o per altri motivi. Altre volte, sono le ragazze a “scegliere” di unirsi a un gruppo armato. Ma la loro “scelta” è spesso dettata da un problema di sopravvivenza: prendere le armi è spesso più sicuro che aspettare di essere violentate, ferite o uccise. Inoltre, il sistema di approvvigionamento dei gruppi combattenti potrebbe essere l’unica fonte di cibo, riparo e sicurezza in una situazione estremamente precaria quale un conflitto armato. Esiste poi un rapporto stretto tra il rapimento e l’arruolamento forzato delle bambine da un lato e il loro sistematico e diffuso sfruttamento e abuso sessuale.
Il numero delle bambine soldato è solitamente sottovalutato, per diverse ragioni. Innanzitutto, le donne o le bambine che si arruolano o sono costrette ad arruolarsi non sono considerate “veri soldati”; molte bambine, poi, sono erroneamente classificate come donne perché all’epoca della smobilitazione hanno più di 17 anni e spesso hanno dei figli. Inoltre, le giovani donne rapite o arruolate forzatamente da bambine e che ritornano a casa rischiano di essere rifiutate dalle famiglie e dalle comunità per la vergogna che si attribuisce allo stupro e al fatto di aver magari anche partorito bambini concepiti con i rapitori.
Al termine dei conflitti, così, le ex bambine soldato rischiano di essere dimenticate e lasciate fuori dai programmi di smobilitazione e reintegrazione. E molte di loro ritornano spontaneamente alle proprie comunità, ma senza ricevere alcuna assistenza.


La Padania [Data pubblicazione: 03/11/2005]