Il «politicamente corretto» camuffa il Natale in Europa

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Presepi, alberi e i segni della tradizione cristiana vengono messi al bando. O «camuffati» con la scusa di non urtare le sensibilità di altre fedi. Ma non c’è solo la secolarizzazione: qualcosa si muove anche nella direzione opposta…


Londra
Gesù eliminato anche dai francobolli
E i coristi non entrano più in ospedale


Nel 70 per cento degli uffici sono stati vietati gli addobbi per non turbare gli impiegati appartenenti ad altre confessioni È partita una campagna per fermare la deriva anticristiana


Gli spazzini di Kingston upon Hull non possono più indossare il cappello rosso natalizio perché secondo il municipio sarebbe «poco professionale». Ed è un gran peccato, ci spiega uno di loro, «perché era una tradizione che andava avanti da anni: ci metteva di buon umore e faceva ridere i bambini». Un gruppo di coristi di canti natalizi viene bandito dall’ospedale di Torquay in Cornovaglia perché con i loro raffreddori invernali potrebbero mettere a rischio la salute dei pazienti. Un portavoce dell’ospedale spiega che si tratta di una «precauzione necessaria» mentre per i coristi, tutti anziani e membri dell’esercito della salvezza che cantano lì ogni Natale da quarant’anni, la decisione «è assolutamente ridicola e profondamente offensiva». Secondo una recente indagine, il settanta per cento degli uffici britannici avrebbe vietato le decorazioni natalizie perché potrebbero turbare gli impiegati appartenenti alle altre fedi e il Comune di Luton avrebbe addirittura chiesto ai suoi cittadini, sempre per non offendere i non cristiani, di rinunciare ai festeggiamenti per Natale, che è stato soprannominato «Luminous». Un esempio adottato anche dalla più grande città di Birmingham che ha deciso di cancellare il nome Natale dai suoi registri e rimpiazzarlo con quello «più corretto» di Winterval. Nella patria della political correctness qualcuno sta dando i numeri, scriveva qualche giorno fa il Daily Express sottolineando «l’assurdità di voler cancellare le nostre tradizioni più care per paure infondate e irrazionali».
Ma la lista che comprende marce indietro e cancellazioni continua: una settimana fa un signore di Reading ha dovuto pagare una multa per ché si era rifiutato di obbedire all’ordine del Comune di non accendere il suo grande display natalizio di fronte a una folla di consueti spettatori i quali, come ogni anno, avrebbero pagato un piccolo contributo che sarebbe poi stato devoluto in beneficienza. Bandite anche le opere di bene. Nelle scuole statali britanniche è molto più facile che i bambini sappiano cosa sia il Corano che la Bibbia, e anche questa è una conseguenza della political correctness: nel curriculum è necessario far rientrare tutte le fedi. Peccato però che il cristianesimo, quando non è ignorato del tutto, venga sempre per ultimo.
E ancora: le Poste di sua maestà hanno deciso di sostituire le immagini cristiane sui classici francobolli natalizi con immagini «laiche». E così sui sei francobolli di Natale che hanno presentato quest’anno, al posto del presepe, della Stella Cometa o dei Re Magi, hanno fatto la loro comparsa Babbo Natale, il pupazzo di neve e le renne. E non è la prima volta che le Poste decidono di ignorare il Natale Cristiano: lo avevano già fatto nel 2002, 2003 e 2004, con una pausa nel 2005. «L’anno scorso – spiega un portavoce della Chiesa anglicana – avevano proposto design innovativi di scene cristiane che ci erano molto piaciute. Ma quest’anno siamo tornati daccapo».
Il quotidiano The Sun titolava qualche giorno fa in prima pagina che una parte della società ha deciso di «fare guerra al Natale» e si impegnava ad aprire una campagna, tra l’altro già seguitissima, contro questa deriva che intende demolire la festa più amata. L’iniziativa è stata appoggiata dal gruppo londinese campaign against political correctness e da altri gruppi cristiani che intendono difendere le tradizioni. Qualche giorno fa l’arcivescovo di York John Sentamu, secondo nella Chiesa Anglicana dopo l’Arcivescovo di Canterbury, ha accusato «gli atei aggressivi di questo Paese» di voler rimuovere i simboli cristiani del Natale dalla vita pubblica. «Esiste nella nostra società – ha detto – una tendenza preoccupante dove gli atei illiberali si sono aggregati a secolaristi aggressivi per creare una situazione assurda dove quelli che non credono in Dio hanno deciso che il Natale offende le altre fedi». E ancora: «Queste persone stanno cercando di farci credere che è possibile entrare nel cuore del Natale ignorando Gesù Cristo». Un parere condiviso anche da molti musulmani del Regno Unito e in particolare dal Muslim Council of Britain secondo il quale il vero nemico – in questa Gran Bretagna sempre più intrappolata nella sua political correctness e dove solo un dieci per cento della popolazione si reca regolarmente in chiesa – è la secolarizzazione.




Madrid
Laicità a scuola: un ottimo alibi per eliminare la festa natalizia



Quest’anno gli alunni dell’istituto pubblico Hilarión Gimeno di Saragozza non faranno la tradizionale recita natalizia e non canteranno nessuna canzone con riferimenti religiosi. La direzione della scuola ha deciso di abolire la classica festa natalizia. I motivi? Sarebbero due: non c’è spazio né tempo per fare tutte queste «attività». E poi (ed è questa la vera ragione), non si devono offendere i bambini di altre religioni, meglio un’educazione del tutto «laica». La decisione dell’istituto ha suscitato le proteste dei genitori. Dopo un’animata riunione, mamme e papà sono arrivati ad un accordo con la scuola: la festa si farà, almeno il prossimo anno.
La vicenda arriva in un momento particolare. Pochi giorni fa il partito socialista (Psoe) ha presentato un manifesto intitolato «Costituzione, laicità ed educazione per la cittadinanza». In teoria, un omaggio alla Carta Magna del 1978 in occasione del suo ventottesimo anniversario. Ma il documento è andato ben oltre, alimentando un’accesa polemica. I socialisti spagnoli affermano che la laicità è il «requisito per la libertà e l’uguaglianza» e che «i fondamentalismi monoteisti o religiosi seminano frontiere fra i cittadini». La laicità, conti nua il manifesto, è l’unica forma per non «subordinare l’azione politica delle istituzioni dello stato sociale e democratico di diritto a nessun credo e a nessuna gerarchia religiosa». «Senza laicità – sostiene il Psoe – non ci sarebbero nuovi diritti della cittadinanza, sarebbero delitti civili alcune libertà come l’interruzione volontaria della gravidanza o il matrimonio fra persone dello stesso sesso». Infine, aggiunge il testo, dato che il «fenomeno migratorio sta trasformando la società spagnola in una società multiculturale», è d’obbligo «ricordare e riaffermare il valore del principio costituzionale della laicità».
Il documento è stato accolto da una valanga di critiche, e non solo da parte del centrodestra. In Spagna, sottolineano vari analisti, si è andata affermando una crescente confusione fra aconfessionalità dello Stato, laicità e laicismo. La sinistra – ha scritto in un editoriale il direttore del quotidiano ABC, José Antonio Zarzalejos – ritorna ai vecchi errori, «si dirige chiaramente contro la presenza del cattolicesimo nell’ambito pubblico spagnolo». E la «maggiore benevolenza verso altre religioni, come l’islamica – continua Zarzalejos, in realtà mira a «ridimensionare il protagonismo del cattolicesimo in Spagna».
Secondo l’arcivescovo di Pamplona, Fernando Sebastián, il manifesto del Psoe traccia una «visione impoverita e sfigurata della religione», considerandola quasi come «un’attività pericolosa» o una fonte di «intolleranza». Secondo l’arcivescovo di Valencia, Augustín García-Gasco, «sotto l’etichetta di laicità in realtà si vuole imporre il laicismo escludente».



Monaco
I turchi divisi tra estraneità e «partecipazione»



Il primo segnale che qualcosa era cambiato è venuto l’11 novembre, Festa di San Martino. Un avvenimento che vede in Germania i bambini dei Kindergarten girare con una lanterna e cantando. In molte località si è deciso di non cambiare nome alla ricorrenza: non più festa di San Martino ma festa delle lanterne. Nel segno del politicamente corretto, per non creare problemi ai bambini di religione musulmana che in certi quartieri raggiungono il 70 per cento delle presenze. Anche molte scuole quest’anno non organizzano le tradizionali Weihnachtsfeste sempre per un malinteso senso di riguardo nei confronti dei bambini di altre religioni. E se nella scuola si apre il tradizionale Weihnachtsbasar (il mercato di Natale), è lo stesso preside, al contempo insegnante di religione, a denominare il mercato «Milleniumbasar» per rispetto verso gli scolari musulmani. «Natale per noi non significa nulla – dice uno degli giovani turchi –, noi abbiamo appena festeggiato il nostro Id-el-Fitr (la festa che cade alla fine del Ramadan)».
Non manca però chi cerca di avvicinarsi alla tradizione locale e molte famiglie turche preparano doni per i più piccini per la notte del 24 dicembre. Una famiglia musulmana, gli Özman, 5 bambini, giunta a Monaco dal Kosovo 15 anni fa, festeggia il Natale come i vicini tedeschi. Il padre, infermiere presso un ospedale monacense, dice di aver osservato le tradizioni natalizie dai suoi colleghi tedeschi. «Abbiamo acquistato e addobbato l’albero, mia moglie prepara i dolci e i bambini riceveranno dei regali». Nella cattolicissima Baviera l’aspetto religioso è predominante. La messa della vigilia, il presepe, le cerimonie religiose sono parte integrante del modo di vivere e dell’atmosfera di questo periodo. Diverso il mondo di Berlino, dall’altro capo della Germania, con la sua società spiccatamente multietnica. La capitale tedesca è anche la seconda città turca dopo Istanbul. Qui l’islam ha messo da tempo solide radici. E ha creato una società parallela, chiusa al suo interno. In questo contesto il dialogo interreligioso si presenta difficile si presenta quello interreligioso in tali contesti. A Colonia il cardinal Joachim Meisner quest’anno ha vietato nella sua diocesi le feste multireligiose. A buon intenditor…


Da Londra Elisabetta Del Soldato; da Madrid Michela Coricelli; da Monaco Diego Vanzi
Avvenire (12/12/2006)