21 febbraio 1946, Basilica di San Pietro. Seduto sul Trono sta Papa Pio XII, attorniato da alti prelati. Atmosfera di grande gala, presenti il Corpo diplomatico e personalità venute dal mondo intero. Il lungo corteo di 32 nuovi cardinali procede lungo la navata centrale. Fra di loro, uno spicca per la sua figura alta e imponente, suscitando l’entusiasmo dei fedeli, i quali incominciano ad applaudirlo e a gridare “Viva il Conte von Galen!”.
Il Papa aveva elevato al cardinalato il 23 dicembre dell’anno prima il vescovo di Münster, meritatamente celebre per avere denunciato, già nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale, i crimini nazisti, specialmente la persecuzione alla Chiesa e l’abominevole pratica dell’eutanasia contro malati e anziani.
Chi fu questa personalità trascinante, entusiasticamente applaudita dai fedeli romani? Perché fu così importante la sua opposizione al nazismo? Quel che breve dato biografico ce lo dirà.
Tradizione cattolica, passato illustre, nobili natali
Clemens August conte von Galen (1878-1946) nacque il 16 marzo nel castello di Dinklage a Oldenburg, Germania, undicesimo fra dodici fratelli e sorelle. I suoi genitori furono il conte Ferdinand Heribert e Elisabeth, nata contessa von Spee. La famiglia, di antica stirpe cattolica, diede alla Chiesa arcivescovi, vescovi, chierici e numerose suore e monache. E anche valorosi difensori dei diritti cattolici nel campo temporale. Il conte Heribert fu un rilevante deputato cattolico del Zentrumspartei (Partito di Centro) nel Reichstag (Parlamento tedesco).
In questo focolare pieno di virtù cristiane, ricevette il giovane Clemens August una accurata educazione. Frequentò dal 1890 al 1894 la scuola gesuita Stella Matutina a Feldkirch. Nei due anni successivi studiò a Vechta, dove concluse il liceo. Nel 1897, accompagnato dal fratello Franz, frequentò la Facoltà di Fribourg in Svizzera. Fu allora che decise di divenire sacerdote. Nel 1899 entrò nel seminario gesuita di Innsbruck. Ordinato il 28 maggio 1904 nella cattedrale di Münster, fu nominato il mese dopo vicario capitolare e cappellano di suo zio, vescovo ausiliare di Münster, Mons. Maximilian von Galen. Nel 1906 fu trasferito a Berlino, dove divenne cappellano della parrocchia di San Mathias. In aggiunta alle cure pastorali, insegnava religione in un liceo della città.
Alte virtù sacerdotali e umane
Il 5 settembre 1933 Pio XI lo elevò all’episcopato, nominandolo nella sede occupata prima dallo zio. Nel giorno della consacrazione episcopale, il seguente 28 ottobre, scrisse di lui il cardinale Schulte: “Aussi Clement, qu’Auguste” (“Tanto Clemente che Augusto”). Il nuovo vescovo adottò come motto “Nec laudibus nec timore” (“Non mi muovono né la lode né il timore”), indicando così la stoffa del suo carattere. Di lui scriveva il “Münstersche Anzeiger” (12/9/1933): «Spiccano nel nuovo vescovo alte virtù sacerdotali e umane. Come curato di anime a Berlino, (…) innalzò continuamente la sua voce contro la crescente secolarizzazione della vita, esigendo un ritorno ai chiari principi della Chiesa Cattolica».
Otto mesi prima il Partito Nazional-Socialista aveva scalato il potere. Con la sua dottrina pagana della razza ariana pura, il nazismo non poteva non scontrarsi con la Chiesa, che cominciò infatti a perseguitare, all’inizio in modo discreto ma in seguito apertamente e duramente.
Divenne il “Leone di Münster”
Mons. von Galen percepì subito gli errori contenuti nell’opera Mito del Secolo XX di Rosenberg, l’ideologo del partito nazista. E li confutò duramente nella sua Lettera Pastorale del 19 marzo 1935, denunciando il “mito del sangue” di Rosenberg come una nuova religione pagana.
Entusiasti del coraggio del loro vescovo, i cattolici lo ribattezzarono il “Leone di Münster”. Ciò non solo per le sue critiche continue degli errori nazisti ma soprattutto per i suoi tre famosi sermoni proferiti nei giorni 13 e 20 luglio e 3 agosto 1941 nella Chiesa di San Lamberto, dalle cui torri ancora sono appese le gabbie in cui furono rinchiusi i resti mortali dei capi della ribellione anabattista.
Sfidando i nazisti condanna l’eutanasia
Nel sermone del 13 luglio, criticò la confisca di monasteri e conventi bollandola come segno di un “odio profondo contro il Cristianesimo, che vogliono sterminare”. Il 20 luglio impiegò la figura dell’incudine e del martello: “Attualmente non siamo martello, ma incudine. (…) L’incudine non può né necessita di ribattere. Ella ha bisogno solo di essere ferma e dura”.
Il 3 agosto rimproverò il crimine dell’eutanasia, praticato su persone anziane, paralizzate o con malattie incurabili. La reazione suscitata dalle sue parole questa volta fu gigantesca. Alti gerarchi del partito nazista chiedevano un processo contro il presule che si concludesse con l’impiccagione in una piazza di Münster. Goebbels, lo scaltro Ministro della Propaganda, notò che una tale misura avrebbe alienato i cattolici dallo sforzo di guerra. E raccomandò a Hitler di rimandare la “resa dei conti” a dopo la “vittoria finale”. Mons. Von Galen dovette vivere in seguito con questa spada di Damocle sul capo, accettandola eroicamente senza vacillare. La vittoria finale non ebbe luogo. Con la capitolazione della Germania nel maggio 1945 e il Processo di Norimberga, che giudicò i crimini dei principali capi nazionalsocialisti, il nazismo scomparve vergognosamente dallo scenario lasciandosi dietro, come succederà più tardi anche per il comunismo, morte, macerie e miseria.
Il tedesco ideale
Dopo aver ricevuto il capello cardinalizio, C.A. von Galen rimase ancora per qualche giorno in Italia, visitando i soldati tedeschi in diversi campi di concentramento.
Verso la metà di marzo lo attendeva a Münster una accoglienza trionfale. Dio tuttavia aveva altri piani per il suo “leone”. Vittima di appendicite acuta, morì nel pomeriggio del 22 marzo del 1946. Nel discorso funebre, il cardinale Frings asserì che finché esisterà una diocesi a Münster, il cardinale von Galen ne sarà la sua gloria, e aggiunse: “Finché ci sarà una storia del popolo tedesco, egli verrà segnalato come il tedesco ideale, il vanto della Germania”.
Esempio per i nostri giorni
Il 9 ottobre 2005 il cardinale von Galen è stato beatificato per decreto firmato da Papa Benedetto XVI, che nell’occasione ha messo in rilievo la lotta del beato contro l’eutanasia. In Piazza San Pietro, migliaia di fedeli – soltanto dalla diocesi di Münster sono venuti circa 5000 – seguirono dai teleschermi la cerimonia che si svolgeva all’interno della Basilica, anch’essa strapiena di gente.
Fra gli invitati speciali anche la contessa Johanna von Westfalen, nipote del nuovo Beato e importante dirigente anti-abortista della Germania. Sessant’anni dopo la caduta del nazismo e la sua scomparsa nella foschia della storia, molti si chiedono che importanza può avere per noi, ai nostri giorni, la resistenza del vescovo di Münster al nazismo. L’impavidità del cardinale von Galen nel condanare il crimime dell’eutanasia è oggi più attuale di mai. In un’epoca come la nostra in cui milioni di nascituri vengono abortiti e l’eutanasia sta entrando nella legislazione di molti Paesi, è necessario il coraggio di difendere la vita innocente. Anche rischiando la propria vita, come il Leone di Münster, che non si lasciò intimidire. Magnifico esempio da seguire.