Il governo Prodi vuole liberalizzare anche i culti

  • Categoria dell'articolo:Socialismo

IN PARLAMENTO SI PREPARA LA RELIGIONE A LA CARTE


La commissione Affari costituzionali della Camera sta affrontando l’esame di una proposta di legge sulla libertà religiosa: finiranno per aver pari diritti tutte quelle confessioni che hanno personalità giuridica…

Cinque pause lavorative al giorno per recitare le sure del corano. Le vacanze per il mese del ramadan. I matrimoni celebrati dall’imam. La mensa aziendale a base di felafel e kebab. Immaginate un’Italia più multietnica innanzitutto più multireligiosa. Anzi preparatevi all’idea. Perché la commissione Affari costituzionali della Camera, mentre Giorgio Napolitano incontra Benedetto XVI, sta affrontando l’esame di una proposta di legge sulla libertà religiosa. Si tratta di un testo abbinato, frutto di due iniziative legislative gemelle. Una appartenente al deputato verde Marco Boato. L’altra sottoscritta dal ds Valdo Spini e da altri compagni di partito, tra i quali il ministro Vannino Chiti. Ebbene, quella che all’apparenza sembra una proposta innocua, nasconde in realtà una vera rivoluzione socio-culturale. A partire dal principio intorno a cui ruota la proposta di legge. Che è assai semplice: viene abrogata la legislazione relativa ai culti ammessi dallo Stato e si procede alla “liberalizzazione” del settore. Una sorta di decreto Bersani dedicato agli emissari di Dio. Sicché finiscono per aver pari diritti tutte quelle confessioni che hanno personalità giuridica. Quali sono? A oggi, l’elenco è già lunghissimo. Si va dai centri islamici culturali alla chiesa cristiana evangelica. Passando per greci ortodossi, tradizione mahayana, buddisti, zen, induisti, scientisti, pentecostali, baha’i, chiesa della fratellanza nella realizzazione del sé. Ora, se dovesse passare la proposta Boato-Spini, tutte queste confessioni religiose avrebbero nuove prerogative. Compresa quella di celebrare matrimoni secondo i propri riti tradizionali. Unioni valevoli a tutti gli effetti per lo Stato italiano. Ma c’è di più. Il ministro di culto dell’occasione, ha la libertà di omettere la lettura degli articoli del codice civile. Che sono poi la base del matrimonio nella variazione occidentale, dove è paritaria la posizione tra l’uomo e la donna. Una rivoluzione, s’è detto. Il relativismo applicato un po’ ovunque: scuola, lavoro, famiglia, gusti alimentari. L’articolo 12 del testo all’esame della commissione stabilisce che “su richiesta degli alunni o dei genitori” si possono organizzare attività di promozione culturale sulla religione di interesse. Ciò significa il corano sui banchi di scuola. O la lettura degli scritti induisti sruti e smriti. O l’ora di respirazione zen. Insomma, l’era del monopolio della bibbia volge al tramonto. Come la tradizionale pausa caffè, che rischia di essere affiancata o sostituita dal break per le sure del corano. La Boato-Spini, inoltre, prevede anche un nuovo regime tributario per le confessioni religiose. A tutte andrà il diritto di percepire l’8 per mille delle dichiarazioni Irpef. D’altra parte, che la politica, in tema di fede, abbia le idee più singolari è presto dimostrato. Dagli archivi del Parlamento prendiamo la pdl 183 di Renzo Lusetti, ad esempio. I suoi alleati puntano ai privilegi della Santa Sede? Lui, che è della Margherita, chiede invece tempi rapidi per l’intitolazione di strade a Giovanni Paolo II. Di norma non si dedicano vie a persone decedute da meno di dieci anni. E’ possibile, però, stabilire delle deroghe. Ebbene il cattolico Lusetti ne chiede una anche per “i Sommi pontefici”. Alla faccia del laicismo toponomastico dei suoi alleati. Osvaldo Napoli è il firmatario di una proposta di legge che rende necessario il “certificato antiterrorismo” per tutti gli imam. Il deputato di Forza Italia sostiene che chi vuole aprire una moschea in Italia o chi ne è responsabile non deve appartenere a organizzazioni in odore di eversione. Di qui, l’idea di una certificazione ad hoc rilasciata dal Viminale. Quello del parlamentare della Lega Nord Andrea Gibelli, invece, è una sorta di federalismo delle moschee. L’esponente del Carroccio, con una iniziativa di legge, affida alle regioni la delicata materia del rilascio della concessione edilizia per la realizzazione di nuovi luoghi di culto islamico. Non solo. Gibelli, nella sua proposta, prevede anche l’indizione di un referendum che chiami al voto la popolazione della città scelta come sede della nuova moschea. La regola è: niente consenso popolare, niente tempio islamico. Il deputato leghista ha le idee chiare anche sul luogo dove far sorgere le “chiese” musulmane. Lontano da quelle cattoliche. Almeno a un chilometro di distanza.

L’INDIPENDENTE 21 novembre 06