Il duo monastico Bindi e Castagnetti a Bose…

La Chiesa sconfessa i teodem che vogliono sconti sui valori

Il dinamico duo Rosy Bindi e Pierluigi Castagnetti in «ritiro» nella comunità monastica di Bose, quella di Enzo Bianchi, per intenderci…

di Rino Cammilleri

Il dinamico duo Rosy Bindi e Pierluigi Castagnetti si è chiuso in monastero per una due-giorni di preghiera e riflessione. Si potrebbe pensare che, almeno la ministra, abbia rinunciato alle ferie per leccarsi le ferite dopo la sconfitta del suo progetto di legge sui Dico, dovuta alla dura presa di posizione della Chiesa. Chiunque altro, al loro posto, si sarebbe fermato a chiedersi: «Dove ho sbagliato?». Invece no. Chi sbaglia è la Chiesa. E il dinamico duo glielo manda a dire. Infatti, il monastero scelto per la bordata è quello di Bose, fondato da Enzo Bianchi: un posto in cui, siamo certi, la messa in latino appena concessa da Benedetto XVI non entrerà nemmeno nel sottoscala. La sua liberalizzazione deve essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso (di bile) nel cattoprogressismo dei dossettiani che non si rassegnano al cambio di vento. Il Corsera del 2 luglio 2007 è costretto ad aprire il pezzo dedicato all’evento col durissimo j’accuse della Bindi: «Questi ultimi anni rappresentano una parentesi da chiudere nel rapporto tra Chiesa e politica, per riaprire invece la stagione dell’impegno lanciata dal Concilio». Già, bei tempi quelli. Peccato che siano finiti: la destra rialza la testa, i comunisti sono in crisi di identità, ben due papi successivi hanno detto che il Vangelo conta più della Costituzione. E i dossettiani si sono ritrovati egemoni di niente. I quattro gatti intellettual-politici che per decenni hanno cercato di portare le masse cattoliche a sinistra hanno scoperto di essere ufficiali senza esercito. Le masse cattoliche, infatti, preferivano i santuari mariani e Radio Maria. Però li seguiva tutto quel clero a cui le parole «poveri» e «pace» provocano orgasmi. Poi, l’ultima spiaggia: la vita e la famiglia. E la Chiesa ha detto basta. Da qui il grido di dolore di Bindi e Castagnetti (e non poteva mancare Follini): «Non può essere Radio Maria a formare le coscienze cattoliche». Sottinteso: dobbiamo continuare ad essere noi: «Dobbiamo essere i protagonisti di una serena correzione fraterna su ciò che è accaduto, ci è mancata la radicalità evangelica per dire ai vescovi: così non si fa». E che cosa avrebbero fatto, di grave, i vescovi? Il loro pessimo comportamento è riassunto in una parola: ruinismo, «che ha prodotto una rappresentazione obbligata dell’unità cattolica e ha portato a un progressivo sbilanciamento verso il centrodestra». Così parlò Castagnetti. Traduzione: stavamo traghettando il cattolicesimo italiano verso l’abbraccio con i comunisti (antico progetto della scuola Moro), quando la gerarchia ecclesiastica ci ha sconfessato e si è messa a gestire direttamente il popolo cattolico tramite le esternazioni di Ruini. L’antico progetto di addomesticare la rivoluzione per mezzo di compromessi su tutto è fallito, perché la sinistra ormai vuole cose che il Papa ha definito «non negoziabili». Così, i cosiddetti teodem non si capisce più che ci stiano a fare. Dunque, qualcuno di loro è costretto a gettare la maschera. Per esempio, richiesta sulla sua eventuale candidatura alla presidenza del futuro Pd, così la Bindi ha risposto: «Se mi candidassi, comunque, lo farei non contro Veltroni ma per dare un contributo sul tema della laicità della politica». Non ne avevamo alcun dubbio.


Il Giornale n. 156 del 2007-07-04