Il dramma di Gravina e le indagini all’italiana

Tranquilli, indaga l’ispettore Clouseau

Oltre all’orrore, la prima reazione di tutti noi è stata di incredulità. Ma come caspita è possibile che per quasi due anni chi conduceva le indagini non si è accorto che Ciccio e Tore ce li aveva lì sotto il naso?

di Michele Brambilla

 

Tranquilli, indaga l’ispettore Clouseau

di Michele Brambilla

Oltre all’orrore, la prima reazione di tutti noi è stata di incredulità. Ma come caspita è possibile che per quasi due anni chi conduceva le indagini non si è accorto che Ciccio e Tore ce li aveva lì sotto il naso? Sono andati a cercarli dappertutto, perfino in Romania, e invece i due fratellini erano in pieno centro a Gravina, vicinissimi a casa loro, vicinissimi al punto dove erano stati visti giocare poco prima della scomparsa. Possibile che nessuno degli inquirenti abbia mai sentito dire che lì da quelle parti c’è un edificio abbandonato dove i bambini spesso entrano a cercare l’avventura? E che in quell’edificio c’è una cisterna? Ieri un’agenzia ha perfino diffuso la notizia che qualcuno era pure entrato in quel pozzo, ma non aveva visto i due corpicini. Se così fosse, sarebbe una perla da fare il paio con quella famigerata del covo delle Brigate rosse al tempo del sequestro Moro, quando alcuni agenti suonarono al campanello dell’appartamento dei rapitori – in via Gradoli – ma poi se ne andarono perché nessuno era venuto ad aprire la porta. Ma quella è una storia che forse cela chissà quali misteri, e quindi lasciamo perdere.

Però forse tanti misteri, tanti gialli, tanti enigmi che danno da lavorare a legioni di dietrologi, di complottologi e di pistaroli di professione, sono in realtà non dei misteri, non dei gialli, non degli enigmi ma solo la conseguenza della sciatteria con la quale spesso si lavora in Italia, preoccupati più di timbrare il cartellino e aspettare il 27 che di far bene il proprio mestiere.

A Garlasco dicono che un maresciallo scivolò su una chiazza di sangue sul pavimento della villetta della povera Chiara, mandando a carte quarantotto i rilevamenti della scientifica; e che un magistrato condusse le indagini part time dividendosi tra Roma e il paese del delitto. Non si sa se siano leggende metropolitane, è però un fatto che ci si dimenticò perfino di verificare se l’assassino aveva lasciato impronte sulla ragazza, e si dovette riesumare il cadavere dal camposanto per rimediare. A Cogne i Ris arrivarono con le loro attrezzature da Archimede Pitagorico quando ormai la frittata era fatta: prima di loro, era passato Paperoga.

E per stare in Puglia. Nel 1999 due rom furono arrestati per aver venduto per otto milioni la loro bambina – Mirabela, di 7 anni – a un’altra famiglia. Ma la piccola invece non solo non era stata venduta, ma era stata uccisa, e il cadavere era lì a 200 (duecento!) metri dal punto della scomparsa, e fu trovato cinque mesi e mezzo dopo. Gli assassini? Mai trovati, anche perché mai cercati.

E così, tra ispettori Clouseau e magistrati che non interrogano subito il principale indiziato perché devono allattare (è successo anche questo) vanno avanti tante indagini all’italiana, che alimentano speciali-tg e talk-show, e che invece starebbero a pennello in un film di Alberto Sordi.

Il Giornale n. 49 del 27 febbraio 2008

 

Il giudice paghi i suoi errori

di Michele Brambilla

È vero che siamo abituati a vederne di tutti i colori: ma certe decisioni della magistratura ci farebbero venire il dubbio, se non stessimo assistendo a delle tragedie, di essere su «Scherzi a parte».

Prendiamo ad esempio il caso di Gravina. Quando il giudice ha ordinato l’arresto del padre di Ciccio e Tore, per motivare la sua convinzione che i due piccoli non potevano essere spariti per disgrazia (ipotesi che invece ora appare la più probabile), ha scritto: «Resta il fatto insuperabile che Gravina di Puglia non è un comune di alta montagna, con crepacci, burroni e slavine pronti a seppellire per sempre i corpi dei malcapitati». Peccato che un luogo adatto a seppellire i corpi c’era, ed era lì a un palmo di naso. Ma non solo: basta aprire un vocabolario – o anche solo digitare su Internet, se proprio non si ha voglia di alzarsi dalla seggiola – per vedere che alla voce «gravina» si legge: «Profondo crepaccio eroso in terreni calcarei; ve ne sono in Puglia e in Lucania». Può un magistrato che lavora in Puglia non sapere che Gravina si chiama Gravina proprio perché pieno di gravine? Insomma era possibilissimo che i due fossero scomparsi per disgrazia. Eppure il magistrato l’ha escluso a priori e ha messo in galera il padre per omicidio. Per lui, c’era un fatto «insuperabile».

Di «insuperabile» sembra esserci invece la tranquillità con cui si possono prendere le decisioni più assurde senza timore di pagarne il dazio. Ieri, altro esempio, è stato scarcerato il figlio di Totò Riina, Salvuccio, condannato in appello a 8 anni e 10 mesi per mafia. «Scadenza dei termini di custodia cautelare», è stata la motivazione. «La Cassazione ha applicato la legge», ha commentato il presidente dell’Associazione Magistrati. Certo: i termini erano scaduti. Ma chi non ha chiuso il processo in tempo, se non i magistrati?

Anni fa un sostituto procuratore del tribunale dei minori di Milano accusò un povero papà di avere sodomizzato la figlia di due anni, che invece aveva un cancro al retto, del quale morì. Ma quel magistrato fu promosso per anzianità e, da sostituto che era, divenne capo del suo ufficio.

Certo: in tutti i lavori c’è gente che sbaglia, più o meno colpevolmente. Ma chi sbaglia di solito paga: ovunque, tranne che in magistratura, un mondo che vive di autocontrollo, un mondo dove non c’è distinzione di carriera tra persone meritevoli e incapaci. Qualche tempo fa il professor Pietro Ichino, che ora si candida con Veltroni, ha meritoriamente introdotto il tema dei «fannulloni» nella pubblica amministrazione. È tempo che la questione venga estesa alla magistratura. Difficile che il Pd riesca a convincere il suo alleato Di Pietro a seguirlo su questa strada. Ma è una strada che è indispensabile percorrere: non per un interesse di destra o di sinistra, ma per la sicurezza di tutti gli italiani.

Il Giornale  29 febbraio 2008