Genova, è morta la donna in coma.
L’annuncio della conclusione di questa dolorosa vicenda è giunto nel primo pomeriggio dalla direzione sanitaria dell’ospedale San Martino Colta da malore durante le festività natalizie.
Poche ore prima aveva abortito il feto.
Le condizioni della paziente si sono improvvisamente aggravate nella giornata di domenica. L’epilogo la notte scorsa: prima ha perso il bimbo (nato morto), poi si è spenta.
Da Genova Dino Frambati
Una giovane madre morta e un bambino mai nato. È l’epilogo peggiore quello che la natura ha riservato ieri alla donna in coma irreversibile a causa di un’emorragia cerebrale che l’aveva colpita il 2 gennaio, quando era in vacanza con il marito a Sanremo, e si trovava alla 17esima settimana di gravidanza. Per la donna, madre di un altro figlio di 4 anni, la vita è finita ieri mattina alle 9 all’ospedale San Martino di Genova, quando il suo cuore ha ceduto. Sei ore e mezzo prima era stata invece la creatura che teneva in grembo a terminare l’esistenza appena cominciata: la signora infatti ha avuto un parto spontaneo del feto privo di vita. Per dare al bimbo un minimo di speranza di sopravvivere, la gravidanza avrebbe infatti dovuto protrarsi ancora un mese.
«Ha deciso la natura, che è stata suprema rispetto a considerazioni di carattere giuridico, bioetico e medico-legale», ha detto ieri pomeriggio, incontrando i giornalisti, il direttore sanitario del San Martino, Paolo Elia Capra. Che ha ammesso come, «pur essendo nel terzo millennio, biologia e medicina non sono scienze esatte ed esistono cose non prevedibili». Capra ha poi spiegato come il percorso clinico della donna sia andato avanti in maniera lineare fino a un certo punto, dopo il quale il fisico della biellese incinta, ha avuto un lento e inesorabile declino. E l’aborto, ha proseguito il medico, è stato una conseguenza della degenerazione clinica, tant’è vero che la salma della trentaseienne non sarà neppure sottoposta ad autopsia.
Il direttore sanitario ha quindi assicurato che la paziente, dopo l’aborto, è stata assistita con la dovuta cura, soprattutto sotto l’aspetto respiratorio, garantendo che la morte è giunta naturalmente, che non è stata staccata nessuna macchina. E a chi gli ha chiesto se i soccorsi subito dopo essere stata colpita da emorragia siano stati adeguati, ha risposto di non essere a conoscenza di quanto avvenuto prima che la malata venisse trasferita all’ospedale genovese. « Qui – ha sottolineato – abbiamo fatto tutto secondo scienza e coscienza».
Dopo essersi sentita male la donna era stata trasportata in ospedale a Sanremo, da dove però i medici, constatata la gravità della situazione, avevano immediatamente disposto il trasferimento, avvenuto in elicottero, nel più attrezzato ospedale di Genova. Da allora era iniziato il calvario per lei e la famiglia, ma si era soprattutto aperto il delicatissimo caso medico e morale: la donna viveva esclusivamente con l’ausilio delle macchine. Il Comitato Etico dell’ospedale aveva stabilito come la famiglia dovesse essere dettagliatamente e precisamente informata della situazione fisica della paziente e quindi spettasse a questa decidere: staccare le macchine nel momento in cui la donna fosse stata giudicata clinicamente morta, facendo finire, di fatto, anche la vita del bimbo che aveva dentro di sé. Oppure lasciarla in vita, nel tentativo di farle raggiungere il termine minimo per tentare il parto e per il quale sarebbe occorso ancora un mese circa, facendo nascere un bambino che non avrebbe comunque avuto moltissime possibilità di sopravvivenza e con lo spettro di qualche handicap. Ma comunque una vita da difendere ad ogni costo e con la possibilità di riuscire a salvarla. Come avvenuto, proprio a Genova sei anni fa, quando nacque un bimbo da una donna in coma, poi deceduta. È oggi sta bene.
Sul caso della signora di Biella, nei giorni scorsi, ci sono state molte prese di posizione. Da ricordare quella del cardinale Tarcisio Bertone, arcivescovo del capoluogo ligure che aveva auspicato una decisone della famiglia «nella direzione della vita, che è al primo posto». E aveva aggiunto: «E la vita di un bimbo che sta per nascere continua la vita della mamma». Sulla medesima linea le dichiarazioni del ministro della Salute, Girolamo Sirchia, che aveva sostenuto come fosse giusto mantenere in vita il più a lungo possibile la donna, con lo scopo di far nascere il bimbo. Ieri invece la fine di tutto, con una situazione che non pone più ai parenti la necessità di decidere sul nascituro. I funerali si svolgeranno domani, in forma privata, presso la parrocchia del quartiere Riva, a Biella, dove vive la famiglia.
Avvenire 01/02/2005