TESTAMENTO BIOLOGICO LEGALE
L’anticamera dell’eutanasia
I rischi di una legalizzazione del testamento biologico sono imprevedibili: infatti la garanzia che non si faccia accanimento non la dà una legge, ma l’esistenza di un soggetto (il medico e l’infermiere) che rispetti il malato…
Con l’appello di Welby al presidente della Repubblica, si è fatto riferimento più volte al termine eutanasia; in seguito i politici hanno espresso quasi unanimemente parere negativo circa l’ipotesi dell’introduzione della “dolce morte” in Italia; in contemporanea hanno dichiarato che il momento è maturo per la discussione in Parlamento dei disegni di legge riguardanti il testamento biologico. La cosa non ci lascia tranquilli. Viene fatta (in via teorica) chiara distinzione tra eutanasia e testamento biologico. Ma non viene tenuta presente l’esperienza di altri Paesi europei, in cui l’introduzione del testamento ha costantemente preceduto la successiva introduzione dell’eutanasia stessa. Al nostro Parlamento sono stati presentati da tempo 8 disegni di legge, alcuni dei quali, mentre trattano di testamento biologico, introducono anche la depenalizzazione della “dolce morte”, che altro non è se non la legalizzazione dell’eutanasia; altri introducono l’obbligatorietà del testamento. Questa deriva etica è già evidente, senza remore, su certa stampa. Un altro aspetto preoccupante del dibattito sul testamento biologico è il ruolo decisionale che potrebbe assumere la volontà del paziente in fase critica, pericolosissimo se dovesse divenire vincolante per l’operatore sanitario che lo assiste, per la confusione di ruoli che esso genera e per la spinta verso la legalizzazione dell’abbandono terapeutico. Il malato in genere teme molto più l’abbandono terapeutico che l’accanimento. A questo punto una domanda sorge legittima. Ci sono già disposizioni, non vincolanti, sul testamento biologico e ci sono già definizioni chiare su ciò che è cura proporzionata e ciò che è accanimento: dunque perché una legge? Questo è il punto che vogliamo discutere, non la necessità di evitare l’accanimento; anche noi siamo per la somministrazione di cure proporzionate al paziente, per evitare sofferenze inutili. Ma perché una legge? I rischi di una legalizzazione del testamento biologico sono imprevedibili: infatti la garanzia che non si faccia accanimento non la dà una legge, ma l’esistenza di un soggetto (il medico e l’infermiere) che rispetti il malato, che gli sappia dare cure adeguate. Se si introduce una legge perché si ritiene che questo soggetto sia inesistente o confuso, non in grado di fermarsi di fronte alla possibilità dell’accanimento, va costruito nel tempo il soggetto, non creata una legge che diviene tanto più pericolosa in quanto arma la mano dell’operatore (il “non” soggetto) verso l’abbandono terapeutico ora, e poi, forse, verso l’eutanasia.
Questo è il lavoro da fare, che può richiedere anni: ricostruire il soggetto.
Si deve lavorare per questo.
di Clementina Isimbaldi*
*medico di Medicina e Persona
LIBERO 4 ottobre 2006