BELGIO ALLO SFASCIO
GRAZIE AI LAICISTI, AGLI ISLAMICI
E AI «CRISTIANI ADULTI»
1) Una legge toglierà ogni limite alla libera manipolazione degli embrioni
2) E ora si teme il “partito islamico”
3) In Belgio via crocifissi e opere d’arte cristiane
1)
Una legge toglierà ogni limite alla libera manipolazione degli embrioni
La Camera approva, i deputati cristiani si astengono
Fecondazione assistita anche eterologa, fruibile pure a coppie omosessuali e a single. Inseminazione e impianto di embrioni criocongelati permessi anche quando il titolare dei gameti è già morto. Nessun limite alla diagnosi preimpianto per individuare possibili malattie genetiche. Garanzia criptoeugenista che le caratteristiche fisiche del nascituro frutto di donazione eterologa di gameti o di embrione coincideranno con quelle dei genitori. Anonimato garantito, obbligatorio e inderogabile per le donazioni di embrioni. Libera disponibilità degli embrioni soprannumerari, che potranno a scelta essere donati per fecondazioni eterologhe, destinati alla ricerca o semplicemente distrutti. Non fosse per l’articolo 5, che stabilisce che «i centri per la fecondazione hanno la libertà di invocare la clausola di coscienza riguardo alle richieste che sono loro indirizzate», la legge belga relativa alla procreazione assistita e alla destinazione degli embrioni soprannumerari e dei gameti (sperma e uova) approvata in via definitiva il 15 marzo sarebbe probabilmente la più liberal del mondo. Due anni di discussioni parlamentari hanno fruttato ben pochi paletti. Mettiamoci pure il limite dei 45 anni per le donne che effettuano donazioni di gameti femminili e di 47 anni per quelle a cui vengono impiantati embrioni. Nient’altro limita quella che il deputato Philippe Monfils ha definito «l’autonomia della persona umana». Yvan Mayeur, relatore socialista della legge, ne ha enunciato l’impianto ideologico in aperta polemica con la Chiesa cattolica. Quest’ultima, con un comunicato dei vescovi del giugno 2006, aveva espresso un giudizio fortemente critico sulla norma in discussione: «In questa proposta di legge l’embrione non è considerato come un fine in sé. È trattato come un mezzo destinato a realizzare il desiderio di un figlio. Cosa importa che questo figlio “fabbricato” dalla scienza sia un orfano biologico? Importa prima di tutto che corrisponda al meglio al progetto parentale a geometria variabile del suo o dei suoi genitori legali». Mayeur ha reagito all’arguzia dei vescovi sul “progetto parentale a geometra variabile” irridendo la famiglia tradizionale e dichiarandola moribonda. «L’immagine idilliaca della famiglia tradizionale che ci si vorrebbe proporre – ha dichiarato durante il dibattito alla Camera – è tanto lontana dall’esperienza degli psicoterapeuti infantili quanto l’immagine demonizzata che trasparirebbe in tutte le altre famiglie: divorziate, ricomposte, omosessuali o sorte dalla donazione di gameti anonimi. Tutte queste oggi sono probabilmente più numerose in Belgio della famiglia classica alla quale si fa riferimento». Poi li ha bacchettati sulla questione dell'”orfano biologico” in nome della visione moderna del mondo che anima la legge, visione secondo cui il dato di realtà non ha in sé nulla di normativo, tutto dipendendo dalla volontà umana e dal suo potere: «Per quanto riguarda le fondamenta della morale sociale e del diritto bisogna basarsi sul biologico stretto, cioè sulla legge del sangue, o sulla responsabilità personale, sul “coscienziale”? Tutta la cultura passata è consistita nell’ascoltare il sangue e nel non tenere conto di ciò che l’uomo ha deciso». Perciò se una coppia mette per iscritto la volontà di praticare un’inseminazione o un impianto di embrione congelato anche dopo la morte di uno dei partner, la legge glielo permetterà per rispettare la loro libera decisione, ponendo solo dei paletti quanto alla tempistica: non prima di sei mesi (il tempo di elaborare il lutto), non dopo i due anni (quando la qualità del materiale biologico diventa scadente).
Dallo stesso principio discende la legittimazione del ricorso alla fecondazione assistita da parte delle coppie omosessuali: «In questo ambito non ci si può limitare alle mezze misure», spiega Mayeur. «Si accetta sempre più facilmente l’unione di due persone dello stesso sesso, dunque non si può rifiutare loro l’adozione e, aggiungo, non si può rifiutare la fecondazione assistita. Non siamo più strettamente nei legami di sangue ma nelle scelte di individui responsabili, capaci come gli altri di assumersi la responsabilità di crescere dei figli». E al deputato Veronique Salvi del Cdh (ex democristiani) – che con un emendamento chiedeva l’abolizione dell’anonimato previsto dalla legge per la donazione di embrioni soprannumerari in quanto violazione dell’articolo 7 della Convenzione dei diritti del bambino, dove si afferma il diritto dei piccoli a conoscere i genitori – Mayeur ha risposto: «I donatori di gameti non sono genitori. Compiono un atto di solidarietà nei confronti di persone che hanno un progetto genitoriale, facendo di questi ultimi i genitori del figlio che mettono al mondo».
SE SONO MALATI, SOPPRIMETELI PURE
Ma i due veri buchi neri della legge riguardano la definizione degli aventi diritto alla fecondazione assistita e la liceità della diagnosi preimpianto degli embrioni. «Non c’è alcun articolo che stabilisce chi abbia e chi non abbia diritto alla procreazione assistita», spiega a Tempi la senatrice del Cdh Clotilde Nyssens. «La maggioranza liberal-socialista ha deciso di non indicare nulla nell’articolo 1, se non che possono rivolgersi ai centri di fecondazione tutti coloro che hanno un “progetto genitoriale”. Poi saranno i centri a decidere autonomamente quali domande accettare». In teoria, dunque, anche una coppia feconda può ricorre alla fecondazione assistita. Magari per acquisire il diritto alla fecondazione post-mortem. Quanto poi alla diagnosi preimpianto, la legge enuncia solennemente che non può essere effettuata a scopi eugenetici o per selezionare il sesso del nascituro. Ma dell’eugenetica trattiene una definizione molto stretta: «La selezione o l’amplificazione di caratteristiche genetiche non patologiche della specie umana» (artt. 23 e 67). Eliminare embrioni potenziali portatori di malattie non è considerato eugenismo. Come pure non è considerata pratica eugenetica l'”accoppiamento” delle caratteristiche fisiche del donatore di gameti o embrioni con quelle del ricevente su base di somiglianza. In parole povere, una donna alta e bionda potrà vantare il suo diritto ad avere un figlio alto e biondo, e far scartare l’embrione che potrebbe essere basso e moro. Inoltre la legge non indica per quali patologie sia legittima la diagnosi. «Ho presentato un emendamento – spiega la Nyssens – che avrebbe consentito la diagnosi pre-impianto “unicamente per individuare una malattia genetica di particolare gravità, incurabile al momento della diagnosi e che è stata precedentemente identificata presso uno degli autori del progetto genitoriale; la diagnosi non può avere per oggetto che la ricerca di questa patologia”. È stato respinto dicendo che bisognava fidarsi delle decisioni autonome dei centri per la fertilità».
LA CONFUSIONE DEGLI EX DICCÌ
«Tutto discende – dice a Tempi Jean-Christophe Andre-Dumont, presidente di JuriVie, associazione di giuristi pro-life – dalla definizione dell’embrione che la legge propone: “Cellula o insieme di cellule suscettibili, sviluppandosi, di dare un essere umano”. Questa visione utilitarista e strumentale della vita umana è messa al servizio di una sorta di “accanimento procreativo”. C’è infertilità ? Non c’è un padre? Oppure il padre è morto? Cosa importa, la scienza può aggirare questi ostacoli, perciò si può fare. Così il figlio diventa un diritto ed è ridotto ad essere l’oggetto di un “progetto genitoriale” che a sua volta è oggetto di una convenzione modificabile. Tale convenzione, sottoscritta prima di effettuare la fecondazione assistita, deve stabilire quale sarà la sorte degli embrioni in caso di separazione successiva della coppia. Il figlio è trattato come un bene mobile o immobile facente parte del patrimonio comune».
Uno degli aspetti paradossali della vicenda è che i due partiti di ispirazione cristiana presenti in parlamento, il francofono Cdh e il fiammingo Cd&V, non hanno votato contro il provvedimento, ma si sono limitati all’astensione. «Devo essere onesta», spiega un po’ imbarazzata Clotilde Nyssens. «Nel mio partito, come nell’omologo fiammingo, ci sono sensibilità diverse su questa materia. Quando, per esempio, abbiamo presentato emendamenti contro l’anonimato della donazione, abbiamo scoperto che molti non erano d’accordo. Io stessa non ho una posizione netta sulla questione della fecondazione eterologa: in Belgio è largamente praticata, non credo che una legge possa decidere di vietarla. Un’altra ragione è che abbiamo voluto segnalare che il nostro partito non è contrario alla fecondazione assistita in quanto tale. In Belgio ci sono gruppi di pressione di destra “vaticana” che volevano la bocciatura completa della legge, e noi ci siamo voluti distinguere da loro».
di Casadei Rodolfo
Tempi num.13 del 29/03/2007
2)
E ora si teme il “partito islamico”
L’introduzione del vincolo di mandato per i consiglieri comunali: potrebbe essere questa una delle sensazionali conseguenze dei risultati delle elezioni comunali dell’ottobre scorso in Belgio. Per adesso è soltanto un argomento per discorsi al bar, ma questi discorsi stanno correndo in tutti i principali partiti, compreso quello del presidente della regione di Bruxelles capitale, il socialista Charles Picqué. Il problema nasce dal fatto che le recenti leggi sull’acquisizione della nazionalità belga e sulla concessione del voto amministrativo agli stranieri hanno prodotto un boom di eletti di origine straniera, in particolare marocchini e turchi, nelle liste dei principali partiti. L’eventualità che essi si colleghino fra loro e diano vita a maggioranze trasversali e alternative su base etnica e/o religiosa è tutt’altro che remota, anche in forza del fatto che spesso la lealtà ideologica degli eletti stranieri alla lista con cui si sono presentati è tutta da dimostrare, come spiegato da questo giornale la settimana scorsa.
La legge sul voto degli stranieri alle amministrative ha stabilito che hanno diritto all’elettorato attivo (non a quello passivo) tutti coloro che risiedono in Belgio da almeno 5 anni, la riforma dell’articolo 19 del codice di nazionalità ha stabilito che bastano tre anni di residenza (due nel caso dei rifugiati) per essere naturalizzati belgi. Gli effetti, nei comuni della grande Bruxelles, sono palpabili. A Schaerbeek, dove i votanti sono passati da 41 mila a 51 mila, dei 22 eletti della lista civica di centro 9 sono stranieri, e anche dei 13 eletti della lista socialista 9 sono stranieri (6 marocchini e 3 turchi). A Bruxelles centro, dove i votanti sono passati da 54 mila a 64 mila, 11 eletti su 17 della lista socialista sono musulmani (turchi e marocchini), e così pure 3 su 10 di quella democristiana (Cdh). A Moelenbeek, dove i votanti sono passati da 28 mila a 34 mila, 11 eletti su 19 della vincente lista socialista sono musulmani, ma ce ne sono altri 4 nella lista liberale seconda classificata. A Saint-Josse il caso più clamoroso: 10 eletti su 16 della vincente lista socialista e 3 su 5 della Cdh, seconda classificata, sono musulmani.
Tempi num.13 del 29/03/2007
3)
In Belgio via crocifissi e opere d’arte cristiane
Nel Belgio francofono stanno per scomparire i crocifissi e le opere d’arte, purché siano cristiane. A deciderlo è un iconoclasta ministro regionale vallone degli Interni, Philippe Courard, che il 2 marzo scorso ha spedito a tutti i consiglieri provinciali, comunali e alle autorità pubbliche locali, un circolare in cui chiede di rimuovere i «simboli religiosi negli edifici delle amministrazioni locali e specialmente in certe sale del consiglio comunale». Tutto ciò che evoca la fede deve essere cancellato. Tranne la sua fede socialista, che lo ha portato a fare carriera politica, tutto il resto lo considera non solo superato, ma addirittura in grado di «choccare le convinzioni dei nostri concittadini, ma anche dei membri del personale di queste entità». Perciò, allo scopo di «dare un’immagine di assoluta neutralità in materia di convinzione religiosa, filosofica o morale», in linea con «l’evoluzione delle mentalità e, in generale, della società belga», elenca le regole da applicare. Un totale di cinque comandamenti laici, un pentalogo, per non confondersi con l’odiato decalogo. Nelle costruzioni nuove, non si metteranno simboli di sorta. In quelle esistenti, in via di principio, dovranno essere tolti. Potranno essere sostituiti da immagini della famiglia reale. Fanno eccezione i monumenti storici, se hanno relazione con il luogo. Ma, anche se sono opere d’arte, possono essere oggetto di contestazione, motivo sufficiente per toglierle di mezzo.
LIBERO 29 marzo 2007