«Sudditanza al laicismo, ora basta»
di Stefano Zurlo
(C) Il Giornale, lunedì 13 agosto 2007
(C) Il Giornale, lunedì 13 agosto 2007
Articoli su articoli, dissertazioni sullo spinosissimo tema della pedofilia, balbettii autocritici da parte di autorevoli tonache.
Il caso Gelmini sembra mostrare il lato debole della Chiesa italiana e ripropone un quesito ricorrente: c’è in Italia una cultura laicista che sfrutta tutte le occasioni per mettere in difficoltà il già fragile popolo di Dio?
Il caso Gelmini sembra mostrare il lato debole della Chiesa italiana e ripropone un quesito ricorrente: c’è in Italia una cultura laicista che sfrutta tutte le occasioni per mettere in difficoltà il già fragile popolo di Dio?
Vittorio Messori, lo scrittore cattolico più noto al mondo, non fa sconti a nessuno: «Noi abbiamo importato dagli Usa l’ossessione per la pedofilia. La Chiesa americana, quella politicamente più corretta, più all’avanguardia, più liberal, ha aperto a tutto: dal sacerdozio delle donne ai preti gay. Risultato: il conformarsi alla logica del mondo ha portato nei seminari tanti omosessuali, che da sempre cercano ambienti maschili come i seminari e le caserme, con relativa, inevitabile esplosione degli scandali. D’altra parte laggiù l’attacco alla Chiesa è diventato un business a colpo sicuro. Molti avvocati invitano i fedeli a denunciare preventivamente i preti, che a differenza dei pastori protestanti hanno alle spalle diocesi ricche: le diocesi, spaventate, pagano anche quando si sa che i sacedoti sono innocenti».
Un meccanismo perverso, a sentire l’autore di Ipotesi su Gesù, che è costato al clero americano cifre stratosferiche.
«Da noi – riprende Messori – il caso don Gelmini dà ovviamente voce ai tanti moralisti laici e laicisti su piazza che colgono l’occasione per puntare il dito contro la Chiesa cattolica. Ma questo credo sia normale».
Nessun complotto, dunque.
«Piuttosto, – riprende Messori – come mai la pedofilia emerge con percentuali uguali nelle chiese protestanti dove tutto è permesso? Invece, qua da noi si parla di don Gelmini e dello scandalo dei preti di Torino per dire che è tutta colpa della Chiesa retriva e conservatrice che impone il celibato. Purtroppo il matrimonio fra i preti non risolve il problema, perché l’ottanta per cento dei casi riguarda pratiche omosessuali».
«Da noi – riprende Messori – il caso don Gelmini dà ovviamente voce ai tanti moralisti laici e laicisti su piazza che colgono l’occasione per puntare il dito contro la Chiesa cattolica. Ma questo credo sia normale».
Nessun complotto, dunque.
«Piuttosto, – riprende Messori – come mai la pedofilia emerge con percentuali uguali nelle chiese protestanti dove tutto è permesso? Invece, qua da noi si parla di don Gelmini e dello scandalo dei preti di Torino per dire che è tutta colpa della Chiesa retriva e conservatrice che impone il celibato. Purtroppo il matrimonio fra i preti non risolve il problema, perché l’ottanta per cento dei casi riguarda pratiche omosessuali».
Forse, il tema di fondo è un altro: la Chiesa deve tornare ad annunciare Cristo, senza se e senza ma come si dice oggi? E forse, quando lo fa, rischia l’emarginazione?
Ruota intorno a questi quesiti la riflessione di don Luigi Negri, vescovo di San Marino: «Io noto che don Gelmini è uno che ci crede. Nel senso che porta la fede fino alle estreme conseguenze sociali e culturali. Per lui la fede non è un fatto privato, personale, ma un modo di affrontare la vita. Questo obiettivamente dà fastidio ad una mentalità laicista che mal digerisce un cristianesimo integrale».
Ma c’è di più; per il vescovo di San Marino c’è un’ala nella Chiesa che si presta a questo gioco distruttivo: «Un conto è il popolo di Dio che ha ben saldi i suoi riferimenti, altra cosa è l’ecclesiasticità che talvolta va in ordine sparso. Tante vicende, anche questa di don Gelmini, dimostrano, al di là delle eventuali responsabilità di don Pierino di cui non so nulla, una subalternità, consapevole o no, di parte dell’ecclesiasticità al pensiero dominante, un desiderio sconfortante di compiacere la cultura laica».
Ruota intorno a questi quesiti la riflessione di don Luigi Negri, vescovo di San Marino: «Io noto che don Gelmini è uno che ci crede. Nel senso che porta la fede fino alle estreme conseguenze sociali e culturali. Per lui la fede non è un fatto privato, personale, ma un modo di affrontare la vita. Questo obiettivamente dà fastidio ad una mentalità laicista che mal digerisce un cristianesimo integrale».
Ma c’è di più; per il vescovo di San Marino c’è un’ala nella Chiesa che si presta a questo gioco distruttivo: «Un conto è il popolo di Dio che ha ben saldi i suoi riferimenti, altra cosa è l’ecclesiasticità che talvolta va in ordine sparso. Tante vicende, anche questa di don Gelmini, dimostrano, al di là delle eventuali responsabilità di don Pierino di cui non so nulla, una subalternità, consapevole o no, di parte dell’ecclesiasticità al pensiero dominante, un desiderio sconfortante di compiacere la cultura laica».
Monsignor Negri non fa nomi, ma certo il retropalco del caso è stato affollato in questi giorni da personalità del mondo ecclesiastico: il cardinal Francesco Marchisano ha invitato don Pierino a farsi da parte in attesa di un chiarimento, don Ciotti si è detto equidistante dal sacerdote e dalle sue presunte vittime, don Mazzi è stato addirittura convocato dalla Procura di Terni come teste dell’accusa.
La vicenda ha provocato contraccolpi anche all’interno del mondo cattolico, anche se in superficie è più difficile leggere i segni di questo conflitto. E allora affiora il disagio, la speranza che tutto finisca in fretta senza altri danni. Come dice Salvatore Nummari, arcivescovo di Cosenza: «Da amico invito don Pierino ad avere fiducia nella magistratura. Senza troppe esternazioni».
La vicenda ha provocato contraccolpi anche all’interno del mondo cattolico, anche se in superficie è più difficile leggere i segni di questo conflitto. E allora affiora il disagio, la speranza che tutto finisca in fretta senza altri danni. Come dice Salvatore Nummari, arcivescovo di Cosenza: «Da amico invito don Pierino ad avere fiducia nella magistratura. Senza troppe esternazioni».