Fini giustifica i mezzi. Intervista… preoccupante

Nuova svolta di Gianfranco Fini: in un’intervista al settimanale L’Espresso il presidente di An spiazza la base del suo partito. Secondo Fini, anche se la maggioranza degli italiani sceglie la famiglia tradizionale, «non si può ignorare la realtà: serve una tutela per le unioni, anche gay». E sul Corano Fini dice che «deve poter essere studiato a scuola». Uno strappo che divide gli intellettuali di destra.


COPPIE GAY E ISLAM, LA NUOVA STERZATA DI FINI


Dopo le forti delusioni sulle staminali offerteci dalla Binetti & C. , dopo l’incomprensibile assenza di Casini alla più grande manifestazione di protesta popolare civile tenutasi a Roma contro il governo dei «Prodi Lanzichenecchi», dopo che «il Berlusca» annuncia la fondazione di una università liberal dove tra i professori ci saranno anche Bill Gates, Bill Clinton e Gorbaciov, adesso si aggiunge il «Fini che giustifica i mezzi»…
Oggi è il 60º anniversario della nascita dei Don Camillo e Peppone di Giovannino Guareschi. Una data più che opportuna per incominciare una resistenza decisa contro l’egemonia del nulla o meglio del vuotume…
Auspichiamo una «nuova insorgenza», quella pacifica e decisa, degli «uomini liberi» del Mondo Piccolo che si oppongano ai «Trinariciuti multicolori»!


 

Fini giustifica i mezzi
Subito la Federazione con Forza Italia e Lega. E magari liste uniche già alle Europee. Una legge sulle coppie di fatto valida anche per i gay. Parola di leader. Colloquio con Gianfranco Fini 


Nel 2007 festeggia i vent’anni alla guida della destra italiana: dal congresso del Msi di Sorrento all’insegna del fascismo Duemila al viaggio a Gerusalemme. “E già: il mio ventennio”, scherza Gianfranco Fini: “E trattandosi di ventennio è meglio ricordare che ci sono sempre state le elezioni…”. Per festeggiare si è dotato di una fondazione, con nome avveniristico: Fare Futuro. Ma non è l’embrione del super-partito di Fini che va oltre An, di cui si parla da anni.”Sarà il luogo in cui elaborare strategie più culturali che politiche tra coloro che si riconoscono nei nostri valori e difficilmente entrerebbero in un partito: personalità della cultura, dell’impresa, dell’università. Anche per contrastare la cosiddetta egemonia della sinistra, più dichiarata che reale: la pretesa di dare la patente alle élite intellettuali”.
In piazza San Giovanni lei ha stretto un patto pubblico con Berlusconi e Bossi. L’anticamera del nuovo soggetto politico?
“C’è in Italia un popolo delle libertà che si è materializzato nella manifestazione di Roma, ma che esiste da tempo. I due schieramenti godono di largo consenso: l’Italia di Berlusconi e quella di Prodi, sempre più minoritaria. Mi auguro che il bipolarismo sia irreversibile. Si può ragionare in modo restauratore, da prima Repubblica, quando si chiedevano i voti per il partito e le alleanze si facevano in Parlamento, noi siamo bipolaristi: lavoriamo non per frammentare, ma per unire. Il popolo delle libertà ha ora bisogno di un’organizzazione: la risposta è la Federazione”.
Sarà il partito unico del centrodestra?
“No: la Federazione non è la fine dei partiti, il tutti a casa. È il primo passo per evidenziare ciò che unisce. Dobbiamo passare da un’alleanza politico-elettorale a un soggetto che abbia valori e principi comuni. E regole di funzionamento: ho una serie di ipotesi di cui parlerò col mio e con gli altri partiti. Una volta definite le regole, saranno sottoposte all’approvazione dei partiti”.
Chiederà il via libera al congresso di An?
“Lo escludo: il congresso chiesto da Storace rischia di incrociarsi con tre appuntamenti che non dipendono solo dalla nostra volontà. Il 2007 è l’anno in cui si archivia Prodi, in cui si decide se si fa la riforma elettorale in Parlamento o se si va al referendum, in cui mi auguro parta la federazione. Riuniremo più spesso l’assemblea di An, il nostro parlamentino”.
Alle elezioni europee del 2009 Forza Italia, Lega e An si presenteranno con una sola lista?
“Non è un’ipotesi da dare per scontata, ma neppure da escludere a priori. Può essere la conseguenza di una nuova evoluzione del sistema bipolare: se passa una legge elettorale che rafforza il bipolarismo, con o senza referendum, se la nostra federazione decolla, se dall’altra parte c’è il Partito democratico. Ma le liste sono un mezzo, ora dobbiamo sottolineare il progetto”.
Federazione anche per il dopo-Berlusconi?
“Non è questa l’intenzione. Ci saranno regole per scegliere insieme i candidati alle amministrative e per le decisioni politiche, facendo tesoro degli errori del passato, quando non sempre era chiaro chi assumeva le decisioni politiche e come”.
Berlusconi sarà ancora il candidato premier?
“Perché no? Quella sulla leadership è una discussione profondamente sbagliata. L’elemento che tiene in piedi il moribondo, il governo Prodi, è l’anti-berlusconismo. È il loro unico mastice: che senso ha che anche nel centrodestra ci mettiamo a parlare del dopo-Berlusconi?”.
Semplice, direbbe Casini: per togliere il mastice al centrosinistra.
“Se anche noi mettiamo in discussione il ruolo di Berlusconi facciamo un regalo agli avversari. È puro autolesionismo”.
Vent’anni alla guida della destra. Guardando indietro, è facile dire di cosa è orgoglioso, il governo. Ha qualche rimpianto?
“Personalmente nessuno. L’errore più grave fu quando, nel ’96, convinti di avere il vento in poppa, bocciammo il tentativo del governo Maccanico. Abbiamo agito in una logica di partito e non di coalizione e abbiamo sbagliato: con il massimo storico di An, quasi il 16 per cento, siamo rimasti cinque anni all’opposizione. Un discorso attuale”.
Se cade Prodi appoggerete un governo tecnico?
“Prodi è come una piuma, è debolissimo, ma basta un sospiro e si rialza da terra. È già al termine della sua stagione. Si regge sulla mancanza di alternative: cadrà solo quando sarà pronta una soluzione alternativa”.
Si stanno celebrando i 60 anni del Msi. Escono libri di successo, ricostruzioni… Solo lei non partecipa al revival. Non si sente più parte di quella storia?
“Al contrario: sono stato l’ultimo segretario del Msi. Il Msi ha rappresentato una pagina importante della politica italiana. Trovo molto positivo che venga letta da storici, giornalisti e osservatori con la lente dell’onestà intellettuale. Quando mi sono assunto la responsabilità di dire: ‘Usciamo dalla casa del padre con la certezza che non vi faremo ritorno’, in cuor mio auspicavo quello che sta accadendo. Tutto ciò che era negato quando il Msi c’era, che non eravamo una banda di criminali e avevamo una classe dirigente di prima qualità, viene ora scoperto da altri come se fosse una verità rivoluzionaria. Una grande soddisfazione”.
C’è chi dice che lei strappo dopo strappo ha subito una mutazione esistenziale, è un’altra persona, frequenta altri amici…
“Conosce qualcuno che dopo vent’anni è uguale a se stesso? In questi decenni la società è cambiata più che nei due secoli precedenti, tutte le persone mutano e c’è chi si meraviglia se sono cambiato io? Quanto vi piacerebbe la destra di vent’anni fa: immobile”.
Piacerebbe anche a molti di An…
“Guardi, la destra caricatura di se stessa era una delle cose che più faceva arrabbiare Giorgio Almirante. Ci ripeteva sempre: noi non siamo come veniamo dipinti”.
Sono anche trent’anni da quando arrivò alla guida dei giovani missini. Il ’77, gli anni di piombo. Cosa pensa oggi di quel periodo?
“Mi dà fastidio quando si tende a magnificarlo: la meglio gioventù, quanto erano fichi quei ragazzi… In realtà, incombeva la tragedia, c’era l’odio. Una guerra civile strisciante. C’è ancora qualcuno che ha nostalgia della contrapposizione, del nemico, dell”uccidere un fascista non è un reato’ o del ‘non parlare con il comunista’, la nostalgia dell’odio. La più grande lezione la diede Almirante quando, senza scorta, andò a Botteghe Oscure e si mise in fila per rendere omaggio alla salma di Berlinguer. Almirante che diceva: per i terroristi pena di morte, per i terroristi di destra doppia pena di morte”.
Quanto pesa la guerra civile strisciante sulla politica italiana?
“Per chiudere quella stagione bisogna essere coscienti che c’è stata. C’è molta più attenzione per la sorte degli ex terroristi che per i parenti delle vittime. Si ipotizza il francobollo per Pinelli mentre la fiction della Rai sul commissario Calabresi è ferma da anni. Significa che il superamento degli anni di piombo è stato parziale. L’ombra del giustificazionismo c’è sempre”.
Alla manifestazione della Cdl alcuni giovani distribuivano volantini per affermare l’innocenza di Mambro e Fioravanti nella strage di Bologna. Lei prenderebbe le distanze da questa azione?
“No, perché chiedere la verità sulla strage è legittimo. C’è una verità giudiziaria, ma in molti si chiedono se corrisponda alla verità fattuale, anche in ambienti lontani dalla destra. Il dubbio c’è, ed è fondato”.
Sulla strage c’è una sentenza definitiva. Secondo il suo ragionamento anche Sofri fa bene a dirsi innocente su Calabresi.
“Certamente. In entrambi i casi, delitto Calabresi e strage di Bologna, c’è una verità giudiziaria che va rispettata. Ma quante volte si rivela diversa da quello che veramente è accaduto”.
Torniamo all’oggi. Cosa farà la sua destra moderna sulle coppie di fatto?
“Premesso che il diritto naturale e la Costituzione dicono che l’unica famiglia è quella fondata sul matrimonio, dobbiamo necessariamente prendere atto che nella nostra società ci sono forme di convivenza e di unione non assimilabili alle famiglie. La grande maggioranza degli italiani costruisce una famiglia, ma solo un ottuso può dire che non esistono altre realtà”.
È una questione privata? O serve una legge?
“Se ci sono diritti o doveri delle persone che non sono tutelati perché fanno parte di un’unione e non di una famiglia servirà un intervento legislativo per rimuovere la disparità. Ma aspetto di vedere se davvero il governo presenterà questo disegno di legge. Ho molti dubbi che riesca a farlo”.
Una legge che vale anche per i gay?
“Naturalmente: quando parlo di persone mi riferisco a tutti”.
Ripeterebbe oggi la frase sull’omosessuale che non può fare il maestro?
“Certamente, perché parlai di omosessualità ostentata. Per un bambino il maestro deve essere una figura serena, equilibrata. La preferenza sessuale è un fatto privato. Direi la stessa cosa di un maestro che in classe si vantasse di essere Rocco Siffredi”.
L’identità del centrodestra deve fondarsi sui valori cristiani, come pensano i teocon?
“L’Italia, come l’Europa, è fortemente permeata dalla tradizione ebraico-cristiana: negarlo significa negare la storia. In Italia i valori della Chiesa sono profondamente radicati. Ma è altrettanto evidente che lo Stato o è laico o non è. Se si affrontano queste questioni con la scimitarra dell’ideologia si va allo scontro tra integralismi e si restituisce voce a un laicismo osceno. O agli estremisti del politicamente corretto”.
Per esempio?
“Ma come si fa a impedire a una classe di cantare gli inni natalizi perché c’è un bambino musulmano? Non posso obbligare quel bimbo a scrivere a Babbo Natale, ma non si può impedire alla società italiana di riconoscersi nelle sue tradizioni”.
Per Daniela Santanché il politicamente corretto è lei. Sull’Islam, sul velo…
“Sono questioni molto complicate, non si possono affrontare come fosse un talk-show… Se il velo è imposto in nome di un’interpretazione integralista della sharia deve essere garantita la libertà della donna. Ma spesso il velo non è mascheramento, è il capo coperto come per tante nostre donne anni fa. Ci vuole coerenza: o arriviamo ai paradossi inglesi e francesi, una legge contro tutti i simboli religiosi, velo compreso, a partire dal crocifisso”.
Vuole introdurre lezioni di Corano nelle scuole?
“Ho detto che anche per un bambino musulmano deve essere possibile conoscere cosa dice la sua religione. Facoltativamente, e nella scuola pubblica italiana: oppure l’alternativa è la scuola di via Quaranta a Milano o l’imam di via Anelli che non predica il Corano, ma una versione sefardita per cui l’Islam è sulla punta della spada. Io sono contro la logica del muro, per cui i musulmani stanno con i musulmani. Il problema è integrare questi ragazzini. Stiamo attenti: maneggiamo nitroglicerina”.
Come giudica il suo successore agli Esteri?
“D’Alema è un serio professionista, un ministro che conosce le questioni, studia. Ma gli contesto una politica squilibrata in Medioriente: temo che siamo tornati alla situazione in cui Italia e Europa erano sempre pronte a sostenere le ragioni sacrosante dei palestinesi, molto meno pronte con le ragioni altrettanto sacrosante di Israele”.
Tra i punti deboli della destra al governo c’è la cultura: poca egemonia e molte poltrone in Rai. Ci penserà la fondazione?
“Dobbiamo essere pronti quando torneremo al governo. E prendere lezione dalle esperienze passate. Non fare come l’altra volta, quando abbiamo ricevuto le corti, i trasformisti, quelli che ci dicevano siamo sempre stati con voi. Ora che siamo all’opposizione vanno individuate energie, capacità, personalità che siano disposte a fare un gioco di squadra. Dobbiamo promuovere la qualità non una presunta fedeltà”.
Con il 2006 finisce l’annus horribilis di An. Il Laziogate, lo scandalo che ha coinvolto il suo ex portavoce. Che lezione ne ha tratto?
“Era troppo ghiotto il boccone, prendere la destra col sorcio in bocca, sono ladri anche loro. Sono passati molti mesi, il tempo è galantuomo. Salvo Sottile è stato colpito dal punto di vista umano, è stato presentato come un mostro, ingiustamente: a suo carico non c’è niente. Sul Laziogate sono il più convinto alleato di Storace nel pretendere la verità. E questo vale molto di più di tutte le polemiche di partito”.


di Marco Damilano

L’Espresso