Egitto amico dell’Occidente? Ma mi faccia il piacere…

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Ma quale amico dell’Occidente: l’Egitto è tirannico e antisemita

Sfatiamo i luoghi comuni…

Da sempre Egitto e Arabia Saudita si contendono la leadership del mondo arabo, male rispettive caratteristiche geopolitiche sono opposte. L’una, infatti, è un vuoto demografico di 23,5 milioni di abitanti sparsi su 2.149.690 chilometri quadrati. L’altro, al contrario, ha oltre 76 milioni di abitanti che in teoria dispongono di 1.001.450 chilometri quadrati, ma che in pratica si ammucchiano su una fascia di verde attorno al Nilo non superiore ai 35.577 kmq. Se l’Arabia Saudita è il Paese da cui la religione islamica ha iniziato a espandersi, è l’Egitto oggi il Paese arabo più popoloso. Ma alle storiche pretese di leadership dell’Egitto manca il supporto di risorse adeguate. Anch’esso ha un po’ di petrolio. Ma non il mare di greggio che permette a Riyad di ricattare l’Occidente. Al contrario, l’economia egiziana dipende da voci per cui i buoni rapporti col mondo ricco sono fondamentali: le rimesse degli emigranti, il turismo, soprattutto l’aiuto diretto americano: 2,1 miliardi annui fissi, più elargizioni straordinarie. È con farina americana che si fanno i due terzi del pane con cui le masse egiziane si riempiono la pancia. Per spuntare di più Nasser aveva cambiato alleanze, ma dopo neanche due decenni di aiuto sovietico il suo successore Sadat capì lo sproposito fatto, e tornò all’ovile. Il figliol prodigo fece anche il grande gesto della pace con Israele. Ma gli estremisti islamici non glielo perdonarono, e il 6 ottobre 1981 un commando lo liquidò con una sventagliata di mitra. Portavoce dei terroristi era al Zawahiri, oggi braccio destro di Osama Bin Laden. Hosni Mubarak, il presidente ora in visita in Italia, era su quella tribuna, e salvò la pelle per un pelo. Se la disavventura di Nasser gli aveva insegnato che a far arrabbiare gli americani ci si rimetteva dal punto di vista finanziario, la fine di Sadat gli aveva in compenso mostrato che far arrabbiare gli integralisti era esiziale dal punto di vista biologico. Tutto il ” moderatismo” egiziano, al fondo, non è che un difficilissimo esercizio di equilibrio tra questi due opposti burroni. L’Egitto mantiene dunque relazioni diplomatiche con Israele, le rispettive polizie hanno rapporti di cooperazione intensi, e l’Egitto è pieno di turisti israeliani, come ha mostrato la strage di Taba. Ma ai quotidiani e alle scuole è vietato indicare Israele in altro modo che come l’Entità Sionista, e sui mass- media l’antisemitismo imperversa. L’Egitto è formalmente una democrazia multipartitica. Il Partito Nazional- Democratico al potere si proclama laico e fa parte dell’Internazionale Socialista. Ma lo stato di assedio entrato in vigore il giorno dell’omicidio di Sadat vige ancora dopo 23 anni, le elezioni sono una farsa in cui il partito di governo prende regolarmente oltre i due terzi dei seggi, e il presidente sta già preparando la successione al potere di suo figlio Gamal, in pretto stile monarchico. Non solo Mubarak ammette che la democrazia egiziana è “vigilata”, ma lo giustifica, per evitare che gli integralisti prendano il potere. Intanto, però, nel 2000 i suoi tribunali se la sono presa col dissidente liberale Saad Eddine Ibrahim, mentre tra 2001 e 2003 hanno infierito su cinquanta omosessuali. Ed è stato pure Mubarak che ha elevato la sharia da ” una delle fonti del diritto” a “fonte del Diritto” tout court. Formalmente la minoranza cristiana ha parità di diritti, e la legge non le vieta neanche il proselitismo. Di fatto, però, se un musulmano si converte al cristianesimo la polizia lo persegue per “falsificazione di documenti”, visto che questi recano indicazione della fede e non possono essere alterati ( salvo se è un non musulmano a passare all’Islam). E se sono invece cristiani a tentare l’evangelizzazione incorrono nel reato di “vilipendio alle credenze religiose altrui”. Al contrario, la polizia mostra in genere scarsa lena nel reprimere le numerose aggressioni degli integralisti islamici contro i cristiani. Dulcis in fundo, i cristiani sono drasticamente sottorappresentanti nelle istanze che contano, dal Parlamento alle Università. Risultato: ufficialmente i cristiani sono 6% della popolazione, ma dalle stime dei propri battezzati la Chiesa Copta arriva fino al 20%. Molti cristiani si fingono infatti musulmani in pubblico, per evitare grane.


di MAURIZIO STEFANINI
Il Foglio 13 ott. 04