Ecco da dove vengono i giocattoli dei nostri bambini…

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Operai cinesi sfruttati per fare i giocattoli di tutto il mondo


Il 75% dei giocattoli di tutto il mondo sono prodotti in Cina. La grande pressione da parte delle imprese estere per contenere i prezzi non aiuta certo gli operai che sono costretti a lavorare per bassi salari e in condizioni non sempre sicure…

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Le bambole Bratz sono costruite in una fabbrica nella Cina meridionale che costringe gli operai a lavorare 94 ore la settimana. Lo denunciano le ong statunitensi China Labor Watch e National Labor Committee che parlano di numerose violazioni della legge, specie in occasione del Natale e dei periodi di maggior richiesta di giocattoli.
La ditta Usa MGA Entertainment Inc. che produce le bambole, risponde che non conosce il sub fornitore indicato nel rapporto e che, comunque, “si serve solo di fabbriche di prima classe”. Sono in corso verifiche anche da parte della Wal-Mart, che con la sua catena di negozi è la maggior rivenditrice della bambola.
Esperti osservano che la Cina per mantenere costi di produzione competitivi deve continuare a disconoscere diritti primari dei lavoratori.
Secondo la Camera di Commercio cinese, il Paese produce il 75% dei giocattoli del mondo. Nel solo Guandong ci sono 5mila delle 8mila fabbriche di giochi , che nei momenti di grande richiesta occupano 1,5 milioni di operai. Nel 2005 la provincia ha coperto il 78% dei 15,2 miliardi di dollari Usa di giocattoli esportati dalla Cina, con un aumento del 10% rispetto al 2004.
La Cina è preferita ad altri Paesi, dove il costo del lavoro è inferiore, perché, osserva Tom Debrowski, vice presidente esecutivo per le operazioni globali della Mattel, offre “infrastrutture molto sviluppate, ingegneri preparati, un eccellente sistema di trasporti e un governo favorevole agli investimenti”.
Ma l’aumento dei salari e i black out energetici, nonché la minore disponibilità di mano d’opera nella zona, rendono sempre meno conveniente tenere qui la produzione. Debrowski osserva che “i salari sono saliti, la disponibilità di mano d’opera è diminuita e continuano ad esserci momenti di scarsità di energia”.
Lo scorso luglio c’è stata la protesta di migliaia di operai della Merton Co. nel Guandong meridionale, che fabbrica giochi in plastica per Disney, Mattel, McDonalds e altre ditte Usa. Secondo China Labor Watch erano pagati 72 dollari al mese per 11 ore di lavoro per 6 giorni settimanali, senza compenso per il lavoro straordinario. La paga minima è aumentata del 20% a settembre ed è ora pari a 88 dollari mensili per 8 ore lavorative e 21 giorni mensili.
Chen Huangman, segretario generale della Associazione del Guandong dei fabbricanti di giocattoli, osserva che “c’è una grande pressione da parte delle imprese estere per contenere i prezzi”. Li Zhuoming, vice presidente dell’Associazione, concorda che i committenti Usa chiedono prezzi non ragionevoli, considerando l’aumento del costo del lavoro. “La Wal-Mart, in particolare, spinge molto sui prezzi, fa importanti ordini [di merci] e ha una larga influenza”.
Apo Leung, direttore dell’Asia Monitor Resource Center di Hong Kong (ong che opera ispezioni sulle condizioni di lavoro), osserva che l’aumento del costo del lavoro e i più elevati standard di sicurezza pretesi dalle ditte occidentali causano “un esodo del lavoro manuale da Shenzhen verso sub appaltatori” in altre zone dove è minore il costo del lavoro. Ma anche, dicono altri esperti, dove le condizioni di lavoro sono peggiori e c’è minor controllo da parte dei committenti esteri.
Debrowski assicura che, dovunque si sposti la produzione, “noi arriveremo e faremo un’ispezione”.


AsiaNews 27/12/2006