Crisi di Governo, la Cei e l’UDC

di Marco Politi, ROMA – Ai dioscuri dell’Udc il segnale della segreteria di Stato vaticana è
giunto forte e chiaro (benchè per vie riservatissime). E suona “No alla crisi”. Casini e Follini lo sanno. Il presidente della Camera, in particolare, è stato regolarmente in questi giorni – e non poteva essere diversamente – al centro di una serie di contatti con le alte gerarchie
ecclesiastiche. E il viatico che giunge da Oltretevere è un invito pressante: «Cautela!».

Tra il Palazzo Apostolico e il quartier generale della Cei sulla circonvallazione Aurelia la sintonia è assoluta. Il cardinal Sodano e il cardinal Ruini marciano di conserva nell’obiettivo di evitare elezioni anticipate e di puntellare il governo di Silvio Berlusconi. Benchè, poi, sui temi concreti – federalismo ed economia – la Chiesa sia disposta a dar ragione all’Udc. Più volte nelle sue prolusioni all’assemblea dei vescovi il cardinale Ruini ha messo in guardia da una devolution che spezzi la solidarietà della compagne nazionale e non c’è bisogno di dire che tra un piccolo ritocco in basso delle tasse e un aumento della spesa sanitaria e sociale di ogni singola famiglia, la gerarchia ecclesiastica sia a favore della rete di protezione dello stato sociale.

Ecco perché, nelle ultime ore, i dignitari ecclesiastici che si sono fatti vivi discretamente con i leader dell’Udc, hanno ripetuto suadentemente: «Comprendiamo le vostre ragioni, siamo consapevoli dei problemi reali. però». Il però sbocca poi nella raccomandazione insistente: «Cercate una soluzione».

Il pressing sulle pagine di “Avvenire”, il giornale dei vescovi, si concretizza in un’atmosfera di gelo che accompagna da una settimana a questa parte tutte le mosse di Follini. Dall’ultimatum a Berlusconi sino alla lettera con i famosi paletti. Basterebbe un titolo dell’altro giorno, «La crisi un passo “irresponsabile”» e accanto una grossa foto con la faccia di Follini, per evidenziare il nervosismo che pervade i vertici della Cei all’idea di uno sfarinamento del Polo, che porti a elezioni anticipate e ad una vittoria dell’Ulivo.

Appena l’Udc ha aperto la partita, chiedendo che Berlusconi abbandonasse rapidamente l’interim al ministero dell’Economia, l'”Avvenire” è intervenuto con un editoriale per bacchettare «l’ambizione di una profonda modifica del sistema delle relazioni politiche” ed evocare con il dito alzato il «virus dell’utopismo a-politico» destinato a colpire a stagioni alterne «le formazioni di ispirazione cattolica». Quando poi Follini è entrato nel vivo con richieste precise e verificabili, l’attenzione del giornale dei vescovi si è appuntata in editoriali dedicati al tema attualissimo di un “Prete del Congo mandato in Mongolia”.

Sullo sfondo c’è la delusione per il mancato avverarsi di un’ipotesi durata lo spazio di un mattino e che pure aveva lusingato per qualche giorno certi settori vaticani. Il “sogno”, come lo chiama un monsignore, era che Monti diventasse ministro dell’Economia con pieni poteri e – in felice sintonia con il Quirinale, la Banca d’Italia e la Confindustria – potesse svuotare il dominio del Cavaliere e in prospettiva succedergli.

Non è andata così e la partita prosegue, agli occhi della gerarchia ecclesiastica, in un quadro di tensione e confusione generale. L’importante, per Ruini e Sodano, è che l’Ulivo non sbarchi a Palazzo Chigi. Per questo la gerarchia ama ripetere il rosario secondo Giovanardi: «Serve ragionevolezza, non una crisi al buio».



per gent. conc. di Marco Politi
(C) La Repubblica, 13-7-2004