Chirac tra laicismo e islamismo

Sono i cittadini che debbono essere laici, non lo Stato, che infatti, appunto perché professa un’ideologia dogmatica, il relativismo, non lo è. (Corrispondenza Romana 839/01 del 03/01/04)

Il presidente della Repubblica francese Jacques Chirac, in un discorso di 35 minuti pronunciato il 17 dicembre 2003 nei saloni dell’Eliseo di fronte a 400 invitati, ha rivendicato in forma solenne il principio della laicità dello Stato.



“La scuola pubblica resterà laica” ha affermato Chirac, annunciando il varo di una legge entro il prossimo anno scolastico che proibirà con chiarezza “abiti o segni che manifestano in modo ostentato l’appartenenza religiosa” . Chirac ha specificato che segni ostentati “significano quei segni che portano a farsi notare e riconoscere immediatamente attraverso l’appartenenza religiosa”: si tratta del “velo islamico, qualunque sia il nome che gli viene dato, la kippa o una croce di dimensioni manifestamente eccessive” che “non hanno posto all’interno delle scuole pubbliche”.



Il presidente francese ha fatto sue le conclusioni di un corposo rapporto di 68 pagine redatto da una Commissione di “saggi” presieduta da Bernard Stasi e nominata dallo stesso Chirac per valutare le misure da adottare per garantire la laicità dello Stato; il rapporto gli é stato consegnato all’Eliseo ai primi di dicembre dell’anno appena trascorso.



La querelle ha avuto origine dal rifiuto di alcuni presidi di consentire a studentesse di fede islamica di indossare il velo durante le lezioni scolastiche, considerando tale abitudine contraria ad una circolare ministeriale del 1994 che vietava l’esibizione di simboli religiosi nelle sedi statali. In realtà, pare che tale pratica sia abbastanza limitata, tanto che il ministro degli Interni francese Nicolas Sarkozy si era rifiutato di predisporre una apposita legge, sostenendo che non era necessario legiferare per “una decina di casi l’anno”.



Ma Chirac ha deciso di montare il caso, nominando prima una commissione e poi facendo sue le proposte di questa.Alle misure pratiche da adottare, la commissione presieduta da Bernard Stasi ha fatto precedere una densa analisi teorica della laicità, in cui si sostiene che essa non è una qualità dello Stato, cui i suoi ordinamenti si devono conformare, ma una serie di princìpi ai quali i cittadini debbono obbligatoriamente aderire.



Si tratta, in poche parole, di una ideologia simile a quella che professavano i regimi comunisti quando propagandavano l’ateismo di Stato. Sono i cittadini che debbono essere laici, non lo Stato, che infatti, appunto perché professa un’ideologia, non lo è.



Tra le due linee del laicismo, quella post-moderna, relativista, nella quale lo Stato apparentemente si disinteressa del fenomeno religioso, favorendo il multiculturalismo caotico e disgregatore, e quella moderna, vetero-massonica, di derivazione giacobina, in cui lo Stato etico impone la sua ideologia laicista, Chirac ha scelto quest’ultima, senza, peraltro, tenere conto dei vari trattati internazionali sottoscritti dalla Francia, che rifiutano una simile concezione, assicurando, per contro, la massima libertà di espressione del pensiero religioso per tutti.



Le due linee del laicismo sopra ricordate, seppur con forme e strategie diverse, hanno un obiettivo comune: quello di colpire la Chiesa cattolica. Il cardinale Mario Francesco Pompedda, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, commentando le dichiarazioni di Chirac ha, tra i pochi, compreso i veri obiettivi di colui che, tra l’altro, ha fatto di tutto per non inserire il Cristianesimo nella Costituzione europea: “Temo che si voglia impedire alla Chiesa di svolgere la sua missione, spero che non si intenda arrivare a forme di ‘persecuzione’ sotterranea” (“Il Giornale”, 21 dicembre 2003).



Misure quali la proibizione dello chador non arrestano certo l’avanzata dell’Islam in Europa, ma anzi rischiano di suscitare il risentimento di larghe fasce di musulmani. Solo la filosofia e la pratica integrale del Vangelo possono costituire un antidoto a quell’islamismo radicale che si presenta come l’altra faccia del radicalismo laicista. (CR 839/01 del 03/01/04)