Chiarimenti «cardinalizi» sull’insegnamento dell’islam nelle scuole

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Il Cardinal Martino spiega che l’insegnamento dell’islam nelle scuole italiane esige la reciprocità


Precisazioni e chiarimenti dal Cardinal Martino dopo l’apertura sull’insegnamento dell’Islam nelle scuole…

CITTA’ DEL VATICANO – Il Cardinale Renato R. Martino ha spiegato che la sua proposta di insegnamento dell’islam nelle scuole italiane è un’iniziativa “complessa” che ha bisogno di essere studiata.


In ogni caso, ha sottolineato il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, non significa negare il principio della “reciprocità”, che prevede che le comunità islamiche riconoscano e valorizzino il cristianesimo e i suoi valori.


Agenzie di tutto il mondo hanno ripreso questo giovedì le dichiarazioni rilasciate dal porporato ad un giornalista, a margine di un Convegno su “Le vie della pace” tenutosi al Centro culturale “Saint-Louis de France” di Roma, in cui affermava che “se in una scuola ci sono cento bambini di religione musulmana, non vedo perché non si possa insegnare la loro religione”.


Questo venerdì il Cardinale ha preso la parola ai microfoni della Radio Vaticana “per una serena valutazione” delle dichiarazioni apparse sulla stampa “e per una corretta comprensione delle stesse al fine di fugare interpretazioni di parte e talvolta fuorvianti”.


“La Libertà religiosa è un diritto umano fondamentale inerente ad ogni essere umano che va difeso e promosso”, un diritto di reciprocità “che comporta un dovere che deve valere per tutti, in ogni luogo”, ha sottolineato.


“Sono convinto che l’applicazione di un principio è cosa complessa che necessita di molti passaggi e di sagge considerazioni”.


Il porporato ha raccomandato di consultare a questo proposito il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa ai numeri 421 e 422, in cui si affronta il tema della libertà religiosa, chiarendo che essa è un diritto umano fondamentale, ma che non è “di per sé un diritto illimitato” (cfr. n. 422).


“La disponibilità da me dimostrata all’inserimento dell’insegnamento della religione islamica nell’ordinamento scolastico italiano va fatta con quella prudente valutazione che comporta da parte della comunità islamica il rispetto e la valorizzazione del Cristianesimo e dei valori che, da esso ispirati, hanno dato forma alla cultura e alla identità del mondo occidentale, ha affermato.


“Non ho inteso minimizzare il dovere della reciprocità” con l’Islam: “se la libertà religiosa è un diritto umano fondamentale – espressione forte della verità e della dottrina cristiana – deve valere anche in quei Paesi dove di fatto i cristiani, quando non sono perseguitati, vengono emarginati”.


“Basta leggere a questo riguardo un qualsiasi Rapporto sulla libertà religiosa per rendersi conto di quanto delicate siano le situazioni che vivono i cristiani in contesti caratterizzati da altre maggioranze religiose. Ritengo anzi che si debba iniziare a reclamare con maggior vigore la reciprocità”, ha aggiunto.


Questa reciprocità trova nel fondamentalismo l’ostacolo principale, ha detto riferendosi ad alcuni passaggi del suo discorso di giovedì.


“Quando ho parlato di fondamentalismo laicista e di fondamentalismo religioso intendevo riferirmi a due posizioni che negano una corretta presenza della religione nello spazio pubblico, perché il primo la nega e il secondo questo spazio lo occupa”, ha infine concluso.


ZENIT venerdì, 10 marzo 2006