Cardinali, celibato, giornali…

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Il settantaduenne Card. Claudio Hummes, fino a ieri arcivescovo di San Paolo del Brasile, nuovo Prefetto della Congregazione del Clero, prima di lasciare il suo Paese ha rilasciato alcune dichiarazioni sul celibato sacerdotale al quotidiano O Estado de S. Paulo. Tali dichiarazioni enfatizzate hanno fatto il giro del mondo. Il Cardinale, tramite la Sala Stampa Vaticana, ha così dovuto precisare il suo pensiero.
Riportiamo integralmente la sua Dichiarazione e una intervista fatta su questo delicato argomento ad un altro cardinale di Curia: il Card. Julián Herranz, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi…

DICHIARAZIONE DI SUA EMINENZA IL CARD. CLÁUDIO HUMMES A PROPOSITO DEGLI ECHI SUSCITATI DALL’INTERVISTA AL GIORNALE “ESTADO DE SÃO PAULO”


A proposito degli echi suscitati dalle mie parole riportate dal giornale “Estado de Sâo Paulo” desidero precisare quanto segue.
Nella Chiesa è sempre stato chiaro che l’obbligo del celibato per i sacerdoti non è un dogma, ma una norma disciplinare. Tanto è vero che essa vale per la Chiesa latina, ma non per i riti orientali, dove anche nelle comunità unite alla Chiesa cattolica è normale che vi siano sacerdoti sposati.
È tuttavia anche chiaro che la norma del celibato per i sacerdoti nella Chiesa latina è molto antica e poggia su una tradizione consolidata e su forti motivazioni, di carattere sia teologico-spirituale sia pratico-pastorale, ribadite anche dai Papi.
Anche nel recente Sinodo dei vescovi sui sacerdoti l’opinione più diffusa fra i padri era che un allargamento della regola del celibato non sarebbe stato una soluzione neppure per il problema della scarsità di vocazioni, che è da collegare piuttosto ad altre cause, a cominciare dalla cultura secolarizzata moderna, come dimostra l’esperienza anche delle altre confessioni cristiane, che hanno sacerdoti o pastori sposati.
Tale questione non è quindi attualmente all’ordine del giorno delle autorità ecclesiastiche, come recentemente ribadito dopo l’ultima riunione dei Capi dicastero con il Santo Padre.


Sala Stampa Vaticana 04.12.2006


 


«Senza moglie per imitare Cristo e dedicarsi soltanto alla Chiesa»


«Il celibato è una consuetudine antichissima, che è diventata legge già nei primi secoli e che il Concilio Vaticano II ha stabilito di mantenere». Il cardinale Julián Herranz Casado, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, spiega i motivi che hanno spinto la Chiesa a non mutare la legge del celibato per i preti.
Eminenza, il divieto per i sacerdoti di sposarsi non è un dogma di fede. Perché allora rimane come legge?
«Il sacerdozio non richiede, per sua natura, che chi lo riceve sia celibe. Ma il Concilio, nel decreto “Presbyterorum ordinis” ha ribadito la “convenienza” del celibato per diversi motivi».
Quali sono?
«Innanzitutto l’imitazione di Cristo da parte del sacerdote, e questo è il motivo teologico. Poi c’è il motivo ecclesiologico: il celibato significa la piena dedizione alla Chiesa sposa di Cristo, il sacerdote dona tutta la sua esistenza e tutta la ricchezza dei suoi sentimenti. C’è infine una terza ragione, escatologica: chi vive il celibato lo fa per il regno dei cieli, per rendere testimonianza alla vita futura».
Da quando esiste questa legge per i preti?
«Vorrei ricordare che il celibato è liberamente scelto non soltanto dai sacerdoti, dai religiosi e dalle religiose, ma anche da tanti laici che collaborano alla missione della Chiesa donando la loro vita. Già il Concilio di Elvira, nel 306, lo raccomanda per i sacerdoti. Si tratta dunque di una consuetudine molto antica, che la Chiesa ha riconosciuto e istituzionalizzato».
Il celibato non è, in fondo, una negazione di umanità?
«Nient’affatto. Io, prima di diventare prete, sono stato psichiatra. Lo stesso Freud, pur con la sua visione pansessualista, era però così intelligente da pensare che vi sono uomini e donne che sublimano l’istinto sessuale, trasformando l’eros in agape: è il contenuto dell’enciclica di Papa Benedetto XVI. Non è una negazione dell’umanità, ma una manifestazione dell’amore pieno. Il prete non si isola, al contrario: si stacca da alcune cose terrene per essere più disponibile, per donare tutta la sua vita. Chi sceglie il celibato lo fa per poter diventare padre in senso spirituale di tutti coloro che aiuta a scoprire l’amore di Gesù».
Oggi si parla di abolire il celibato per far fronte alla crisi delle vocazioni…
«Non si risolve così il problema. Basta vedere che cosa è accaduto ai nostri fratelli separati delle comunità protestanti. Non sono aumentate le vocazioni perché il pastore può prendere moglie».
Ma gli ortodossi non lo fanno?
«Il celibato è stimato anche dalle Chiese orientali e ortodosse. Gli ortodossi ammettono al sacerdozio uomini sposati ma non permettono che un prete, dopo l’ordinazione, possa sposarsi».
Non essendo un dogma, però, il celibato si può discutere.
«Si è discusso e ridiscusso. Sempre però si è arrivati alla conclusione di mantenerlo».


Il Giornale 48 del 04-12-06 pagina 17