La Chiesa cattolica intensifica la sua opposizione
OTTAWA, sabato, 3 settembre 2005 (ZENIT.org).- L’approvazione in Canada di una normativa che prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso è stata oggetto di forti critiche da parte dei vescovi di quel Paese.
Il 28 giugno, la Camera bassa del Parlamento ha licenziato un disegno di legge, che è stato poi approvato anche dal Senato il 19 luglio. L’opposizione ha tentato di svolgere un dibattito in Senato sul disegno di legge, ma la Camera alta, composta da parlamentari non eletti e controllata da una maggioranza nominata dall’attuale partito di Governo, il Partito liberale, ha troncato la discussione procedendo direttamente al voto.
In un comunicato reso noto lo stesso giorno in cui la Camera dei comuni approvava il disegno di legge, l’arcivescovo Brendan O’Brien, presidente della Conferenza episcopale, ha espresso il proprio rammarico per “l’infelice passo compiuto verso l’eliminazione del riconoscimento e l’apprezzamento civile e sociale dell’importanza del matrimonio quale rapporto impegnato tra un uomo e una donna”.
Egli ha sostenuto che, nel consentire alle coppie omosessuali di contrarre matrimonio, il Governo ha messo a rischio “il futuro del matrimonio come istituzione sociale fondamentale, nonché l’insostituibile ruolo del marito e della moglie nel concepire e crescere i figli, a cui la società attribuisce grande importanza”.
L’arcivescovo O’Brien ha inoltre osservato che è in atto un “pericoloso sgretolamento” dei valori comuni in Canada, con alti tassi di fallimento matrimoniale e di aborto, e con tassi di natalità in diminuzione.
I politici sono avvertiti
Oltre al voto espresso in Parlamento, vi è poi la controversa questione del sostegno al matrimonio omosessuale da parte dei politici cattolici.
Il quotidiano Ottawa Citizen del 6 luglio, ha riportato il caso di Charles Angus, un parlamentare della zona di Timmins-James Bay, al quale il parroco locale ha impedito di ricevere la Comunione. Padre John Lernire, qualche mese fa, aveva avvertito Angus di questa eventualità, qualora avesse continuato a sostenere la proposta di legge sul matrimonio omosessuale, ha riferito l’Ottawa Citizen. La decisione del sacerdote è stata avallata dall’arcivescovo Paul Marchand di Timmins.
Un altro parlamentare cattolico, Joe Comartin, del collegio di Windsor-Tecumseh, è stato sospeso dalle lezioni sul matrimonio che svolgeva presso la sua parrocchia locale, secondo il National Post del 9 luglio. L’articolo ha riportato alcune dichiarazioni di Sylvain Salvas, responsabile dei rapporti con il pubblico della Conferenza episcopale, il quale affermava che non esistono linee guida nazionali sul comportamento che le diocesi dovrebbero assumere, in relazione ai politici.
Ma Salvas ha poi osservato che: “La nostra posizione nazionale in merito è molto chiara. La Conferenza è intervenuta quasi 30 volte, dinnanzi alla Corte suprema e al Senato, contro il matrimonio omosessuale”.
Il vescovo Ronald Fabbro della diocesi di Londra, di cui fa parte questa parrocchia, ha distribuito una lettera ai fedeli spiegando questa decisione.
Il Vaticano ha affermato chiaramente che i politici cattolici non dovrebbero votare a favore del matrimonio omosessuale. Il 31 luglio del 2003, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato una dichiarazione dal titolo “Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali”.
“Se tutti i fedeli”, afferma il documento al n. 10, “sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, i politici cattolici lo sono in particolare”. Riguardo le proposte legislative in materia, “il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale”.
Testimonianza alla verità
Il documento del Vaticano inoltre afferma che “nel caso in cui il parlamentare cattolico si trovi in presenza di una legge favorevole alle unioni omosessuali già in vigore, egli deve opporsi nei modi a lui possibili e rendere nota la sua opposizione: si tratta di un doveroso atto di testimonianza della verità”.
Tutti i cattolici, di fatto, sono chiamati ad opporsi a queste leggi, una volta in vigore. “Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In questa materia ognuno può rivendicare il diritto all’obiezione di coscienza” (n. 5).
Un’altra questione in questo contesto è se il partito liberale potrà subire un contraccolpo a causa dell’opposizione dei cattolici, per il suo aperto sostegno al matrimonio omosessuale. La valutazione del peso politico dei cattolici nel Partito liberale attualmente al potere, è oggetto di un articolo di Jeffrey Simpson, pubblicato sul Globe and Mail del 13 luglio.
L’autore ha osservato che nelle elezioni che si sono svolte sin dal 1965, al di fuori del Quebec, i cattolici dell’Ontario e delle province della costa atlantica hanno dato il proprio sostegno ai liberali con una media di 18 punti in più rispetto agli altri partiti. Nell’Ontario, i cattolici rappresentano il 30% dell’elettorato, mentre essi ammontano al 40% nelle province atlantiche. “Senza lo zoccolo duro dei cattolici, la prevalenza liberale in entrambe le regioni potrebbe venir meno, e con essa anche il potere di governo”, ha osservato Simpson.
La Commissione permanente del Senato per gli affari giuridici e costituzionali, nel mese di luglio, ha svolto alcune audizioni informative in relazione al disegno di legge che prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il 13 luglio il cardinale Marc Ouellet, Arcivescovo del Quebec e primate della Chiesa in Canada, insieme a Hélène Aubé, avvocato e madre proveniente da Gatineau, ha svolto un intervento diretto ad illustrare i motivi di opposizione della Chiesa rispetto a questa proposta di legge.
Secondo la Chiesa: “Né lo Stato, né le religioni, hanno inventato il matrimonio o determinato le sue caratteristiche naturali. Essi si sono limitati ad istituzionalizzare una realtà preesistente, riconoscendo che le caratteristiche insite in questa realtà – ovvero la stabilità della coppia, oltre alla capacità di procreazione e al ruolo nell’educazione dei figli – sono in grado di assicurare il bene comune della società”.
Eguaglianza?
La decisione di dare riconoscimento legale alle coppie omosessuali, secondo l’audizione svolta in Commissione al Senato, si fonda su un errato intendimento del principio di eguaglianza e della questione della dignità umana e dei diritti delle minoranze.
Il matrimonio va ben oltre il mero rapporto tra due adulti consenzienti, finalizzato alla reciproca realizzazione. “Esso possiede un altro elemento costituente, rappresentato dal potenziale procreativo dell’uomo e della donna impegnati in matrimonio”.
Riguardo la questione dell’educazione dei figli, gli intervenuti hanno aggiunto che “non è ragionevolmente possibile attribuire il medesimo valore ad entrambi i tipi di unione. Il primario diritto dei figli è di poter nascere da un atto di amore e di vivere in totale comunione con un padre e una madre”.
Data questa impostazione, non vi è alcuna discriminazione nei confronti delle persone dello stesso sesso che non possono sposarsi; piuttosto, il matrimonio omosessuale costituirebbe un danno nei confronti delle coppie eterosessuali. “Lo Stato deve assicurare un trattamento particolare all’uomo e alla donna che si sposano, non per la natura esclusiva, dipendente, duratura e sessuale della loro unione, ma per la sua funzione essenziale rispetto alla procreazione e alla socializzazione, in cui la complementarietà tra l’uomo e la donna è vissuta per il bene maggiore dei figli”.
Nell’intervento si spiega che il sostegno al matrimonio omosessuale, giustificato con il principio di “eguaglianza nei diritti”, si fonda su un errato intendimento del significato della dignità umana. “L’eguaglianza e la dignità delle persone non dipendono da fattori come razza, sesso, orientamento sessuale o stato civile”, si afferma. “La loro dignità ed eguaglianza si fonda sul semplice fatto che essi fanno parte della razza umana. Per rispettare la loro dignità, non è necessario, né per lo Stato, né per la società, accettare legalmente il loro ‘stile di vita’, che non ha nessun motivo di essere riconosciuto pubblicamente come un valore sociale”.
L’intervento ha inoltre espresso timori sul futuro dell’opposizione cattolica al matrimonio omosessuale. Sebbene il disegno di legge affermi che la libertà di religione è tutelata e che chi è preposto alla celebrazione dei matrimoni ha il diritto di rifiutarsi di sposare le coppie dello stesso sesso, molto dipenderà da quanto risulteranno disposte le province a rendere fruibile questo diritto.
Negli ultimi anni, l’opposizione al matrimonio omosessuale è stata descritta come una forma di omofobia. “Una volta che lo Stato impone una nuova norma, secondo la quale il comportamento sessuale omosessuale è considerato come un bene sociale, coloro che vi si oppongono per motivi religiosi o motivi di coscienza verrebbero considerati come bigotti, anti-gay e omofobi, e rischierebbero la persecuzione”. Lo scenario sembra maturo per ulteriori discussioni.
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