Bruxelles, famiglie alla riscossa

SOCIETÀ E VALORI
I partecipanti alla marcia: «Proviamo un senso di vergogna nell’appartenere ad uno Stato che promuove una visione indegna dell’uomo»


Molte migliaia ieri in piazza contro la decisione di aprire alle unioni gay Lora Velarde (Istituto europeo di politica familiare): «Contro chi cerca di disumanizzare la società serve un movimento mondiale di genitori e figli»


Da www.avvenire.it

Da Bruxelles Andrea A. Galli


Di quale Unione europea Bruxelles sia davvero la capitale, ieri se lo sono chiesto in molti fra gli abitanti della città belga. C’è infatti l’Unione rappresentata dalla tedesca Lissy Gröner, 51 anni, lesbica e deputato socialista al parlamento europeo, che ieri pomeriggio è convolata a nozze con la sua partner Sabine Gilleßen, in un rito officiato dal sindaco di Bruxelles Freddy Thielemans, anche lui ex-parlamentare europeo e intimo della coppia. E c’è l’Unione rappresentata dalle migliaia di manifestanti che, nello stesso pomeriggio, in una Bruxelles dall’aria ancora estiva, hanno marciato attorno al centrale Parc du Cinquantenaire per lanciare un messaggio secco: no, senza condizioni, alle adozioni per le coppie gay.
Il casus belli che ha motivato il raduno di ieri, infatti, è l’intenzione del governo belga di discutere il prossimo ottobre un progetto di legge per concedere alle coppie omosessuali la possibilità di adottare dei figli. Sarebbe l’ennesimo strappo, dopo il riconoscimento nel giugno 2003 delle unioni fra persone dello stesso sesso, che farebbe del Belgio un temibile concorrente per Olanda e Spagna nella gara a demolire i canoni della famiglia tradizionale. E che per questo non ha lasciato indifferente la cosiddetta società civile.
Nei giorni scorsi la Conferenza episcopale belga, con il cardinale Gottfried Daneels in testa, aveva invitato a partecipare all’iniziativa come «gesto sereno a favore della famiglia, uno dei pilastri della nostra società», sottolineandone il carattere «non vincolato ad alcuna obbedienza religiosa o politica». La società belga ha risposto e si è fatta avanti con un pluralismo inusuale: dalle decine di parlamentari dei diversi schieramenti che hanno aderito al comitato d’onore della manifestazione, ai rappresentanti delle principali confessioni religiose e alle associazioni di volontariato che hanno fatto sentire la loro voce. Robustissimo l’appoggio arrivato dall’estero: 10 federazioni internazionali presenti in 58 Paesi e più di 600 Ong, rappresentanti di 20 milioni di famiglie, hanno mandato inviati e fatto eco nei rispettivi Paesi all’iniziativa. «La collaborazione a livello internazionale – dice Kris Vleugels, dell’associazione “Action pour la famille”, tra i registi della manifestazione – è ormai indispensabile. Quello che può essere approvato in Belgio è scritto ad inchiostro simpatico nell’agenda politica di moltissimi Paesi fra Europa e America. La battaglia a difesa della famiglia è per sua natura transnazionale». Lo ricorda dal palco, in un discorso alla folla, anche Lora Velarde, presidente della Rete Europea dell’Istituto di Politica Familiare, tra le protagoniste della marcia di Madrid contro il matrimonio gay lo scorso 18 giugno. Secondo la Velarde «contro una coalizione mondiale che mira a disumanizzare la società» è necessario contrapporre «un movimento di famiglie di dimensioni mondiali». Toni duri, ma simili a quelli che usa anche Jean-Luc, 42 anni, uno dei tanti che, con moglie e tre figli al seguito, è arrivato nella capitale per testimoniare il proprio «disgusto per la politiche familiari attuate in Belgio negli ultimi anni» e «il senso di vergogna nell’appartenere ad uno Stato che promuove una visione indegna dell’uomo».
Giusta, pare, la sottolineatura dello “Stato”: da un sondaggio recente risulta infatti che il 44% dei fiamminghi si è espresso a favore dell’adozione da parte delle coppie omosessuali, e solo il 28% nella francofona Vallonia. Dati che smentiscono chi invoca, a difesa di provvedimenti come l’adozione gay, un presunto «senso comune del Paese».
Si sa però che a Bruxelles le istituzioni contano e la loro tendenza ad andare per conto proprio non è un’eccezione. Passando infatti dalla politica nazionale a quella europea le cose non cambiano: è dallo scorso marzo che il Fafce, La Federazione della associazioni familiari cattoliche europee, sta dando battaglia sul cosiddetto «Green Paper» dell’Unione europea riguardo alle politiche demografiche: in pratica, dicono gli esponenti del network cattolico, l’ennesimo cavallo di Troia per togliere alla famiglia ogni chiara e salda connotazione.