«Il cattocomunismo esiste ancora, ma si è aggiornato»
Ernesto Galli della Loggia, in un editoriale sul Corriere di domenica, ha scritto che «l’antico dialogo con i cattolici tanto caro alla sinistra di ispirazione comunista ha ormai perduto ogni possibile verosimiglianza; e con esso sembra ormai finita pure la lunga stagione del cattocomunismo». Tra le ragioni, la fine dello «scontro tra capitale e lavoro» e la nuova centralità dei temi etici nel dibattito politico, e il «cambiamento della composizione sociale e quindi dell’ideologia della sinistra». Sul tema, interviene don Gianni Baget Bozzo…
Sembra strano dire che il dialogo tra i comunisti e i cattolici sia finito, quando si discute la nascita del partito democratico, di un partito che dovrebbe comprendere il filone più tradizionale della democrazia cristiana assieme ai postcomunisti in una maggioranza di cui fanno parte Rifondazione e i Comunisti Italiani. Galli della Loggia ha sicuramente ragione di dire che è finito un certo popolo, il popolo che ha trasformato l’Italia contadina in Italia industriale e che è stato espresso dell’efficace dialogo tra don Camillo e Peppone nel romanzo di Guareschi. Nella memoria di Galli della Loggia, giustamente, quel popolo, pur diviso politicamente, sembra unito nei valori e quindi la tendenza a coincidere è comprensibile (…). Non vi è dubbio che quel popolo non esiste più, che la comunicazione di massa ha distrutto le masse, che ha costruito gli individui come figura dominante. Televisione, computer e Internet hanno creato una società in cui ciascuno comunica la sua singolarità e determina i suoi valori. Non si potrebbe pensare realtà più diversa da quella degli anni ’60, in cui fiorì il dialogo tra comunisti e cattolici come figure culturali, degli anni 2000, in cui i partiti divengono frammenti tesi a individuare le scelte dei singoli. Eppure il fenomeno fondamentale politico del mondo cattolico costruito nelle sue parrocchie e nei suoi movimenti è stata l’attenzione a sinistra, proprio per combattere la società della comunicazione di massa e il modello individualista che esso generava. Il consumismo è divenuto l’avversario ideale delle pastorali e dei vescovi, il linguaggio proprio della gerarchia, la parola politica di movimenti ecclesiali, il linguaggio comune dei parroci e dei curati.
Il nuovo modello sociale ha suscitato la resistenza del mondo cattolico molto più che del mondo derivato dal Pci. Ma tuttavia la sinistra è sembrata il referente ideale del dialogo, appunto per la memoria che portava in sé e perché poteva parlare, in nome di quella, un linguaggio più simile a quello dei cattolici. Sicché la storia dopo il ’94 è stata la convergenza della sinistra democristiana e dei postcomunisti; ed essa ha avuto un largo consenso nel mondo cattolico, specie il più impegnato nelle attività ecclesiastiche. Ciò è dovuto al fatto che la svolta conciliare aveva impresso una svolta di impegno nel sociale che era divenuto una forma propria dell’identità cattolica, non più centrata sull’elemento dogmatico e spirituale, ma su quello della prassi significativa, di un impegno di cambiamento spirituale del mondo. Non vi è dubbio che la sinistra fosse un punto di riferimento della svolta teologica e che la figura rivoluzionaria tornasse a rappresentare quello che del resto era stata l’origine: una riduzione secolare dell’escatologia cristiana (…).
Ciò ha creato un curioso paradosso. Il mondo cattolico meno impegnato, non molto praticante, guarda al centrodestra, il mondo cattolico più impegnato guarda al centrosinistra. Bisogna tenere conto inoltre che nel pensiero cattolico non è penetrato il tema, pur profondamente cristiano, del primato della libertà, anche se la persona umana sta al centro del suo linguaggio. Il tema fondamentale è rimasto quello della giustizia: e questo viene interpretato in modo da favorire l’intervento dello Stato (…). È quindi comprensibile che ancora esista un riferimento alla sinistra, sia nella sua forma moderata che nella sua forma antagonista: e che ciò continui nonostante la diversità di posizioni sulle questioni della bioetica e della famiglia.
Se per cattocomunismo intendiamo questa forma nuova di preferenza per la sinistra rispetto alla destra, occorre dire che il cattocomunismo esiste ancora e che è ancora il linguaggio dominante, quello più facilmente disponibile dei cattolici. Più che di una fine del cattocomunismo, mi pare possibile parlare di un suo aggiornamento. Non si deve confondere la ferma posizione della gerarchia, con il sentimento e la cultura del cattolicesimo, delle parrocchie e dei movimenti.
Mi sembra che la realtà sia più complessa del modo in cui la descrive Galli della Loggia, che la posizione del mondo cattolico sia ancora fondamentalmente ambigua, che i suoi eroi siano ancora modelli più legati a sinistra, basti pensare all’avanzato processo di beatificazione di Giorgio La Pira, la figura di inizio più significativa del cattolicesimo di sinistra e del pacifismo. Questo spiega perché postdemocristiani e postcomunisti facciano parte della stessa maggioranza e pensino di concorrere con il medesimo partito. Le condizioni sociali mutate hanno reso più facile, e non più difficile, questa convivenza. Anche se un urto su Pacs e fecondazione assistita potrebbe produrre conseguenze ora inattese.
di Gianni Baget Bozzo
Corriere della Sera 20 giugno 06