Cascioli “scomunicato” dal ministro per l’Ambiente in pectore

L’uomo che smaschera le bugie degli ambientalisti


Riccardo Cascioli, giornalista, esperto di problemi ambientali, si è beccato gli strali di Ermete Realacci, leader storico di Legambiente e dirigente della Margherita dato in pole position per la successione ad Altero Matteoli…

Farsi scomunicare dal ministro per l’Ambiente in pectore è un’esperienza. Riccardo Cascioli, giornalista, esperto di problemi ambientali, si è beccato gli strali di Ermete Realacci, leader storico di Legambiente e dirigente della Margherita dato in pole position per la successione ad Altero Matteoli. La colpa di Cascioli è aver vinto un premio, conferitogli dallo stesso Matteoli, per la sua attività in temi ecologici e ambientali. Ma la polemica con Realacci è datata: al diellino non è mai andato giù il libro che il presidente del Cespas (Centro Europeo di Studi su Popolazione, Ambiente e Sviluppo) ha scritto con Antonio Gaspari: “Le bugie degli ambientalisti“. Una summa del pensiero “alternativo” in tema di sviluppo che sfidava gli allarmismi verdi. «Contestare le mie idee va benissimo», dice a Libero Cascioli, che si è beccato di “negazionista dell’effetto serra” da Realacci, «anche se in realtà ho solo dato conto di un dibattito che divide la comunità scientifica. È strano difendere un pensiero unico, mettendo a tacere gli altri. Invito Realacci a un dibattito dove confrontare le nostre idee, invitando scienziati dell’una e dell’altra parte». Torna il conflitto tra apocalittici e integrati? Forse. Per esempio, dice Cascioli, 60 climatologi hanno sottoscritto un documento che chiede l’abolizione del trattato di Kyoto. «Nessuno ha dimostrato il nesso tra l’attività antropica e il surriscaldamento globale, per dirne una. Solo che dirlo evidentemente dà fastidio». Cascioli è la punta italiana di un pensiero “ealista” che passa dal testo “L’ambientalista scettico” di Bjorn Lomborg all’autocritica del fondatore di Greenpeace Patrick Moore, basandosi su una concezione apparentemente semplice ma contraddetta dal pensiero ambientalista: l’uomo non è il cancro del pianeta. La tutela del creato è doverosa, perché la persona occupa un posto diverso nella struttura del mondo: è l’unica responsabile del pianeta, e ciò la rende superiore.


Per questo la contestazione “filosofica” è a monte della diatriba tra Realacci e Cascioli, e in fondo anche a valle. «L’approccio ideologico dominante dell’ambientalismo è intriso di un retaggio comunista», dice Cascioli, «che di fatto oggi costituisce un ostacolo alla scienza. È una forma di strumentalizzazione dell’agenda politica ad ogni livello. L’ambientalismo è un’industria dell’allarme, legata ai finanziamenti privati ma soprattutto pubblici. Tutto legittimo, ma andrebbe detto. Ho appena ripreso in mano dozzine di titoli di importanti riviste degli anni ‘ 70: tutti allarmi sul rischio di una nuova glaciazione. Adesso sulle stesse riviste si paventa l’irreversibile surriscaldamento del pianeta…» . Ideologia in cerca di fondi o mercato che produce ideologia? « Difficile scinderli. Di certo, sul fronte ideologico c’è una confluenza di tre filoni: il femminismo, il movimento per il controllo delle nascite e l’ambientalismo. Tutti accomunati da accenti eugenetici». La scelta, al fondo, è qui. Per Cascioli l’uomo non è e non può essere il problema». L’energia è l’altro grande tema su cui imperversa l’ambientalismo. E Cascioli non risparmia nessuno: «È un tema fondamentale, e domina l’ideologia secondo cui il punto è ridurre la domanda: un proposito che non può che fare violenza alla realtà». Bush ha dichiarato la necessità di liberarsi dalla dipendenza dal petrolio… «Giustissimo. Ma l’unica strada disponibile è il nucleare».


E l’energia alternativa? I pannelli solari, l’energia eolica? «Al massimo sono energie aggiuntive. Ciò di cui non si parla sono i costi spropositati di queste fonti. Per costruire una sola torre eolica occorrono risorse e si producono materiali inquinanti di gran lunga superiori ai risparmi offerti nel futuro. Per soddisfare il fabbisogno della Gran Bretagna con i “mulini a vento”, ad esempio, allo stato attuale della tecnologia bisognerebbe tappezzare di pale eoliche tutta la Scozia. I pannelli solari, che durano al massimo 10 anni, richiedono spazi quasi mai disponibili nelle città. E non è solo il nucleare a produrre scorie: anche i pannelli le generano, e vanno smaltite». E le auto all’idrogeno? Si dice che non le vedremo per colpa delle compagnie petrolifere. «Non le vedremo finché costeranno cifre inabbordabili. L’idrogeno non è una fonte di energia, ma un vettore. Per sfruttarlo bisogna spendere, in termini energetici, il triplo di ciò che poi si sfrutta. È come andare al mercato e comprare una mela barattandola con altre due.


Quanto alle compagnie petrolifere, hanno gli stessi obiettivi degli ambientalisti…». Una boutade? No. «Basta guardare i finanziamenti allo sviluppo dell’energia alternativa. Le major del petrolio sanno che il nucleare è l’unica energia in grado di sostituire il greggio, e – legittimamente – puntano su pannelli solari ed energia eolica. Come fa Greenpeace. Il guaio è quando gli stati rafforzano queste scelte a spese del contribuente. Ad esempio, BP è una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo. Cosa significa BP?». Il cronista azzarda British Petroleum, e sbaglia. «Ai tempi del colonialismo, stava per Burma Petroleum. Finito l’impero, divenne British Petroleum. Ma oggi significa Beyond Petroleum: al di là del petrolio. La lobby che sostiene le “energie alternative” è sovvenzionata dalle major del petrolio». In questi giorni si torna a parlare di Chernobyl. «Il ventennale di quella tragedia del comunismo, e non del nucleare, è usato a prezzo di menzogne quasi ridicole per sabotare l’unica politica energetica possibile: un rilancio dell’energia atomica. Oggi i costi in termini di sicurezza e di investimenti sono del tutto accettabili, anzi non c’è un’alternativa credibile a questi investimenti. E sui giornali e in tv si dice che in Ucraina sono morte 500mila persone. Le morti accertate sono 50.


Quelle indotte potrebbero raggiungere le 4mila: tragedia immane, ma distante dal mezzo milione di morti. E comunque, a causare il disastro fu quasi esclusivamente lo stato pietoso dell’Unione sovietica, che tentò fino all’ultimo di tenere tutto sotto silenzio. A proposito: l’Unione Europea ha stanziato 300 milioni di euro per la costruzione del sarcofago che doveva imballare la carcassa del reattore. Del sarcofago non c’è traccia, dei soldi neanche. Intanto la Russia ha firmato il protocollo di Kyoto. C’è chi ha ipotizzato un nesso tra le due cose…». Kyoto è una parola che da sola basta a scatenare vampate d’indignazione. «Il protocollo è la summa dell’ideologia ambientalista: in pratica, si propone di ridurre le emissioni di CO2 – che nessuno ha mostrato essere connesse col surriscaldamento globale – senza prevedere sanzioni e premi efficaci. Ma la cosa peggiore è la filosofia di base. È come se uno che sta in montagna, anziché farsi una casa con il tetto spiovente per evitare che venga sfondato dal peso della neve, pretendesse di far smettere di nevicare.


Il surriscaldamento è un fenomeno naturale, al quale l’uomo può adattarsi. Invece Kyoto punta a provvedimenti incredibilmente costosi in vista di benefici incerti e minimali, come il raffreddamento di qualche decimo di grado». Per questo gli Usa non hanno firmato? «E per questo Kyoto è l’esempio di come l’ideologia ambientalista, trapiantata nelle agenzie dell’Onu dai burocrati di estrazione socialista messi a capo dei vari enti, sia un concentrato di antiamericanismo che trova adepti in Europa e altrove. La cosa paradossale è che gli Usa sono tra i pochissimi Paesi, fuori da Kyoto, ad aver ridotto le proprie emissioni di CO2». Cascioli, da cattolico, stuzzica anche ambienti cattolici: «Spesso, per inesperienza, parti della Chiesa si abbandonano a folate ideologiche anti-cattoliche, opposte alla concezione della persona della civiltà occidentale. Personalità che parlano dello sviluppo come male da estirpare sono invitate a convegni fatti da uomini che dovrebbero quantomeno conoscere la “Populorum progressio”. Già che di cattolici si tratta, sull’energia, sarebbe interessante chiedere lumi al professor Prodi…». In che senso? «Quando era presidente della Commissione, si batté per l’introduzione di una direttiva sulla certificazione energetica delle abitazioni, che rischia di avere effetti devastanti. In pratica, impone – con annessa prevedibile burocrazia parasovietica – un sistema di schedatura delle abitazioni in base a criteri di risparmio energetico (tipo di riscaldamento, vetri, materiale coibentante, impianto elettrico…) che rischia di produrre distorsioni inimmaginabili del mercato. Un po’ quel che accade oggi con le auto a motore Euro4, che deprezzano le vecchie vetture. Solo che con la casa è un po’ diverso».


di Martino Cervo
Libero 1 maggio 2006