Un Ferrara che non cessa di sorprendere !

S’io fossi Silvio
di Giuliano Ferrara
S’io fossi Silvio, avrei fatto ardere nel suo fuoco la costituzione senza storia. Avrei dichiarato, con semplicità: non firmerò alcun trattato costituzionale che non contenga un riferimento esplicito alle radici giudaico-cristiane della storia europea, punto. Che cosa sarebbe successo?

Che cosa sarebbe successo? Un putiferio, ma di quelli creativi. Una messa in stato d’accusa dell’Italia berlusconiana, forse lo scippo della inutile firma a Roma, cerimoniale capitolino, di quella cartuccella burocratica che ha dato un dolore non solo al Papa, ma anche a tutti coloro che hanno un’idea non slavata di che cosa debba essere una costituzione o qualcosa che le assomigli. Dopo il putiferio, sarebbe arrivato un decente compromesso con i molti paesi che non possono fare a meno dell’Europa e di cui l’Europa non può fare a meno. In patria, Berlusconi avrebbe stabilito un confine di cultura, come si dice, di un qualche interesse. E avrebbe affermato una nozione laica, non confessionale e laicista, di ciò che è la laicità. Stanno tutti a citare (compreso quel conservatore incallito che è Massimo D’Alema) una sciocca ovvietà che Enrico Berlinguer disse una volta in tv: la cosa di cui era più orgoglioso, sosteneva il segretario del Pci trasformato a vent’anni dalla morte in un tipo ideale della nostalgia, era l’essere rimasto fedele ai suoi ideali di gioventù. Che tremenda platitude. Quelli che hanno combinato qualcosa con il pensiero e con l’azione, nell’Europa cristiana e moderna del Trecento, per esempio Guglielmo d’Ockham, francescano un po’ eretico, dicevano a introduzione dei loro sermoni che, si quid autem dixero contrarium veritati, se dirò qualcosa che risulta contrario alla verità, state certi che a tempo e luogo debito non differam retractare, non esiterei a ritrattarlo (An princeps, in “La spada e lo scettro”, per i tipi della BUR). Ritrattare senza rinnegare, questa è grandezza intellettuale, altro che nostalgia ideologica di ciò che siamo stati. Ma non rinnegare, appunto. Riferirsi genericamente alle tradizioni religiose senza nominare il cristianesimo e il giudaismo suo fratello maggiore, e comprarsi il silenzio delle curie ma non quello del Papa con altre concessioni materiali, è segno di debolezza e di confessionalismo, di disprezzo molto corretto per la storia concreta e viva, quella che don Benedetto Croce, un laico a prova di bomba e un pensatore forte, sapeva intrisa di cristianesimo. Non è un modo di evitare le guerre di religione, è solo una scappatoia per restarsene nella pace dei sensi e della mente. Una pace cimiteriale. 


Il Foglio 22 giugno 2004