I cattolici salvarono migliaia di ebrei in Ungheria

INTERVISTA


L’IMPORTANTE RUOLO DELLA SANTA SEDE IN UNGHERIA


La storia della persecuzione nazista antisemita continua a svelare episodi di solidarietà da parte di cattolici che salvarono migliaia di Ebrei: in un articolo de “La civiltà cattolica”

Intervista con padre Giovanni Sale


 Il ruolo della Santa Sede nella salvezza di molti ebrei ungheresi durante la persecuzione nazista viene ricostruito in un articolo della Civiltà Cattolica, nel numero del 15 gennaio. Un’analisi che intende dimostrare che la Santa Sede, come del resto anche la Croce Rossa e le rappresentanze diplomatiche di alcuni Paesi fecero tutto il possibile per sottrarre il maggior numero di ebrei ungheresi alla deportazione. Il servizio di Debora Donnini.


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In Ungheria sopravvissero all’Olocausto circa 120 mila ebrei, il più numeroso gruppo nazionale che scampò alla persecuzione nazista. Questo fu possibile – ricorda l’articolo di Civiltà Cattolica – grazie all’azione congiunta di uomini coraggiosi che, mettendo a rischio la propria vita, fecero tutto il possibile per salvare il maggior numero di ebrei dalla deportazione. La salvezza di una parte degli ebrei ungheresi fu anche dovuta all’intervento di Papa Pio XII, unito a quello del re di Svezia Gustavo V e del presidente della Croce Rossa Huber, presso il Reggente d’Ungheria Horty, nel 1944. Un appello che fu determinante per la sospensione, seppur momentanea, delle deportazioni. Ce lo conferma l’autore dell’articolo, lo storico gesuita padre Giovanni Sale.


Pio XII attraverso il celebre “Reclama” che inviò al reggente Horty, ed anche con l’azione congiunta di altre personalità del mondo politico – come il re Gustavo di Svezia, ma anche Hubert della Croce Rossa –  riuscì a rallentare la deportazione sistematica degli ebrei ungheresi. In questi modo molti ebrei ebbero la possibilità di nascondersi e di lasciare, in qualche modo, la nazione. Una volta occupata l’Ungheria da parte dell’Esercito tedesco, dopo la deposizione del Reggente, la deportazione ricomincio ancora una volta.


Va quindi ricordata l’azione di mons. Gennaro Verolino, allora uditore della nunziatura apostolica di Budapest, insignito – fra l’altro – recentemente di un premio dal governo svedese proprio per la difesa dei diritti umani. Mons. Verolino in collaborazione con l’allora nunzio mons. Angelo Rotta e assieme ad altri diplomatici, in particolare della legazione svedese, rilasciò un gran numero di certificati di protezione, 15 mila secondo un appunto di mons. Montini – futuro Paolo VI – durante il regime di Szalasi, circa 25 mila per tutto il periodo. Ancora padre Sale.


“La Santa Sede intervenne in questo periodo attraverso Rotta, attraverso il suo uditore, mons. Verdolino, rilasciando lettere di protezione. Questi certificati avevano un valore legale e facevano in modo che questi ebrei perseguitati, trovassero per un certo periodo protezione presso le legazioni diplomatiche. Successivamente furono organizzate anche dalla Nunziatura delle case di protezione, dove furono ospitati bambini ed anziani. La maggior parte degli ebrei che ebbero questi documenti o che furono ricoverati in queste case ebbero salva la vita. Questa modalità, quindi, di aggirare la persecuzione ebbe degli effetti pratici molto importanti.


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http://www.radiovaticana.org/radiogiornale/ore14/primopiano.htm