Da che pulpito viene la predica a Benedetto XVI!

Un po’ di storia…

Il Belgio è un pulpito poco adatto
per far prediche al Papa sull’Africa

L’aspetto buffo della vicenda sta nel fatto che la reprimenda sulla questione africana sollevata da Benedetto XVI venga proprio dal Belgio, la nazione che ha sperimentato la più bieca e brutale forma di colonialismo…

La Storia, a volte, è davvero buffa.
Uno dei parlamenti più liberali d’Europa si prende la briga di esprimere, con atto formale, una severa censura nei confronti del Capo dello Stato Città del Vaticano, reo di aver espresso un’opinione. L’aspetto buffo della vicenda sta nel fatto che la reprimenda sulla questione africana sollevata da Benedetto XVI venga proprio dal Belgio, la nazione che ha sperimentato la più bieca e brutale forma di colonialismo.
Con il Congresso di Berlino (1885) il territorio africano costituito dal Congo fu assegnato, a titolo personale, al re Leopoldo II del Belgio. La più vasta proprietà privata che la Storia abbia mai conosciuto. Soltanto nel 1908 il sovrano cedette allo stato belga il territorio che assunse, appunto, il nome di Congo belga.
Quella sfortunata terra africana conobbe, durante il dominio coloniale, uno dei più spietati sfruttamenti (fenomeno conosciuto come “il terrore del caucciù”), un vero e proprio genocidio ed un ferreo apartheid.
La disgrazia dei poveri congolesi arrivò con la scoperta del processo di vulcanizzazione della gomma e il suo impiego industriale che fecero della colonia belga uno dei più grandi serbatoi mondiali di questo prodotto fondamentale per l’industrializzazione dell’Occidente.
Sotto la brutale minaccia – assai spesso attuata – di punizioni corporali e mutilazioni (mani e piedi per gli uomini e mammelle per le donne), tutti i congolesi furono coattivamente mobilitati per la raccolta ed il trasporto del caucciù. Ovviamente senza alcun compenso.
Nei 23 anni del brutale dominio belga morirono in Congo circa 10 milioni di persone, direttamente per la repressione o indirettamente per epidemie o fame, dovuta alla distruzione punitiva dei raccolti. Si trattò di un vero e proprio genocidio, in cui perì quasi metà della popolazione congolese, stimata a circa 20-25 milioni di abitanti nel 1880.
Una legge dell’amministrazione leopoldina del 1898 obbligava bianchi e neri a risiedere in zone diverse delle città, legge parzialmente derogata nel 1926 da un’ordinanza che attribuiva agli amministratori locali la possibilità di concedere eccezioni soltanto per una maggior flessibilità nella gestione della servitù indigena. Ai congolesi, inoltre, era proibito l’uso di alcolici e la circolazione nelle ore notturne, divieto rimasto in vigore fino al 1959.
I Belgi, in fondo, non hanno mai dimenticato che il loro Congo è divenuto per la Storia il simbolo del colonialismo avido e dell’imperialismo razzista in Africa. Non hanno mai dimenticato le denuncie di William Sheppard, il missionario che assistette, durante la repressione di una rivolta degli indigeni, ad una forma di atrocità che sarebbe diventata il simbolo delle crudeltà commesse in Congo (i soldati per provare di non aver sprecato o nascosto munizioni dovevano mostrare la mani dei ribelli uccisi, e in diversi casi mutilavano persone ancora vive). Così come non hanno mai dimenticato le fotografie scattate e diffuse dalla missionaria Alice Seeley Harris, in cui vennero ritratti bambini con le mani amputate.
Ora, alla luce di questi antefatti storici, ci sono solo due chiavi di lettura per cercare di comprendere la stizzita reazione del parlamento belga di fronte alle parole del Santo Padre. La prima, molto semplice, è quella dovuta ad una mauvaise conscience. Non avendo sul punto una coscienza propriamente linda, i belgi non hanno probabilmente gradito la condanna papale ad ogni forma di sfruttamento neocoloniale dell’Africa da parte degli occidentali. Questo deve aver toccato un nervo scoperto del popolo belga, e riportato alla luce un vergognoso passato che certo, per loro, è preferibile nascondere.
La seconda chiave di lettura, più maligna, sta nel fatto che forse è ancora così profonda la venatura di razzismo nell’animo dell’elite belga, da dover a volte esplodere con rigurgiti incontrollabili. In fondo, parlare, come fa il Papa, di educazione alla sessualità e di autocontrollo per i negri è tempo perso. Basta soltanto utilizzare i condom come si utilizzano i mezzi della profilassi d’emergenza nelle epidemie animali. Semplicemente assurdo parlare di percorsi educativi, di sessualità responsabile e di autocoscienza. Per i belgi, forse, tutti gli africani andrebbero trattati come i congolesi sotto il loro dominio. Esseri inferiori cui dovrebbe essere proibito bere alcolici e circolare di notte.
 (Gianfranco Amato, presidente dell\’Associazione Scienza e Vita di Grosseto)
Il Sussidiario sabato 25 aprile 2009