«Come sarò tra 5 anni?»

Il futuro in base allo stile di vita


«Come sarò tra 5 anni?»


Dal laboratorio Accenture Technology, vicino Nizza, è in arrivo uno specchio informatico per predire i cambiam enti

Il futuro in base allo stile di vita


«Come sarò tra 5 anni?»


Dal laboratorio Accenture Technology, vicino Nizza, è in arrivo uno specchio informatico per predire i cambiam enti


LONDRA – I chili di troppo, le rughe, i capelli bianchi, l’espressione stanca e appesantita. Se Dorian Gray nascondeva in soffitta il ritratto che senza pietà gli ricordava a ogni sguardo la bruttezza di disonestà e vizi, celare la verità potrebbe presto essere più difficile: almeno se un progetto in via di sviluppo in Francia centrerà l’obiettivo che si prefigge. E’ un obiettivo che potrebbe non piacere a tutti: mostrare a ciascuno di noi l’aspetto che avremo tra cinque anni se non cambieremo stile di vita. La coscienza in uno specchio, insomma. Uno specchio collegato a diverse telecamere che, sparse per casa, raccoglieranno dati sulle nostre abitudini: le sigarette fumate, le ore trascorse davanti alla tv, gli hamburger mangiati, gli spuntini a tarda ora, il bicchiere di vino, la birra di troppo. Le informazioni saranno elaborate e tradotte in un invecchiamento personalizzato che lo specchio mostrerà al tocco di un bottone. Un momento normale, subito dopo con 5 anni in più: l’immagine alterata dal tempo e dalle cattive abitudini potrebbe essere un’arma potente nella lotta contro obesità, fast food, fumo e pigrizia, sostiene Martin Illsey, direttore del laboratorio Accenture Technology, vicino Nizza, che sta realizzando il congegno. «La tecnologia può essere molto convincente» ha spiegato alla rivista New Scientist . Illsey spera di riuscire a terminare lo specchio entro la fine dell’anno e di produrre un modello che possa trasmettere l’immagine invecchiata in tempo reale, un vero «fantasma degli eccessi odierni». Ma gli esperti si dividono. «Visualizzare gli effetti che le leggerezze di oggi potrebbero avere domani può essere motivante», dice B. J. Fogg, dell’università di Stanford. Ma il suo collega Cliff Randell, da Bristol, avvisa: «Non penso che un sistema che presenta un’immagine negativa dell’utente troverà molti acquirenti».

Paola De Carolis 04 febbraio 2005