Che i progressisti siano in primo luogo immobilisti?

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RIFORME ISTITUZIONALI. LO SCONTRO SALE

di Maurizio Blondet
“Stracciate la Costituzione”. Ma l’accusa non regge
Le Vestali della Carta, quando erano al governo, la cambiarono in senso devolutivo
Certo, sono io che non capisco, e me ne scuso. Il costituzionalista di sinistra Stefano Ceccanti ha più volte detto negli ultimi tempi anche ad Avvenire – ed oggi non lo contraddice – che la devolution è stata già abbondantemente annacquata dalla stessa maggioranza. Fino quasi a non esistere più. “Le Regioni non potranno istituire una polizia, ma quel che già hanno: i vigili urbani”. Anzi, nei testi di riforma della Cdl, “lo Stato recupera poteri” con due clausole che “ricentralizzano” le competenze regionali: la “tutela dell’interesse nazionale” (grazie a cui il Parlamento può bloccare certe leggi regionali) e la “clausola di supremazia”. Ora, il professor Ceccanti non è un seguace di Bossi, ma un intellettuale dell’area Ds: da quel che si può evincere, in sostanza, che la devolution proposta dalla maggioranza è una sorta di commedia gattopardesca: facciamo finta che cambi tutto per lasciare quasi tutto com’è. In più, come ha detto il presidente della Camera Casini, il voto su questi semiprovvedimenti semi-riformatori potrà slittare in là.
Se è così – e lo dice un diessino – vorrei capire perché un gruppo che si chiama “Libertà & Giustizia” ha convocato d’urgenza a Roma una manifestazione sul tema “Salviamo la Costituzione”; dove le personalità là radunate emanano proclami di fuoco, manco fossero i deputati asserragliati nella sala della Pallacorda nel fatale 1789. “Non c’è materia per fare accordi con chi straccia la Costituzione e ne fa una nuova a colpi di maggioranza”, tuona il solitamente tranquillo Rutelli: “Modificare così 48 articoli è una follia”. “Cambiare la Costituzione a stretta maggioranza è una follia”, gli fa sdegnata eco Oscar Luigi Scalfaro. Manca qui lo spazio per riferire quel che gridano altre eminenti figure, come Di Pietro e Veltroni. Basti dire che “follia” e “sacrilegio” sono le interiezioni che corrono più spesso sulle loro labbra. Ci aiutino davvero a capire.
La patria corre dunque l’estremo pericolo? Eppure ci pare di ricordare che queste intatte Vestali della Legge Fondamentale, quando erano loro al governo, la cambiarono in senso devolutivo, con gran pasticci (che ora è necessario rimediare per loro stessa ammissione), a colpi di maggioranza (la loro era risicatissima) e nell’imminenza dello scioglimento, quando si dovrebbe limitarsi agli affari correnti.
Ma il lettore non si affretti ad accusarci di filo-berlusconismo. È noto che anche nella maggioranza c’è chi non vuole cambiare una virgola della Costituzione del ’48. Il partito della conservazione sacrale è trasversale, bipartisan e pure fortissimo. Ci sono vantaggi assai concreti nella difesa dello status quo. Nei giochi che consente lo scollamento, divaricatosi nei decenni, tra la Costituzione scritta e quella che Cossiga chiama “la Costituzione materiale”, formatasi a forza di collusioni e aum-aum tra i beneficiari della spesa pubblica.
Si può capire. Ma per favore, non facciano gli scandalizzati, come le vergini dai candidi manti della nota tragedia greca. Che l’esclamazione “Inaudito!”, un tempo frequente negli educandati femminili, risuoni ormai solo nella sinistra, ex riformista e perfino (sembra ieri) rivoluzionaria, è un tantino ridicolo. Che i progressisti siano in primo luogo immobilisti?

Avvenire
3 ottobre 2004