Così Ungheria e Brasile fanno bene alla famiglia

Pope Benedict XVI (R) poses with Hungary’s Prime Minister Viktor Orban (3rd R) and his family during a private audience at the Vatican December 6, 2010. REUTERS/Alberto Pizzoli/Pool (VATICAN – Tags: RELIGION POLITICS)

Destra e sinistra non sono affatto scomparse: da quando c’è Orban chi fa più figli paga meno imposte. I tassi demografici sono in crescita. E Bolsonaro vuole fare altrettanto

 

FINE DELL’INVERNO DEMOGRAFICO

Per ricostruire sulle rovine del comunismo, in Ungheria, saranno necessari altri decenni, ma intanto si è invertita la tendenza al declino demografico, annuncia il ministro della Famiglia Katalin Novak al Forum di Budapest per I Comunicatori Cristiani.
Dal 1981, la popolazione magiara aveva iniziato a calare al ritmo di 30mila persone l’anno: tanta era la differenza fra i nati e i morti.
Dal 2010 al 2018, al contrario, il tasso di fertilità, cioè il numero medio di figli per donna, è cresciuto del 21%. È una dinamica positiva, che va di pari passo con l’aumento dei matrimoni, saliti del 42%.

La ricetta del governo di Viktor Orban sta funzionando: investendo il 5% del Pil in politiche di sostegno alla famiglia e alla vita, sono specularmente calati i divorzi, i casi di mortalità infantile e gli aborti, anche se su quest’ultimo aspetto «rimane ancora molto lavoro da fare», ammette la Novak perché «i soldi non sono la bacchetta magica» per risolvere la crisi, benché aiutino a riconquistare un po’ di fiducia nel futuro.

PRESTITI E AIUTI

Le misure principali sono rivolte alle madri, che si caricano delle responsabilità maggiori, e ai figli. Più bambini si mettono al mondo e meno tasse si pagano. Le donne con quattro figli sono addirittura esenti dalle imposte sul reddito.

Certo, i tempi sono cambiati e ora si preferisce avere una casa prima della prole. Perciò sono a disposizione prestiti da 25mila euro per ogni famiglia che intende acquistare un immobile. Al terzo nato, non dovranno più restituire nulla.
Le donne, inoltre, godono di un congedo parentale retribuito per un periodo di tre anni, che tuttavia consente loro di tornare ad avere una carriera lavorativa.

Per chi invece studia ancora ma vuole sposarsi, si riduce l’impatto del mutuo o del prestito universitario.
Inoltre lo Stato viene incontro ai costi di gestione dei figli, in particolare con sgravi sulle spese per l’educazione.

«La domanda a cui trovare una risposta è: perché non è attraente formarsi una famiglia in giovane età? Eppure in Ungheria, quando si chiede a qualcuno come sta, ci si sente rispondere con il racconto delle condizioni di salute della nonna o della suocera. Perciò ci si percepisce innanzitutto come membri di una famiglia, non soltanto come individui. Siamo partiti da questo concetto per garantire ai nostri concittadini la libertà di formarsi una famiglia», spiega il ministro.

Chi contesta i provvedimenti che hanno dimostrato la loro efficacia nel frenare l’estinzione dei magiari, sostiene che si tratta di discriminazione verso le coppie omosessuali e i diritti delle persone Lgbt.
Anche ieri Orban ha risposto che si sta proteggendo il modello tradizionale di famiglia, perché «ogni bambino ha diritto ad avere una mamma e un papà». E non si trovano ambiguità nella Costituzione ungherese, che parla di matrimonio esclusivamente fra un uomo e una donna che creano così «la base perla sopravvivenza della nazione».

IMMIGRAZIONE

Ma, se sul piano nazionale il rimedio sembra ottenere l’effetto sperato, la sfida è a livello globale. Affinché maturi anche nel resto del mondo la consapevolezza che la famiglia è la risorsa più importante della nazione, sulla quale investire di più e meglio, Budapest ha ospitato ieri il terzo Summit internazionale sulla demografia.
È un tema caro soprattutto ai sovranisti, ormai, perché «l’Europa si è arresa al fatto che la popolazione cresca soltanto per effetto dell’immigrazione», osserva la Novak, quel fenomeno culturale che vede una larga fetta del Vecchio Continente rassegnata alla propria scomparsa e il resto del mondo in continua espansione.

Il rischio, per coloro che non tifano per l’invasione e difendono la propria identità culturale e religiosa, è di andare incontro a incomprensioni e a persecuzioni quotidiane e perfino a censure che vorrebbero impedire di esprimersi a chi ha un punto di vista religioso, osserva Angela Vidal Gandra da Silva Martins, Segretario di Stato per gli Affari della Famiglia del governo brasiliano, intervenuta a entrambi gli incontri.

Allora vale la pena di parlare chiaro, propone, e affermare che il cristianesimo ha migliorato il mondo dal punto di vista dei diritti umani ed è proprio perché la fede si trasmette all’interno delle famiglie che queste vanno fortificate. Senza paura di affermare che i generi sono due: maschio e femmina; senza cedere a definizioni confuse del politicamente corretto che nasconde aborto e contraccezione con il termine di “salute riproduttiva”.
In fondo, spiega l’esponente del governo brasiliano, Bolsonaro è stato eletto peri suoi valori etici e per la sua difesa della famiglia. Populisti spesso è anche sinonimo di popolari.

di Andrea Morigi da Libero del 06/09/2019

Lascia un commento