Zapatero perde quota nei sondaggi

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La stella di Zapatero precipita nei sondaggi

L’appoggio socialista allo «Statut» catalano e Ceuta propiziano il sorpasso dei popolari. Ora il PSOE scende al 40,1%, i popolari schizzano (PP) al 40,6%…

Zapatero frana nei sondaggi. Per la prima volta dall’aprile del 2004, quando vinse inaspettatamente le politiche, il partito socialista (PSOE) del premier «padre di tutti i relativismi» perde la leadership e viene sorpassato dai popolari (PP) del grigio Mariano Rajoy. Non solo: la popolarità del capo dell’esecutivo, nell’ultimo anno, è sceso di ben 13 punti. Questi i clamorosi dati di un sondaggio pubblicato ieri dal liberal El Mundo.
Laconica (e imbarazzata) la risposta del numero 2 del PSOE, Pepe Bianco: «Commentiamo solo i nostri sondaggi».
Il risultato è tanto choccante che il giornale chiosa: «Capitombolo radicale nel panorama politico spagnolo. I dati del nostro rilevamento statistico registrano una perdita di appoggio degli elettori che adesso porterebbe il PSOE alla sconfitta». Poi vengono i dati, a sopresa se si pensa che fino al marzo scorso Zapatero (che aveva conseguito il 42,6% nel 2004) viaggiava sul 43,7% mentre i popolari si attestavano sul 37,6%, la stessa percentuale delle legislative dell’anno scorso. Ora il PSOE scende al 40,1%, i popolari schizzano al 40,6%. In altre parole, in tre mesi Zapatero ha perso quasi 4 punti percentuali. EI Mundo punta il dito sulla «approvazione dello statuto catalano con la partecipazione attiva del premier». Passato lo scorso 30 settembre nel parlamento di Barcellona, e da ratificarsi nella Cortes di Madrid, il progetto di nuovo «Estatut» catalano, che ha ottenuto 120 sì e 15 no (solo il pp) sta provocando un gran terremoto politico. In sintesi, la «devolution catalana» prevede che la regione diventi una specie di stato libero associato alla Spagna, con magistratura, fisco, infrastrutture (sanità, polizia ed istruzione ce li ha già). Non solo: la regione viene definita «nazione» e poi si arroga il diritto alla autodeterminazione.
Zapatero, anche se ha messo le mani avanti dicendo che l’«Estatut» sarà emendato alle Cortes quando verrà discusso a novembre, sopratutto sul punto forse più polemico, quello della «nazione», è in difficoltà: il governo regionale catalano, rossoindipendentista (socialisti, comunisti e separatisti di sinistra repubblicana) è fondamentale per garantire la governabilità. Infatti è composto anche dagli stessi 2 partiti, comunisti e sinistra repubblicana, che gli garantiscono l’appoggio esterno. Un appoggio che minaccia no di togliere se non passa il progetto di statuto.
Di più: i socialisti sono profondamente divisi al loro interno, mentre i popolari annunciano ricorsi di incostituzionalità che hanno molte possibilità di essere accolti. Basta dire che lo stesso ex premier Felipe Gonzalez ha fatto sapere di essere molto insoddisfatto dell’operato di Zapatero. Alcuni osservatori palesano addirittura la possibilità che il premier, al governo in minoranza (164 deputati su 350), sarà costretto a far passare l’«Estatut», se non vorrà sciogliere le Camere e indire elezioni anticipate. La protesta contro l’«Estatut» registra ogni giorno nuove adesioni. Le ultime, ieri, quelle del Banco di Spagna e dei due maggiori sindacati. Ma Zapatero, ha anche altri problemi. I media assicurano che il premier sta trattando, segretamente, con i terroristi dell’Eta per mettere fine alla violenza. Una strategia che spacca il Paese. E la figuraccia del muro nelle colonie di Ceuta e Melilla, degli africani morti ammazzati, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso (nei sondaggi).


di Gian Antonio Orighi


La Stampa 11 Ottobre 2005