Una madrassah a Bridgeview, in Illinois

  • Categoria dell'articolo:I diversi islam

Daniel Pipes
FrontPageMagazine.com
20 giugno 2005



 


Pezzo in lingua originale inglese: A Madrassah in Bridgeview, Illinois



Probabilmente le scuole islamiche costituiscono il settore meno conosciuto della vita istituzionale musulmana negli Stati Uniti, agendo prevalentemente fuori dalla sfera dell’opinione pubblica ma trasmettendo parecchi segnali rivelatori della loro radicalizzazione. Quando un reporter ha la rara opportunità di intervistare docenti e studenti, specie avendo un fotografo al seguito, ciò rappresenta un’importante occasione.

Marguerite Michaels di Time Magazine ha “potuto usufruire della possibilità di avere un inconsueto accesso” all’interno della Universal School di Bridgeview, in Illinois, sedici miglia a sud-ovest da Chicago, frequentata da 638 allievi a partire dalle elementari. La giornalista ha scritto le sue impressioni in un articolo dal titolo “The Model School, Islamic Style” (“La Scuola Modello, Versione Islamica”) e Robert A. Davis ha scattato alcune foto sensazionali.



Sfortunatamente, la Michaels non coglie la vera natura della Universal School. Ella la ritrae come un moderno istituto, ma le informazioni che lei stessa fornisce mettono in evidenza che si tratta di una scuola ispirata da una versione estrema dell’Islam.



Alcuni esempi riguardano la sessualità:





  • “Le casuali conversazioni tra ragazzi e ragazze sono sempre scoraggiate”, riferisce la giornalista. “Non possono socializzare”, pertanto ogni tipo di comunicazione tra i sessi si limita alla comunicazione scritta.





  • Le ragazze più grandi devono indossare l’hijab (celeste per le allieve più giovani, grigio o bianco per quelle più anziane) e un soprabito lungo fino al polpaccio che sembra un impermeabile.” La stupefacente foto che ritrae otto ragazze coperte, mentre giocano a basket, richiama alla mente le rivoluzionarie donne islamiste che in Iran alla fine degli anni Settanta insorsero contro lo Scià. Le studentesse sanno bene che alla maggior parte degli americani questo vestiario risulta essere sgradevole; Gulrana Syed, una matricola universitaria, mette in evidenza quanto sia “impossibile integrarsi se si porta un velo”.



 


 




  • Quando Ali Fadhli, un allievo di una scuola secondaria, parla dei suoi “problemi” con l’ambiente americano esterno alla scuola, egli allude essenzialmente alle tentazioni sessuali. Questo diciottenne probabilmente avrà delle difficoltà di adattamento agli standard di vita americana; il ragazzo potrebbe finire con l’isolarsi e magari sviluppare delle reazioni di rigetto violento della società circostante.



Altri attitudini riguardano il posto occupato dai musulmani negli Stati Uniti:





  • Fino all’11 settembre, dice Safaa Zarzour, vicepresidente del consiglio d’amministrazione della scuola e un tempo dirigente della stessa, i musulmani subirono “un po’ di discriminazione”, come gli altri immigranti. Ma a partire dall’11 settembre “la gente non pensa più che esistono dei buoni musulmani”. I membri di una delle famiglie della scuola decisero in verità di lasciare gli Stati Uniti dopo l’11 settembre per gli Emirati Arabi Uniti, asserendo di non sentirsi più “i benvenuti nel Paese in quanto musulmani”. Questa posizione difensiva rientra nello schema comportamentale islamista di recriminazioni e che esige speciali privilegi.





  • Così anche un commento del dirigente dell’Universal, Farhat Siddiqui: “Noi raccontiamo ai nostri bambini che sono americani. Ma le porte delle opportunità sono state chiuse a partire dall’11 settembre. Qual è la parola d’ordine per aprirle?” Questa dichiarazione è assurda, poiché tutto attesta che i musulmani d’America stanno prosperando a livello socio-economico, come prima dell’11 settembre.





  • Lo studente di scuola secondaria prima citato crede altresì che “l’America” considera i musulmani come il “nuovo nemico”. Ryan Ahmad, uno studente, osserva che “gli americani sembrano divertirsi molto nella vita. I musulmani cercano di essere americani, ma non sappiamo come. Le culture sono così diverse.” Considerare gli americani e i musulmani, o più esattamente, i musulmani e i non-musulmani, come popoli distinti e separati è una componente chiave del progetto islamista.



Un interesse marcato per la politica estera completa il quadro:





  • “Loro sono ossessionati dalla politica estera”, asserisce Steve Landek, sindaco di Bridgeview. “Arrivo a parlare loro di migliori marciapiedi, e loro desiderano sapere come fare per riuscire a ricoprire un posto al Congresso in modo da poter cambiare la politica israeliana dell’America”.





  • Un quindicenne ha scritto i territori sottoposti al controllo israeliano dovrebbero essere restituiti ai palestinesi e che “gli ebrei dovrebbero essere abbandonati alla loro sorte”.



Ho finito di leggere l’articolo di Marguerite Michaels e sono sgomento per due motivi. Innanzitutto, per il fatto che una veterana giornalista di Time non riesca a vedere come sia in realtà una madrassah americana: piena di disaffezione, risentimento, suprematismo e isolamento che alimentano la mentalità islamista. In secondo luogo, giacché questa “scuola modello” sforna tranquillamente e apertamente diplomati con la speranza che loro creino uno Stato islamico d’America.



http://it.danielpipes.org/article/2703