Ti sta a cuore l’ambiente? Non fare figli!

Bambini: “costosi e inquinanti”


L’Optimum Population Trust: “Bisogna considerare l’impatto ambientale provocato da ognuno di questi bambini nell’arco degli ottant’anni di una vita media. Abbiamo calcolato che ogni bambino inglese costerà al mondo l’equivalente di 620 voli andata/ritorno tra Londra e New York”.

La ricetta cinese del figlio unico per legge sembra fare proseliti anche in Occidente.
Un recente rapporto dell’
Optimum Population Trust – un think-tank britannico che studia gli effetti dell’andamento demografico sull’ambiente – conclude che la famiglia “ecologica” non dovrebbe superare mai il numero di due figli.
Semplice no? Di fatto, i due genitori riprodurrebbero semplicemente se stessi e l’impatto umano sul pianeta resterebbe stabile.


E’ la sparata provocatoria di una sparuta cricca di scienziati di quart’ordine? Niente affatto. Chris Rapley, nuovo responsabile del prestigioso Museo della Scienza di Londra, aggiunge infatti carne al fuoco: “Se investissimo in metodi per ridurre la natalità – sviluppando contraccezione, istruzione e tutela della salute – arresteremmo la corsa della popolazione mondiale verso il limite compatibile, compreso tra 8 e 10 milioni di persone“.


Ogni anno, la popolazione britannica si incrementa di 300 mila unità. Al netto dell’immigrazione, le cifre parlano comunque di 669.531 nuovi nati nel corso del 2006, per una media di 1,87 figli a madre.
Rosamund McDougall, membro di Optimum Population Trust, afferma che “bisogna considerare l’impatto ambientale provocato da ognuno di questi bambini nell’arco degli ottant’anni di una vita media. Abbiamo calcolato che ogni bambino UK costerà al mondo l’equivalente di 620 voli andata/ritorno tra Londra e New York“.


Lo studio ha suscitato diverse reazioni in Gran Bretagna. I componenti di famiglie numerose, toccati nel vivo, hanno argomentato che il semplice calcolo aritmetico non dà conto del diverso impatto ambientale di differenti stili di vita.
Si osserva che le famiglie numerose in genere sprecano meno risorse, che più figli potrebbero anche contribuire a risolvere i problemi del mondo piuttosto che aumentarli, che in definitiva i nuclei allargati hanno uno stile di vita più ecologico.
Inoltre, il fatto che si stiano diffondendo “famiglie” composte da una sola persona – i single – autorizza gli altri a “sforare” con qualche figlio in più.


In Italia non abbiamo ancora di questi problemi: il tasso di natalità è di 1,33 figli per donna. Tuttavia, contrariamente a quanto si pensa, negli ultimi dieci anni si fanno più figli. Generalmente si attribuisce questo trend al tasso di fecondità delle donne immigrate, ma pare che l’aumento riguardi sia le italiane sia le straniere, coinvolgendo in misura maggiore le regioni settentrionali rispetto a quelle meridionali.


In definitiva, quanto può incidere una politica di controllo delle nascite? L’esempio è ovviamente quello cinese.
Secondo le autorità, la politica del figlio unico – lanciata nel 1979 – ha prevenuto almeno 300 milioni di nascite. Senza questa misura, i cinesi sarebbero oggi 1 miliardo e 600 milioni, invece che 1.300 milioni.
La direttiva impone alle coppie di avere un solo figlio; solo le famiglie rurali e alcune minoranze possono avere un secondo figlio se il primo è femmina.


In realtà, pare che la misura abbia prodotto un fenomeno di nascite non registrate e che la popolazione effettiva sia più numerosa.
Inoltre ha anche portato a un rapido invecchiamento della popolazione.
Oggi, in Cina, esistono problemi inediti a cui sono stati assegnati nomi coloriti: “Uno-due-quattro“, quello per cui ogni figlio unico sarà un giorno costretto a mantenere una famiglia composta da due genitori e quattro nonni; “Piccolo imperatore“, che si riferisce alle eccessive attenzioni, con relative conseguenze psicologiche, di cui è oggetto l’unico frutto dell’amore coniugale.


Ma ben altre sono state le conseguenze determinate dall’impatto della politica del figlio unico sulla specifica realtà culturale della Cina. Per la tradizione, solo i maschi ereditano e le figlie femmine abbandonano completamente la famiglia d’origine una volta sposate. I genitori, specie nelle campagne, preferiscono quindi il figlio maschio. Il controllo demografico ha prodotto quindi il fenomeno degli aborti selettivi dei feti femminili, che ha determinato a sua volta uno squilibrio numerico tra i due sessi. La Cina è probabilmente l’unico Paese al mondo dove la popolazione maschile supera abbondantemente quella femminile.


Di recente, l’Accademia delle Scienze ha lanciato un ulteriore allarme: a causa della politica del figlio unico, l’enorme esercito industriale di riserva che sostiene la crescita cinese potrebbe ridursi sensibilmente a partire dal 2010. Oggi la Cina può competere sui mercati internazionali proprio in virtù del basso costo del lavoro. In futuro, probabilmente, non sarà più così.


Ciò nonostante, il controllo demografico continua, anche se, con i tempi, cambiano gli slogan che lo promuovono. Per anni, sui muri delle località rurali, si leggevano avvertimenti minacciosi: “Un altro bambino significa un’altra tomba”, “Alleva meno bambini e più maiali”, “Case distrutte e mucche confiscate, se respingi la richiesta di aborto”.


Ora la pubblicità violenta lascia il posto a parole d’ordine più soft, che strizzano l’occhio al bene comune, al benessere individuale e all’ecologia. La Commissione per la popolazione della Nazione e la pianificazione familiare (Cpnpf) ha recentemente approvato 190 nuovi slogan, tra cui: “La madre terra è troppo stanca per sostenere più bambini”, “Se la Cina desidera una società armoniosa, deve prima risolvere il problema demografico”, “La popolazione deve essere amministrata in modo scientifico, l’armonia deve essere costruita da tutta la popolazione”, “I lavoratori migranti debbono prevenire l’Aids, non danneggiare la prossima generazione”, “Maschi e femmine sono il cuore dei genitori”.