Testimonianze di accoglienza (2003)

LETTERA PERIODICA
strumento di informazione delle famiglie per l’accoglienza
Anno XII – numero 58 GIUGNO2003


Come è nata la disponibilità all’affido

A giugno scorso abbiamo deciso io, mio marito, i nostri figli di 18 e 14 anni, di dare la disponibilità
per un affido. La decisione è venuta non per un vuoto da colmare,(in fondo la nostra famiglia era tranquilla, i ragazzi assolutamente autonomi ed io potevo finalmente dedicarmi al mio lavoro di insegnante con tranquillità), ma per una sovrabbondanza di bene che percepivano sulla nostra famiglia grazie alla presenza sempre più stretta di alcuni amici, alcuni dei quali facevano l’esperienza di Famiglie per l’Accoglienza. Noi ci sentivamo a posto, bravi genitori, con una discreta capacità educativa e quindi ben attrezzati per affrontare questa esperienza. I servizi sociali ci avevano descritto N. come un bambino di 5 anni, tranquillo, che a parte il naturale e ovvio disagio dovuto all’allontanamento dalla mamma, non presentava alcun problema. Invece no. Arriva uno sconquasso generale che mette in discussione tutti i criteri e le tue convinzioni pur corrette e generose. N. ha grossi problemi psicologici e dopo nove mesi di confronto serrato e di lavoro con i Servizi Sociali, riusciamo ad ottenere per
lui una terapia psicologica. N. è un bimbo che esprime una grande sofferenza e l’unico modo per
andare avanti è quello di stare davanti alla sua sofferenza, che in nessun modo noi riusciamo a lenire.
Stare davanti a quella sofferenza ci ha fatto capire che non siamo noi a costruire la nostra vita, né tanto meno quella dei nostri figli, pur se sorretta da progetti buoni su noi e loro. Contemporaneamente a questa grossa difficoltà che stavamo vivendo una compagnia di amici si è stretta intorno a noi (N. ha due fratellini affidati a due famiglie di amici), queste due famiglie in primo luogo e altre, ci hanno fatto una compagnia paziente e ci hanno insegnato ad essere pazienti prima di tutto con noi stessi e poi con gli altri. Questa pazienza ha determinato un’apertura a tutti i rapporti, perché mi ha insegnato a non possedere l’altro ma a rispettarlo con tutto il bene che è. Infatti mai come quest’anno si sono per me approfonditi i rapporti con i miei colleghi e con il mio preside che si sono coinvolti con l’esperienza che facciamo e cercano la compagnia nostra e dei nostri amici perché affermano ci sia un respiro che non avevano percepito mai in nessun altro posto.
Un altro fatto interessante è stata la partecipazione alla Consulta per la Pastorale della famiglia, dove, semplicemente raccontando l’esperienza che facciamo come Famiglie per l’Accoglienza tutte le realtà presenti hanno voluto materiale, notizie, rapporti, affermando che in mezzo a tante parole, quello che raccontavo era un fatto e testimoniava cosa fosse l’essenza della famiglia cristiana.
Questa dimensione di accoglienza è diventata veramente la dimensione delle mie giornate in tutti gli ambiti in cui vivo e con tutte le persone che incontro.
Paola (dalla Liguria)


Un affido, l’asilo e… gli altri
Abbiamo due bambini A. di 7 anni e M. di 3, affidato a noi quando aveva un mese, oggi affido sine die; ha iniziato a frequentare l’asilo. Un bimbo in affido non passa certo inosservato nell’ambiente scolastico: il cognome diverso dal nostro, l’assenza costante nei giorni di incontro con la famiglia d’origine, la non-somiglianza con noi e A.…
La sua storia sollecita l’attenzione educativa “particolare” delle maestre e la curiosità degli altri genitori. Gli atteggiamenti sono i più diversi: da chi si ritrae, scusandosi per non aver intuito la “verità”, a chi chiede notizie, a chi si sente spinto a paragonare un desiderio del proprio cuore (“volevamo un
altro bimbo… abbiamo telefonato in tv per l’adozione a distanza… ci sarà da fidarsi?”) ma in cosa la nostra presenza, la nostra esperienza sono utili a quei genitori? cosa mostriamo loro? Che siamo generosi, più bravi? Ma noi siamo normali, anzi spesso meno organizzati ed efficienti di tanti genitori
(il grembiule a posto, la merenda giusta, la puntualita’…beh, non siamo perfetti!). No, che siamo persone che hanno preso seriamente la p r o p r i a umanità e le esigenze del nostro cuore, che abbiamo una compagnia di amici, che ci ha chiesto di iniziare questa avventura, di cui ci fidiamo,
che continua ad accompagnarci; che stiamo imparando da questa compagnia uno sguardo diverso, non solo su M, ma anche su A. Anche nelle piccole cose (non ci mostriamo preoccupati solo per i compiti o i voti, non chiediamo subito: cos’hai mangiato, hai mangiato tutto?, ma “hai imparato qualcosa
di nuovo? come stanno i tuoi amici? sono arrivata presto, oggi stiamo insieme, sono contenta… e se parlano coi loro amici, non gli mettiamo fretta!) uno sguardo alla loro persona “intera”, al loro bisogno più vero. Infine possiamo trasmettere la nostra apertura perchè ci sia spazio per il miracolo nella nostra vita familiare.
Come è stato scritto nella mostra sulle origini della scuola Maria Luigia “ tutto questo è nato come risposta ad un’esigenza concreta e reale- per noi, il bisogno di una famiglia per M. e i suoi fratellini.


Laura e Luca (Genova)