SCANDALOSO: ora anche i frati costruiscono moschee

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CONVERTIREMO L’ITALIA ALL’ISLAM
NELL’ARCO DEI PROSSIMI DIECI ANNI…
CON L’AIUTO DEI FRATI


Che le moschee in Italia siano presenti in numero crescente è noto. Ma la novità è che ora anche i frati si impegnano a costruirne di nuove: accade a Genova, dove i francescani regalano terreno per un tempio islamico. Lo scambio aveva avuto il benestare dal cardinal Bertone. Esulta l’imam del capoluogo ligure. Poco importa che la moschea sarà patrimonio del Waqf al Islami (Ente dei Beni islamici dell’ Ucoii, che complessivamente ha investito circa 2 milioni di euro per l’acquisto di 13 moschee) e che, pertanto, sarà un bene inalienabile e incedibile. Poco importa che nelle moschee dell’Ucoii è diffusa una versione estremista del Corano, dove si criminalizzano i cristiani, gli ebrei, gli occidentali, le donne e i musulmani che non si sottomettono al loro arbitrio. Poco importa che l’Ucoii è un’organizzazione imparentata con i Fratelli Musulmani, che predica la distruzione di Israele, esalta i terroristi palestinesi, iracheni e afghani, mira a imporre il califfato islamico ovunque nel mondo. Poco importa che l’Ucoii si sia appena resa responsabile del sostanziale fallimento della Consulta per l’islam italiano, facendo prevalere l’oltranzismo ideologico alla moderazione necessaria per coniugare la religione alle leggi, ai valori e alla comune spiritualità degli italiani…
Intanto a Sesto San Giovanni scoppia un caso politico per una moschea che dovrebbe sorgere in pieno centro vicino a una chiesa. La Lega Nord vuole portare il caso a Bruxelles…


Per saperne di più leggi il DOSSIER.

La quarta moschea (affidata all’Ucoii)


di MAGDI ALLAM


Se vi raccontassi che il Papa avrebbe deciso di far costruire una moschea in Vaticano, restereste attoniti. Se aggiungessi che la moschea verrebbe ceduta a degli islamici radicali che predicano l’odio, mi prendereste per pazzo. Ma se vi riferisco, riportando dalla prima pagina del Secolo XIX, che a «Genova i frati costruiranno la moschea», e che essa diventerà proprietà dell’Ucoii, chissà perché oggi in Italia il fatto viene esaltato come gesto di autentica carità cristiana e un modello di fratellanza umana.


«A Genova Cornigliano, o meglio a Campi, un minareto sorgerà a pochi metri da un campanile, e i frati che stanno sotto quello stesso campanile metteranno anche i soldi per costruire una vera e propria moschea», scrive il giornalista che non nasconde il suo entusiasmo: «Le braccia dell’incontro svetteranno nel cielo… e lanceranno un messaggio di pace inedito e sbalorditivo (…) Non è una favola, non è una chimera, è la realtà (…) Gli attori di questo film sono assessori comunali, preti, frati e un intraprendente imam».


Nell’articolo si spiega che dopo il rifiuto della popolazione di Cornigliano di una moschea che sarebbe sorta nell’edificio di una vecchia fabbrica acquistata per circa 300 mila euro dall’Ucoii (l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), «un bel giorno arrivano i frati del Sorriso Francescano, gli unici per capacità finanziarie in grado di avanzare un’ipotesi di “baratto”. Si rendono disponibili a rilevare l’immobile di via Coronata 2 (quello di proprietà degli islamici), in cambio cederanno un pezzo di terreno che sorge proprio vicino al loro convento. Di più, prima di cederlo, per arrivare a un sostanziale equilibrio della permuta, costruiranno anche lo scheletro dell’edificio che ospiterà la preghiera dei fedeli di Allah. Perché questo sogno e questo grande esempio di civiltà e di incontro arrivi a reale realizzazione, manca solo la firma di una convenzione scritta».


A questo punto l’amministrazione comunale retta dal sindaco diessino Giuseppe Pericu, dopo essere stata costretta a invocare ragioni di «viabilità» per scongiurare la costruzione di una moschea che ha sollevato dure proteste popolari, si sente sollevata perché la questione si è trasformata in un fatto interno tra un ordine religioso cattolico e l’Ucoii.


Poco importa che la moschea sarà patrimonio del Waqf al Islami (Ente dei Beni islamici dell’ Ucoii, che complessivamente ha investito circa 2 milioni di euro per l’acquisto di 13 moschee) e che, pertanto, sarà un bene inalienabile e incedibile. Poco importa che nelle moschee dell’Ucoii è diffusa una versione estremista del Corano, dove si criminalizzano i cristiani, gli ebrei, gli occidentali, le donne e i musulmani che non si sottomettono al loro arbitrio. Poco importa che l’Ucoii è un’organizzazione imparentata con i Fratelli Musulmani, che predica la distruzione di Israele, esalta i terroristi palestinesi, iracheni e afghani, mira a imporre il califfato islamico ovunque nel mondo. Poco importa che l’Ucoii si sia appena resa responsabile del sostanziale fallimento della Consulta per l’islam italiano, facendo prevalere l’oltranzismo ideologico alla moderazione necessaria per coniugare la religione alle leggi, ai valori e alla comune spiritualità degli italiani. Poco importa che il sedicente «imam della comunità islamica» Husein Salah, colui che sta gestendo le trattative per la moschea, sia il luogotenente dell’ Ucoii a Genova, millantando un’ autorità religiosa che suona come un’eresia nell’islam e una rappresentatività che non ha alcun fondamento democratico. Poco importa che lo stesso Salah abbia assunto dei toni perentori e inaccettabili nei confronti delle stesse autorità comunali totalmente disponibili e accondiscendenti nei suoi confronti: «Il Comune deve garantire un iter accelerato — un anno di tempo al massimo —- per l’approvazione della nuova pratica», ha detto al Secolo XIX, altrimenti «noi non ci stiamo».


Ed è così che a Genova sorgerà la quarta moschea d’Italia con tanto di cupola e minareto («potrebbe essere anche maggiore di tredici metri, dato che intorno all’ area dei Cappuccini non ci sono case vicine», ha preannunciato Salah), dopo quelle di Roma, Milano Segrate (anch’essa dell’Ente patrimoniale dell’Ucoii) e Catania. In lista d’attesa c’è la moschea di Colle Val d’Elsa, anch’essa destinata all’Ucoii, con un cospicuo finanziamento di 500 mila euro concesso dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena.
Sono le roccaforti dell’islam dei Fratelli Musulmani che, secondo l’auspicio espresso da Ali Abu Shwaima — responsabile della moschea di Segrate — in un’intervista che sarà pubblicata dal settimanale Tempi, convertirà l’Italia all’islam nell’arco dei prossimi dieci anni.
Non è né da auspicare né da crederci. Ma è bene che lo sappiano i frati cappuccini, gli amministratori comunali di Genova e di Colle Val d’Elsa, l’esercito dei multiculturalisti che hanno fatto del buonismo la loro vera fede.
I militanti islamici dell’Ucoii sanno quello che vogliono, hanno i mezzi per farlo e sono alquanto soddisfatti di ciò che realizzano. Ma le intenzioni e l’operato dell’Ucoii non stanno certo bene a tutti gli italiani.

Corriere della sera 16 ottobre 2006



Ora anche i frati costruiscono moschee


Chi non è contrario alla moschea, ci metta la prima pietra. E non solo, la prima pietra sono pronti a mettercela i frati, a Genova, per costruire il quarto tempio islamico d’Italia. Soprattutto per mettere fine alle polemiche nate in seguito al progetto della comunità musulmana genovese di realizzare la moschea a Cornigliano, il quartiere genovese che si è sempre ribellato all’idea. Dopo le lettere di protesta dei quattro parroci della zona, si fanno avanti i frati del Sorriso Francescano per trovare una soluzione che sembra trovare tutti d’accordo. Propongono uno scambio: loro si prendono la vecchia fabbrica abbandonata già acquistata dall’imam per costruire la sede della comunità islamica e in cambio danno ai fratelli musulmani un’altra area ben più lontana dal centro abitato, dicendosi anche disposti a costruire almeno i muri portanti della futura moschea per «pareggiare» la differenza di valore tra i due terreni.
Tutto fatto? «Direi proprio di no – frena i facili entusiasmi padre Giampiero Gambaro, che per il Sorriso Francescano si è fatto interprete della soluzione -. Un conto è l’idea, un altro è la concretizzazione. Dipende anche dal Comune di Genova, che per ora ha fatto davvero poco». Il sindaco Giuseppe Pericu e la sua maggioranza infatti avevano sempre dato per buona la prima soluzione della moschea tra le case, dove i residenti proprio non la volevano. Ora che ci sarebbe una soluzione alternativa, devono dimostrare di voler stare dalla parte di tutti, dei musulmani, ma anche dei cattolici e di quei cittadini che non volevano il minareto tra le loro case. «Devono dare delle autorizzazioni, ad esempio a costruire i nuovi volumi nell’area alternativa dove ora non ci sono strutture – spiega padre Gambaro – Ma devono anche risolvere i problemi delle utenze e dei vincoli idrogeologici». C’è da tirar su un edificio di due piani, da realizzare un parcheggio e i collegamenti per raggiungerlo. Finora c’è solo un terreno che si arrampica su una collina, dietro a capannoni industriali e concessionari di auto.
La notizia resta però un’altra. I frati francescani che costruiscono la moschea. «Il progetto che stiamo portando avanti era nato da qualche mese, in accordo con l’allora arcivescovo di Genova, il cardinale Tarcisio Bertone (oggi segretario di Stato Vaticano, ndr) – rivela padre Gambaro, che spiega anche perché questo impegno della Chiesa cattolica -. La moschea potrebbe sorgere quasi in zona industriale, non più tra le case. Là sarebbe più isolata, più decentrata rispetto alla ex fabbrica di via Coronata». E il minareto accanto al campanile dei frati? «Ma no, è distante, non ci sarebbero problemi. Da qui non lo vedremmo neppure». E poi c’è un altro aspetto importante. Dove non sorgerà più la moschea ci sarà tanto spazio per allestire un centro per i giovani e una struttura di accoglienza per alloggi sociali protetti, gestiti dalla Chiesa. Dall’altra parte, l’imam genovese non può che dirsi felice. «È un messaggio di pace, un bel gesto per costruire insieme il futuro», commenta Salh Hussein. Ma anche i sacerdoti che avevano guidato l’opposizione, ora applaudono alla soluzione alternativa. «La moschea sorgerà in una zona lontana dalle case ma ben raggiungibile – spiega Don Valentino Porcile, parroco della chiesa dei Santi Andrea e Ambrogio – Questa soluzione non è nuova, già un anno fa se n’era parlato ma il sindaco si era opposto». Il progetto piace a molti e, pur non essendo ancora al «sì» definitivo, sembra allontanare per sempre le polemiche a Cornigliano. «Ma se non andasse in porto, potremmo tornare a discutere. Certo la moschea a Coronata non si farà mai, non lo permetteremo», conclude don Valentino.
di Diego Pistacchi
Il Giornale n. 41 del 16-10-06 pagina 13


 


«Quello non è un luogo di culto sarà una terra donata all’Islam


Lui, certo, da mediatore non l’avrebbe fatto. Non avrebbe contribuito alla nascita di una moschea a Genova. Don Gianni Baget Bozzo, il sacerdote politologo, consigliere di Silvio Berlusconi, va oltre quello che sembra un motivo di distensione tra cattolici e musulmani. E si sorprende alla notizia che i frati siano stati parte determinante del progetto con una transazione commerciale.
Cosa significa per lei questa notizia?
«Che Genova diventerà a tutti gli effetti un punto di riferimento nelle relazioni con il mondo musulmano, un centro di traffico di primo piano con questa società. Non possiamo sapere cosa accadrà, ma non abbiamo neppure alcun controllo su ciò che questa moschea potrà portare. E dobbiamo anche prendere atto che tutte le posizioni radicali sono sempre nate intorno alle moschee».
Non l’ha presa bene?
«La cosa non mi rallegra. Non la trovo una buona notizia per Genova».
E il fatto che la Chiesa possa dare una mano all’imam?
«Certo, è curioso. Capisco che possa aver agito nell’interesse della comunità di Cornigliano, ma francamente mi sembra paradossale che un’istituzione cattolica abbia contribuito a introdurre la moschea sul proprio territorio, perché resta il fatto che i frati francescani sono protagonisti di un passaggio fondamentale della realizzazione di questa moschea».
Ma perché teme questo progetto?
«Perché purtroppo si vede generalmente una moschea come una chiesa di un’altra religione».
Non lo è?
«No, non è un luogo di culto. È un edificio della umma, la comunità islamica. E soprattutto diventa terra dell’Islam. Per sempre. Non dobbiamo vedere questa religione come un’altra forma di cristianesimo, è diversa, predica l’affermazione dell’Islam sul mondo. È una comunità mondiale totale, corrisponde più a ciò che intendiamo per politica che per religione. Non guarda solo all’aspetto interiore».
I frati francescani hanno dato seguito a un’iniziativa del cardinal Bertone…
«Il cardinal Bertone si è trovato di fronte all’Islam nel momento in cui è diventato segretario di Stato Vaticano, ha visto di cosa si tratta quando ha dovuto difendere le parole del Papa. Ecco, la moschea di Genova sarà un punto di quella comunità islamica che si è manifestata grazie alla tv come una comunità mondiale contro il Papa. E non mi risulta che sia stata chiesta la reciprocità con qualche Paese islamico come auspicato da Papa Giovanni Paolo II e come riformulato dall’attuale pontefice».
Crede quindi che potendo tornare indietro non tenderebbe più la mano all’imam di Genova?
«Non lo posso sapere, non sono in lui. Ma certo ora si è trovato di fronte a un imam urlante. C’è da dire che anche a Roma ci sono posizioni concilianti come la sua. Ad esempio ricordo Giulio Andreotti che è intervenuto per la realizzazione della moschea a Roma».
Conosce l’imam di Genova, Salah Hussein?
«Non lo conosco, ma è un imam. Mi auguro che sia tranquillo, dolce. Ma quando c’è una moschea l’imam può anche cambiare, la moschea resta».
Insomma, la Chiesa ha sbagliato?
«Questa scelta non la metterei tra i suoi fasti. Diciamo che è stato un atto di carità nascosta. Ma a chi ha fatto questa carità? In realtà soprattutto al sindaco Pericu. Gli ha risolto la grana della moschea che lui aveva promesso, e soprattutto lo ha tolto dalla difficoltà in cui si trovava a Cornigliano, in una zona di elettori vicini alla sua parte politica, che erano contro di lui perché non volevano quella moschea».
Il Giornale n. 41 del 16-10-06 pagina 13



Sesto San Giovanni, il minareto oscurerà la chiesa


I musulmani hanno acquistato un’officina in disuso nel cuore della città, dove sorge una parrocchia «storica»


Tra le vecchie torri delle acciaierie e gli alti palazzi che negli anni Sessanta hanno ospitato migliaia di operai a Sesto San Giovanni potrebbe presto spuntare un minareto. La comunità musulmana dell’ex Stalingrado d’Italia sta infatti acquistando un’officina in disuso in via Veneto, nel cuore della città per trasformarla in luogo di culto. La moschea potrebbe nascere qui, nei pressi di Santo Stefano, la chiesa storica. Secondo fonti vicine al nuovo acquirente due delle tre rate sarebbero già state versate e le ruspe pronte a fare il loro ingresso nella zona. Per i cittadini, che già si sono riuniti in un comitato spontaneo la moschea però non «s’ha da fare». Una discussione che nei giorni scorsi è arrivata anche sui banchi del consiglio comunale. A sollevare l’attenzione del Parlamentino cittadino sul futuro di via Veneto un’interrogazione a risposta immediata presentata dalla Lega Nord. Secondo la Casa delle Libertà, infatti, all’interno del vecchio capannone, «torni e carrelli elevatori potrebbero presto essere sostituiti da tappeti senza che all’esterno si sappia esattamente quello che accade in quelle che una volta erano le officine del rilancio siderurgico del Paese».
Dubbi e paure condivise dai residenti del centro città che, a microfono spento e senza svelare la loro identità, ricordano però il caso dell’imam milanese Abu Omar e non vogliono viverne uno sotto casa. Ad accendere la polemica anche quanto accaduto pochi giorni fa in via Tasso, dove attualmente sorge la sede del centro di cultura islamica quando un giovane è stato aggredito e minacciato da alcuni seguaci di Allah a seguito di un incidente automobilistico. Ma la polemica relativa alla moschea di Sesto San Giovanni non si ferma all’interno dei confini cittadini. Dell’argomento se ne è infatti parlato anche a Bruxelles. A farsi portavoce della protesta l’europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio che ha promesso manifestazioni di piazza affinché «quella che è stata una roccaforte del comunismo ora non passi nelle mani degli islamici». Vano, al momento, il tentativo delle forze politiche di opposizione di convincere gli islamici a realizzare la loro moschea altrove o, quanto meno, lontano dal centro, magari andando a riqualificare una delle tante aree dimesse della città. «Non appena gli immobiliaristi capiscono che qualcuno è interessato all’acquisto per realizzare al posto dei capannoni una moschea, i prezzi lievitano notevolmente e tutto torna da capo» hanno spiegato i vertici della giunta Oldrini. In città, intanto, monta la tensione tanto che lo stesso forum on line dell’amministrazione cittadina è stato preso d’assalto dai sestesi che vogliono capire che cosa sta realmente accadendo nelle loro corti e se davvero al posto delle ciminiere degli alti forni della Breda vedranno spuntare un minareto.
di Silvia Villani
Il Giornale n. 41 del 16-10-06 pagina 13