Russia, retro a tutto gas?

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INTERVISTA


MOSCA TORNA ALL’URSS


Dopo l’uccisione della giornalista Anna Politkovskaja, il j’accuse dell’ex dissidente Sergej Kovalev, già amico di Sacharov.  Ha trascorso 7 anni nei gulag, ma Putin l’ha emarginato per le sue critiche sulla Cecenia: «La democrazia in Russia è in pericolo e la libertà d’informazione ormai è inesistente»…

Amico di lunga data della giornalista Anna Politkovskaja, assassinata brutalmente nell’atrio di casa sabato scorso, Sergej Kovalev non si da pace. «La libertà di informazione in Russia è inesistente, così come la democrazia» dice senza mezzi termini. Storico dissidente del periodo sovietico, grande amico di Sacharov, alle spalle sette anni di gulag e tre di Siberia, Sergej Kovalev è stato deputato del Soviet Supremo e plenipotenziario per i diritti umani durante la perestrojka, poi liquidato per la sua ferma opposizione alla guerra in Cecenia. E proprio per la fine delle ostilità in Cecenia e il rispetto dei diritti umani aveva condiviso con Anna Politkovskaja anni di impegno, nei rispettivi settori della politica e dell’informazione. Seduto nella piccola cucina del suo modesto appartamento, in un anonimo palazzone in stile sovietico della periferia di Mosca, si capisce subito che Kovalev, dal potere, non ha ricavato privilegi personali. Ed è forse uno dei pochi nella Russia di oggi. Indomabile critico, come Anna, della politica oligarchica di Putin nel suo recente libro La pragmatica dell’idealismo politico ha posto coraggiosamente il rispetto dei diritti umani alla base di qualunque organizzazione politica. «La Russia non è mai stata dove si sta indirizzando ora – dice -. In modo grossolano si potrebbe dire che sta tornando indietro, verso il periodo sovietico, ma i tempi sono cambiati, non si possono ricreare i gulag o la censura di Stato. Così cambiano i metodi, ma l’idea di fondo resta la stessa». Ovvero il concetto sovietico del potere, che, secondo Kovalev, Putin sta ricostruendo, dove «lo Stato è un valore in sé, quasi un concetto religioso. L’individuo e la società sono al servizio del potere e non viceversa». E continua l’anziano deputato: «È esattamente il contrario delle democrazie occidentali, dove il diritto della persona è sovrano, nel concetto sovietico il collettivo è più importante dell’individuale, salvaguardare lo “Stato” è più importante della stessa integrità dell’individuo. Basti ricordare quante vite umane si sono sacrificate nel teatro di Na Dubrovke o a Beslan per difendere l’integrità dello Stato». Ma il più delle volte la supremazia dello “Stato-potere” ritorna non con la violenza diretta e sfacciata, come nel caso dell’assassinio di Anna, ma in modo più subdolo: «il tribunale è governato, il potere legislativo è servile fino all’indecenza, le elezioni portano i risultati stabiliti dal Cremlino». È il concetto di «democrazia governata», sostenuto apertamente da Putin, dove il potere produce le regole per la democrazia. Solo l’anno scorso 50 giornalisti sono stati incriminati, 11 sono “spariti” (di cui 9 in Cecenia), così come sono stati uccisi membri di ong e difensori dei diritti umani. «I giornali chiudono ma non più con la censura ufficiale, si usano metodi “tecnici”» sostiene Kovalev. Un esempio? «Ntv, una delle televisioni indipendenti più popolari, ha ricevuto ingenti prestiti da Gazprom, su mandato del Cremlino (anche se questo non si dice ufficialmente). I capitali sono poi stati ritirati all’improvviso mandandola sul lastrico. Dopo pochi mesi era chiusa». Secondo uno studio della sociologa Olga Krishtanovskaia oltre il 60% dell’attuale classe dirigente russa proviene dalle file del del Kgb, come, d’altra parte, lo stesso presidente. «È gente che ragiona in modo molto pragmatico – dice Kovalev – ha bisogno di una facciata di democrazia per mantenere i rapporti con i colleghi esteri, ma considera la democrazia una cosa inutile e scomoda. La cosa più triste è che anche il popolo russo è assuefatto a questo». Così Putin ha potuto, l’anno scorso, abolire le elezioni dei governatori regionali senza che nessuno dicesse niente.
Sergej si abbandona per un attimo ai ricordi del passato: «C’è un episodio che non scorderò mai; quando ero prigioniero nel gulag, è venuto in visita il procuratore generale e ha ordinato a noi prigionieri politici di non citare mai più la costituzione nei nostri appelli . “La costituzione non è scritta per voi – ha detto – è scritta per gli americani, per far loro sapere come sta bene la gente nell’Unione sovietica”. Ecco, questo è il nostro rapporto tradizionale con la legge scritta. Non conta niente, non si conosce neppure, la legge è semplicemente il comando del tuo superiore». Ma dove può condurre questa strada che «ritorna al passato»? «La grande Russia è un sogno senza futuro: nessuna nazione dell’Asia centrale vorrà tornare sotto il giogo russo. Perché allora insistere con il massacro ceceno? Ricattare l’Ucraina chiudendo il gas? Perché vietare l’importazione del vino georgiano? Io credo che il potere non cerchi veramente di combattere il terrorismo o di intimidire Ucraina o Georgia, e neanche l’Europa. Il potere lo fa per intimidire noi che viviamo in Russia, per risuscitare il nazionalismo, l’idea che siamo circondati dai nemici. I regimi hanno sempre bisogno di nemici, non possono esistere senza». Eppure oggi la Russia è al vertice di tutte le più grandi istituzioni democratiche internazionali; G8, Consiglio d’Europa…«Ci sono state diverse condanne verso la Russia da parte del Consiglio d’Europa per l’ingiustificata guerra in Cecenia, le torture, l’uso di armi illecite, la mancanza di libertà di stampa, ecc… Secondo l’indice di libertà politica di Freedom House, la Russia è al 167° posto, al pari di Pakistan, Ruanda, Vietnam, Zaire. Eppure oggi proprio la Russia presiede lo stesso Consiglio d’Europa. Non è assurdo?». L’assassinio brutale della giornalista Anna Politkovskaja sembra avere aperto, almeno per il momento, una breccia nel muro di silenzio sulle violazioni dei diritti umani in Russia, ma quanto durerà? «Non sono molto fiducioso sul futuro. È evidente lo scambio tra Bush e Putin nel silenzio vicendevole sull’Iraq e la Cecenia. Altrettanto il silenzio dell’Europa in cambio di gas e petrolio. Io penso che i problemi che oggi abbiamo in Russia non siano solo problemi locali».


di Silvia Pochettino
AVVENIRE 10 ottobre 2006